Fatti a motore

Auto elettrica, autunno difficile tra Germania e Italia. E il gruppo Vw è già a un bivio

È un momento difficile per l’auto elettrica, ferma al palo in termini di vendite, per giunta legate a doppio filo alla presenza di sostanziosi incentivi statali. Uno scenario che ha spinto tutti i costruttori a ridimensionare i loro piani di elettrificazione e a puntare nuovamente sulla tecnologia ibrida. Le intenzioni del Governo italiano sono di […]

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È un momento difficile per l’auto elettrica, ferma al palo in termini di vendite, per giunta legate a doppio filo alla presenza di sostanziosi incentivi statali. Uno scenario che ha spinto tutti i costruttori a ridimensionare i loro piani di elettrificazione e a puntare nuovamente sulla tecnologia ibrida.

Le intenzioni del Governo italiano sono di spingere affinché le istituzioni europee rivedano (posticipandolo o abolendolo del tutto) il bando alle auto endotermiche, programmato per il 2035. Già il prossimo 25 settembre, l’Esecutivo chiederà alle istituzioni europee di anticipare al 2025 la clausola di revisione delle politiche comunitarie in tema di mobilità green, inizialmente programmato per il 2026.

Per il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, è necessario rivedere “il processo, la tempistica e la modalità per arrivare alla sostenibilità ambientale nel nostro continente”, al fine di evitare il “collasso” del sistema industriale europeo. Secondo il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, sono a rischio “almeno 70 mila lavoratori” nella filiera dell’auto italiana a causa dello stop alla vendita di motori endotermici.

Ecco perché istituzioni politiche e industriali tornano a chiedere una transizione della mobilità improntata alla neutralità, che contempli altre tecnologie oltre a quella elettrica e ai carburanti sintetici (il nostro Paese spinge per i biocarburanti).

Del problema si è accorta anche la Germania: a Berlino stanno facendo i conti con l’enorme crisi finanziaria che sta attraversando il gruppo Volkswagen, primo costruttore del paese. “Abbiamo due anni, forse meno per risollevarci”, ha ammesso senza mezzi termini Arno Antlitz, direttore finanziario del colosso teutonico: “Le nostre consegne sono in calo di 500.000 auto, non si sono riprese in Europa dopo la pandemia. Per Volkswagen è come se avessero chiuso due fabbriche”. E già si paventa, per l’appunto, la chiusura di due stabilimenti in Germania. Anche in questo caso a pesare è lo scarso appeal delle vetture elettriche e i miliardi spesi in ricerca e sviluppo sull’elettromobilità, lontani dall’essere ammortizzati.

Concetti rincarati da Oliver Blume, amministratore delegato del gruppo Volkswagen: “La situazione del marchio VW è così grave che non si può lasciare che tutto continui come prima”. Il mercato europeo assorbe meno automobili e, al contempo, cresce la concorrenza asiatica. “La torta è diventata più piccola e abbiamo più ospiti a tavola”, ha spiegato Blume.

Nel frattempo, i possibili scenari di un’eventuale chiusura di uno o più stabilimenti tedeschi sono visibili in Belgio. Infatti, la decisione di non assegnare nuove produzioni alla fabbrica Audi di Bruxelles, scelta che potrebbe preludere a una prossima chiusura dell’impianto, ha fatto scattare le proteste della forza lavoro: centinaia di lavoratori hanno bloccato nei giorni scorsi l’accesso allo stabilimento, allestendo picchetti e appiccando roghi. Inoltre, alcuni dipendenti hanno confiscato le chiavi di circa 200 veicoli elettrici, pronti per essere consegnati. La fabbrica, secondo i piani, doveva riaprire mercoledì prossimo ma, visto ciò che sta succedendo, rimarrà chiusa fino a data da destinarsi. E i sindacati “affilano le lame” per la giornata di mobilitazione e sciopero prevista per il 16 settembre.