di Marco Pozzi*

Di queste Olimpiadi si è detto che sono state le più sostenibili di sempre. Abbiamo visto le immagini dei materiali isolanti e dei ventilatori al posto dell’aria condizionata, e sovente s’è discusso intorno alla mensa con i prodotti a km 0, o dei letti di cartone, oppure del fatto che le strutture costruite saranno tutte riconvertite ad altri scopi una volta terminati i Giochi. Si è parlato poco della sostenibilità digitale delle Olimpiadi, a cui invece il comitato organizzatore sembra aver dedicato molta attenzione, come dimostra il report “La stratégie numérique responsable de Paris 2024” scaricabile dal sito ufficiale. È una specie di bilancio di sostenibilità digitale che, dopo aver inquadrato il contesto, in diciotto pagine spiega sinteticamente le azioni messe in atto per limitare l’impatto.

Qualche numero. A livello mondiale circa il 4% delle emissioni di gas serra è prodotto dal digitale, ossia quanto il settore dell’aeronautica civile; il 79% dell’impronta di carbone proviene dalle apparecchiature, il 16% dai datacenter, il 5% dalle reti di trasmissione; l’80% dell’impatto delle apparecchiature deriva dalla fabbricazione, non dall’utilizzo o dal consumo di energia elettrica. Nel periodo delle gare olimpiche sono state usate circa 85.000 apparecchiature (8.500 portatili, 6.000 schermi, 8.500 telefoni, 2.000 stampanti) per le quali si stima circa 125 tonnellate di materiale, e sono state sviluppate circa 150 applicazioni. Per l’hardware, visto l’uso intenso per un breve periodo di tempo, si è cercato di agire sulla durata di vita, lavorando sia all’origine (noleggio, usato, eco-design, ecc) sia a fine vita (riutilizzo, ricondizionamento, ecc). Per il software si è cercato di limitare l’impatto ambientale e sociale, pur garantendo alta qualità all’utente.

Di tutto ciò ho parlato con Nicola Bonotto, socio dell’associazione Sloweb (www.sloweb.org) e co-fondatore di Piano D (www.piano-d.it), una società specializzata nello sviluppo di siti e servizi web ad alta sostenibilità. Nicola ha testato i consumi del sito ufficiale. Da subito ha notato che il sito ufficiale effettua un redirect su altra piattaforma, cioè all’interno del sito “olympics” gestito dall’International Olympic Committee, il Comitato Olimpico Internazionale fondato nel 1894. Nel report di Paris 24 è citata la società Atos, che ha fornito “i sistemi informatici centrali” e “tutti i risultati ufficiali dei giochi olimpici e paraolimpici sul sito web e sull’app ufficiale”; si legge che la collaborazione con Atos risale a Barcellona 92, quindi è presumibile che si tratti di un fornitore che lavora per il Comitato Olimpico Internazionale gestendo centralmente le varie edizioni olimpiche e paralimpiche.

Per misurare il consumo del sito, Nicola ha usato un sito molto utile, disponibile gratuitamente, creato dall’agenzia londinese Wholegrain Digital: www.websitecarbon.com.
Ecco qualche risultato della misurazione.

Il sito produce 1,11 gr di CO2 per ogni pagina visitata. Solo come esempio, se ipotizzassimo un numero medio di 10 milioni di visite mensili, in un anno il sito produrrebbe 133 tonnellate di CO2 (la quantità che richiederebbe 6.100 alberi perché sia assorbita) e consumerebbe 301.000 KwH di energia (come per ricaricare la batteria di 25 milioni di telefoni, o dare energia a un’auto elettrica per viaggiare quasi 2 milioni di km, circa 50 volte il diametro della Terra).

Si tratta di stime, non numeri da prendere al decimale, bensì quale ordine di grandezza per rendere visibile l’impatto del digitale sull’ambiente. Siamo abituati ad associare l’inquinamento alle ciminiere e ai fumi dalle nostre auto, ai fuochi dalle raffinerie, mentre il nostro telefono sembra finire dove finiscono le nostre dita, senza immaginare la gigantesca infrastruttura che ci sta dietro, con router, antenne, datacenter, centri smaltimento rifiuti, miniere di estrazione delle materie prime ecc. Dovremmo imparare a immaginare il nostro smartphone con un piccolo tubo di scappamento, che si attiva ogni volta che lo accendiamo.

Tornando al sito olimpico, è ovvio che un sito del genere debba avere immagini e video a disposizione del pubblico, perché quello deve trasmettere e diffondere, e necessariamente scaricare immagini e video generi più traffico, e quindi più consumo, rispetto a un sito che veicola testi. È comunque significativo che l’organizzazione olimpica si ponga il problema per limitare un impatto che si sa non trascurabile.

Ci si sta pensando anche per Milano-Cortina 2026? Dal documento “Rapporto di Sostenibilità, Impatto e Legacy 2023 – La fase di strategia e pianificazione”, presente sul sito ufficiale, non ce n’è traccia.

*Sul digitale sostenibile ha curato un libro per l’editore Guerini, in uscita il 20 settembre

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