La produzione e la vendita della cannabis light sarà presto illegale in Italia? La risposta a questa domanda, seguendo la linea politica dell’attuale governo è più affermativa che negativa. In queste ore la Camera sta prendendo in esame il ddl Sicurezza il cui scopo, secondo le forze di maggioranza, è quello di introdurre disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario. All’interno del documento in discussione in Parlamento, è stato introdotto un emendamento che, se venisse approvato, vieterebbe “le infiorescenze, le resine e gli oli di canapa indipendentemente dal fatto che contengono o meno THC” (che sarebbe il principio psicoattivo della cannabis ). Il mercato della cannabis light, nato in Italia a seguito della legge 242 del 2016, diventerebbe così parte di un’economia sommersa perché diventerebbe di fatto illegale.
Sulla base della proposta, sono previste pene fino a 6 anni di reclusione (art. 73, DPR 309/90) per coltivazione, distribuzione, vendita e detenzione di cannabis light, mentre per il consumo sarebbero invece applicabili le sanzioni amministrative previste, come il ritiro della patente di guida, del passaporto, del porto d’armi e del permesso di soggiorno per turismo (art. 75, DPR 309/90). Per fermare la criminalizzazione della cannabis light, il Forum sulle droghe ha scritto e pubblicato sul suo blog Fuoriluogo un appello firmato da 27 tra esperti, attivisti e ONG internazionali che chiedono al governo Meloni di stralciare l’emendamento dal ddl sicurezza perché ritengono che il divieto rappresenti un affronto non solo al buon senso dei cittadini ma anche alla scienza. “Per giustificarne l’inserimento nel ddl – scrive il forum – il Governo ha dovuto riformulare l’emendamento presentato, giustificandolo nell’introduzione con possibili “alterazioni dello stato psicofisico” conseguenti al consumo di infiorescenze di canapa che potrebbero mettere a rischio l’incolumità pubblica o la sicurezza stradale”.
Secondo quando evidenziato dall’appello, la criminalizzazione del mercato della cannabis light produrrebbe un effetto giuridico paradossale: “Punire con le sanzioni penali e amministrative previste per le sostanze psicotrope anche chi produce o consuma infiorescenze prive di effetti psicoattivi” si legge nell’appello. Questo violerebbe inoltre i principi di proporzionalità, ragionevolezza e offensività previsti dal Codice Penale. L’applicazione dell’emendamento metterebbe a rischio 13mila lavoratori, per lo più giovani, impegnati nel settore e delle 3mila aziende che si occupano della produzione in Italia, manderebbe in bancarotta tutte quelle non in grado di attuare una conversione agricola in tempi ridotti. Rendere illegale la cannabis light inoltre, porterebbe molti consumatori ad acquistare dal mercato nero – anche sostanze psicotrope più facili da reperire visti gli storici traffici internazionali – e questo favorirebbe le attività dei gruppi criminali. Infine, si legge che: “impedendo agli agricoltori di avere un reddito dall’intera pianta, anche le altre filiere produttive della canapa sarebbero in difficoltà: alimentare, tessile, bioedilizia, energetica. Infatti, le altre componenti della pianta, dalla fibra al seme, da sole non potrebbero garantire redditività e quindi portare all’abbandono della coltura”.
Tra i firmatari dell’appello:
- ENCOD, Coalizione europea per politiche sulla droga giuste ed efficaci, EU
- Ruby Lawlor, Youth RISE International
- Nazlee Maghsoudi, Centre on Drug Policy Evaluation, Canada
- Iga Jeziorska, European Harm Reduction Network, Amsterdam, Paesi Bassi
- Steve Rolles, analista senior delle politiche in Transform Drug Policy Foundation, Regno Unito
- Òscar Parés, Fondazione ICEERS, Barcellona
- Ann Fordham, International Drug Policy Consortium
- Katrin Schiffer, Correlation-European Harm Reduction Network (C-EHRN), Paesi Bassi