“È uno stupro alla natura. Se la situazione non cambia, tra dieci, quindici anni non resterà più nulla di questa bellezza”. Parole molto forti quelle di Rosanna Giudice, Commissaria straordinaria del Parco Nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena. In carica da metà luglio, eredita una situazione assurda: da un anno il posto di Presidente dell’ente parco era vacante. Il direttore aveva minacciato le dimissioni se non si fosse al più presto rimediato alla mancanza di una guida politico-amministrativa. Già nel 2021 il Fatto aveva denunciato il maxi affollamento a Porto Madonna e già allora il disagio era decennale. Porto Madonna è un’insenatura formata da tre isole, tra cui l’isola di Budelli celebre per la spiaggia rosa. Nel 2019 era stata inviata persino una lettera al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per chiedere aiuto. Il Parco Nazionale di La Maddalena è uno dei luoghi più belli del mondo, ma come confessa un turista: “Non mi aspettavo ci fosse così tanta anarchia”.
“Siamo in piena emergenza – dichiara Giudice a ilfattoquotidiano.it -. In punti altamente sensibili del parco vediamo densi agglomerati di barche: delle vere porcherie”. Avanti e indietro per tutto l’arcipelago ci sono i taxi acquei. “Sono vietati per legge, sono abusivi, ma imperterriti tutti i giorni scaricano passeggeri fin sulla battigia”. E poi è un continuo via vai di gommoni, maxi yacht – anch’essi abusivi – che non avendo il permesso di attraccare alle boe di ormeggio del parco, “calano giù l’ancora distruggendo le praterie di posidonia”, confessa infuriata la commissaria. La posidonia è una pianta marina endemica del Mediterraneo, le cui praterie rivestono un fondamentale ruolo ecologico e per questo sono altamente protette da accordi internazionali. Tra questi “tappeti” di barche si può solo intuire il danno alla costa: “Come hanno dimostrato diversi studi condotti nell’arcipelago, il forte idrodinamismo a La Maddalena è causa di regressione delle spiagge, già in sofferenza”, spiega Matteo Vacchi, geomorfologo dell’Università di Pisa. Per non parlare dell’inquinamento acustico le cui principali vittime sono i cetacei. “I delfini che prima si vedevano tutto il giorno adesso se ne stanno ben alla larga dell’arcipelago, compaiono solo al mattino prima che arrivi l’inferno”, racconta la commissaria.
Lo conferma anche Luca Bittau, cetologo maddalenino, presidente di Seame Sardinia, associazione di educazione e ricerca scientifica. “Il rumore dei motori disturba così tanto da coprire le comunicazioni acustiche dei delfini, fondamentali per tutte le loro funzioni vitali come caccia, interazioni, spostamenti, allevamento dei cuccioli. Uno studio fatto tra il 2007 e il 2009 ha dimostrato che, nell’area dell’arcipelago, all’aumentare del numero di imbarcazioni diminuiva il numero di delfini tursiopi avvistati e le loro immersioni erano più brevi perché non si alimentavano più né socializzavano. Oltre ai delfini l’impatto è su tutta la fauna marina, e connesso alle barche a motore c’è il rischio di collisioni che ricade su cetacei e tartarughe marine”. Ma a La Maddalena il problema non sono solo gli abusivi. Ogni giorno si riversano sulle spiagge 4mila passeggeri trasportati dai battelli. “Una pressione antropica insostenibile”, prosegue Giudice. E anche i natanti regolari che pagano il ticket e hanno il permesso di ormeggiare alle boe del parco sono troppi. “Occorre il numero chiuso e ripensare alle concessioni”, afferma categorica.
C’è da dire che se uno volesse vivere il parco in maniera sostenibile, a bordo di una canoa, come avviene in altre aree marine protette, ad esempio quella di “Isola di Bergeggi“, qui incorrerebbe in pericoli perché le grandi imbarcazioni sollevano colonne d’acqua imponenti. Del numero chiuso se ne parla da anni. L’ex presidente del parco, Fabrizio Fonnesu, aveva assicurato di riuscire a istituirlo entro il 2022, grazie al Piano socio economico del parco. Invece la situazione è andata peggiorando. “Ahimè ci sono dei sollevamenti di scudi non indifferenti – spiega Giudice -. Sogno un ente parco che abbia un direttivo di tecnici, lontano dalla politica”. E aggiunge: “Io sarò in carica per sei mesi, fino a gennaio 2025. Poi avrò la possibilità di riconferma per altri sei. In questo tempo a disposizione farò di tutto per blindare l’agenda affinché venga effettivamente approvato un Piano socio economico non generale ma cucito su misura per il parco e si affronti il tema del contingentamento dei flussi”.
In carica da poco meno di due mesi, il 6 agosto la commissaria ha firmato come sua prima ordinanza un divieto molto stringente sulla sosta notturna. “Per qualsiasi unità da diporto, in tutta la zona marina del parco è vietato sostare dalle 21 alle 8″. L’unica eccezione è per i residenti e le società che hanno sede legale a La Maddalena da almeno 5 anni purché abbiano casse di raccolta dei liquami e attracchino alle boe di ormeggio. Un divieto necessario perché al calar del sole, in molte baie su barche giganti partono i “festini”. Con la musica ad alto volume dei dj di bordo e con le intense luci colorate che rischiarano a giorno i fondali, l’inquinamento acustico e luminoso è assicurato. “Possiamo fare tutte le leggi che vogliamo ma finché non troviamo una soluzione per i controlli, non ne usciamo”, avverte Giudice. Ad oggi per la zona di terra a controllare è la Guardia forestale, mentre per quella di mare la Capitaneria di porto. “Occorrono dei guardiaparco. Questo sarà il mio secondo grande obiettivo dopo il numero chiuso. Non è questione di soldi, quelli ci sono”.
Fino adesso a ricordare alle orde di turisti come comportarsi ci sono le guide dedite ai punti di accoglienza. “Si occupano sia delle spiagge che del mare. Fanno un lavoro splendido ma non hanno potere sanzionatorio. Spesso quando esortano a non danneggiare le dune di sabbia o a non sostare in aree di transito vengono pure bistrattate”. Tra i comportamenti scorretti come c’è anche il reato di foraggiamento di animali selvatici, tra cui i cinghiali. “Per colpa di chi ciba i cinghiali siamo arrivati ad episodi gravissimi per la sicurezza pubblica. Non è chiaro se in alcune isole i cinghiali siano stati intenzionalmente portati, ad ogni modo stiamo procedendo con operazioni di contenimento”. C’è da dire che a sognare un arcipelago che sia davvero un’area naturale protetta sono davvero in tanti. Ad esempio, c’è l’associazione “Un arcipelago senza plastica“. Fondata da Antonello Sagheddu, coi suoi 360 volontari in circa sei anni ha raccolto 150 tonnellate di rifiuti. “Sono straordinari. Sono davvero un segno di speranza – conclude Giudice -. A loro va il mio plauso personale per il grande servizio che fanno per la nostra comunità”.
La fotografia aerea in copertina è di Raffaele Meloni