“Stop allo smartphone prima dei 14 anni. No all’uso dei social prima dei sedici”. A lanciare questo appello al governo sono il pedagogista Daniele Novara e lo psicoterapeuta Alberto Pellai insieme ad altri esperti del mondo dell’infanzia e a nomi della cultura comePierfrancesco Favino, Carlotta Natoli, Michele Zappella, Paola Cortellesi, Roberto Farné, Valeria Golino, Anna Oliverio Ferraris, Luca Zingaretti, Silvia Vegetti Finzi, Stefano Accorsi, Bruno Tognolini, Pietro Sermonti, Raffale Mantegazza, Anna Foglietta e Alberto Oliverio. Personaggi ben noti al grande pubblico che hanno deciso di unirsi in maniera trasversale per “aiutare le nuove generazioni”. Perché “ogni tecnologia ha il suo giusto tempo”.

Un’iniziativa che stavolta vede dalla stessa parte Novara (che in passato sulla questione del ritorno dei voti si era schierato contro la maggioranza) e il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che proprio nelle Linee guida sull’educazione civica appena emanate ha esplicitato che “occorre evitare l’utilizzo di smartphone e tablet nella scuola dell’infanzia e dello smartphone nella scuola primaria e secondaria di primo grado mentre nelle scuole del primo ciclo di istruzione il tablet può essere utilizzato per finalità didattiche e inclusive”.

Il pedagogista piacentino e lo psicoterapeuta scrittore vanno oltre e cavalcando l’onda propongono che lo smartphone e i social non siano accessibili sempre, non solo sui banchi di scuola: “I bambini e le bambine che utilizzano strumenti tecnologici e interagiscono con gli schermi subiscono due danni: uno diretto, legato alla dipendenza e l’altro indiretto, perché l’interazione con gli schermi impedisce di vivere nella vita reale le esperienze fondamentali per un corretto allenamento alla vita. È ormai chiaro – scrivono i firmatari – che prima dei 14 anni avere uno smartphone personale possa essere molto dannoso così come aprire, prima dei 16 anni, un proprio profilo personale sui social media. La nostra non è una presa di posizione anti-tecnologica ma l’accoglimento di ciò che le neuroscienze hanno ormai dimostrato: ci sono aree del cervello fondamentali per l’apprendimento cognitivo che non si sviluppano pienamente se il minore porta nel digitale attività ed esperienze che dovrebbe invece vivere nel mondo reale”.

Ad oggi, infatti, secondo la normativa vigente, che si rifà al decreto legge 101 del 10 agosto 2018, la soglia d’età per poter utilizzare un social network è quella dei quattordici anni. Tra i 13 e i 14 anni è già possibile creare il proprio profilo ma con la supervisione e il consenso dei genitori per la tutela dei minorenni. L’articolo 2-quinquies del Decreto Legislativo 196/2003 (Codice della privacy) sancisce che i minori che hanno compiuto quattordici anni possono esprimere il proprio consenso al trattamento dei dati personali per l’accesso ai social, mentre i bambini che non hanno ancora raggiunto quest’età necessitano, appunto, dell’approvazione di chi esercita la responsabilità genitoriale che le piattaforme devono adoperarsi per verificare. Il limite di età spesso, però, non viene rispettato, all’insaputa dei genitori o con la loro attiva partecipazione. Di qui l’allarme: “Nelle scuole dove lo smartphone non è ammesso, gli studenti socializzano e apprendono meglio. Prima dei 14-15 anni, il cervello emotivo dei minori è molto vulnerabile all’ingaggio dopaminergico dei social media e dei videogiochi. Anche nelle scuole bisogna essere coerenti con quello che ci dicono le neuroscienze. Smartphone e tablet devono essere usati solo dai docenti per arricchire le proposte didattiche senza prevedere, in classe o a casa e almeno fino ai quindici anni, alcun uso autonomo degli studenti”.

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