“If you only knew the power of the dark side” (“se solo conoscessi il potere del lato oscuro”). È morto a 93 anni James Earl Jones, la voce più terrorizzante del personaggio più malefico della storia del cinema. Sotto al cascone nero di Darth Vader di Guerre stellari (copricapo che Rick Moranis parodierà in Balle spaziali) c’era sì l’attore David Prowse ma la voce dell’eminenza nera inventata da George Lucas, nella versione italiana doppiata da Massimo Foschi, è stata quella di un grandissimo attore afroamericano come Jones.
Sarebbe da riascoltare subito una registrazione del 2009 che gira su Youtube dove Jones interpreta l’atto primo dell’Otello di Shakespeare per capire da dove provenisse siffatta classe nel modulare il proprio timbro nell’ambiguo lento sprofondare nelle tenebre. Shakespeare che fu anche il trampolino di lancio per il trentenne Jones tra le fine degli anni cinquanta e l’inizio dei sessanta sulle tavole dei teatri del Michigan. Fu da quelle parti che qualcuno della produzione di Il dottor Stranamore (1964) di Stanley Kubrick lo notò e lo fece arrivare sul set del maestro per interpretare un ruolo abbastanza importante (in un film in cui Peter Sellers gigioneggia in diversi ruoli) come quello del tenente Zogg, colui che aziona i portelloni per lo sgancio delle bombe atomiche condividendo il B-52 con il folle Slim Pickens.
Un ruolo che gli permise di iniziare a frequentare set hollywoodiani di primissimo piano anche se in maniera lungimirante il giovane Jones preferì concentrarsi sul teatro, tanto che un’opera contemporanea – The great white hope del 1967 – che lo vide protagonista diventò un film omonimo diretto da Martin Ritt nel 1970. Jones è il vero pugile nero Jack Jackson che negli anni dieci battè nella categoria dei massimi decine e decine di pugili bianchi tanto che la sua invincibilità diventò qualcosa di poco sopportato soprattutto a livello sociale. Si tratta di un film drammatico, che finisce in tragedia, e che valse a Jones una nomination agli Oscar come miglior attore, secondo nella storia degli attori afroamericani che a Sidney Poitier. Nel 1972, in un film letteralmente invisibile in Italia come The man, interpreta nientemeno che un senatore americano che per una serie fortuita di eventi diventa il primo presidente nero d’America.
Inutile, le stigmate dell’attore che con la sua classe e il suo talento frantumano le artefatte differenze razziali, lanciano Jones nell’olimpo di quel cinema ad alto budget ma d’impegno sociale e politico che negli anni settanta caratterizza la New Hollywood. Nel 1977, appunto, la voce per Darth Vader in Guerre stellari, nella quale sentiamo “l’umanità sotto ogni linea metallica”. Anche se Jones dapprima, e per i primi due episodi della saga, chiede e ottiene di non apparire nei credits. Idea che cambierà con il terzo episodio della serie.
Negli anni ottanta in molti lo ricorderanno come re Jaffe nonché padre di Eddy Murphy in Il principe cerca moglie di John Landis, come professor Banks in Soul man o come lo scrittore Terence Mann in L’uomo dei sogni con Kevin Costner. Infine, prima di diventare la voce di Mufasa nella saga di Il re Leone, a noi piace ricordarlo, tra le decine e decine di titoli interpretati, duettare tra bare e lapidi di soldati americani uccisi in guerra con James Caan in Giardini di Pietra di Francis Ford Coppola, come nell’interpretazione stracult con capelloni lunghi neri di Thulsa Doom, antagonista di Arnold Schwarzenegger, in Conan il Barbaro. Il critico Peter Bradshaw del Guardian ha scritto di Jones: “Era un attore afroamericano con una bella voce che era la chiave della sua dignità e del suo amor proprio come interprete; era il modo in cui i suoi personaggi si elevavano al di sopra del razzismo e della crudelt