Il giudice dell’udienza preliminare lo ha messo nero su bianco, senza alcun giro di parole: “Non si è trattato di un disinteressato momento di goliardia tra ragazzi giovani che hanno appena trascorso una serata in discoteca, ma di una vera e propria azione collettiva, volta a carpire il consenso della persona offesa ad atti sessuali con il maggior numero di loro, nonostante la piena consapevolezza dello stato di alterazione della persona offesa”. Più chiaro di così non poteva scriverlo Roberto Crepaldi, gup di Milano, nelle motivazioni della sentenza con cui il 12 giugno scorso, al termine del processo con rito abbreviato, ha condannato a 3 anni e 7 mesi i calciatori Mattia Lucarelli (figlio Cristiano Lucarelli) e Federico Apolloni accusati di violenza sessuale nei confronti di una studentessa di 22 anni.
Condanne inferiori (tra i 2 anni 5 mesi e 2 anni e 8 mesi) per altri tre imputati, amici dei due ex giocatori del Livorno, accusati dei presunti abusi avvenuti nella notte tra il 26 e il 27 marzo del 2022 a Milano. Nel provvedimento si sottolinea come “la persona offesa fosse palesemente ubriaca e gli imputati ne fossero perfettamente a conoscenza” come dimostrano anche “alcuni frammenti dei video, dai quali i ragazzi ironizzano sulla serata trascorsa e sulla sua condizione”. Nelle motivazioni, il giudice sottolinea, inoltre, come “nessuno dei presenti ha espresso la volontà di dissociarsi dall’intento. Anzi, la dinamica di gruppo spiega gran parte della tristissima vicenda che ci occupa: molti studi hanno analizzato le interazioni tra i membri dei gruppi di adolescenti e di giovani adulti e la pressione psicologica che il gruppo esercita nei confronti delle scelte e del comportamento del singolo, dando particolare rilievo al fenomeno del conformismo“.
I video agli atti “non lasciano spazio a dubbi di sorta circa il fatto che gli imputati si siano influenzati tra loro nel rincorrere un obiettivo sessuale per loro particolarmente ambito, mettendo in secondo piano le esigenze della ragazza e il rispetto della sua libertà sessuale, certamente menomata dallo stato di ubriachezza, dall’impari rapporto numerico con gli imputati, dall’ambiente casalingo e dall’ascendente di Apolloni, elementi questi ampiamente sfruttati dai ragazzi per raggiungere lo scopo”. Un abuso in cui emerge “il concreto e decisivo apporto morale di ciascuno dei ragazzi, che si sono continuamente scambiati frasi di istigazione fino a far convergere le loro volontà in un vero e proprio accordo criminoso avente ad oggetto l’abuso delle condizioni della ragazza nell’ambito di un rapporto sessuale di gruppo, evento poi realmente verificatosi”.