Raffaele Fitto si sta trasformando in una serio problema per Ursula von der Leyen. La scelta della presidente della Commissione Ue di affidare all’Italia una vicepresidenza esecutiva – per rispondere alle sollecitazioni del governo Meloni – provoca sempre più malumori e rischia di spaccare la maggioranza. Mentre von der Leyen ha deciso di rinviare la presentazione della nuova Commissione che era prevista per mercoledì, dopo i Liberali anche Verdi e Socialisti avvertono la presidente: dare troppo spazio ai Conservatori può far venire meno il sostegno dei partiti che l’hanno votata.
I Socialisti Ue, in una nota, elencano le aspettative del gruppo e – oltre al rispetto dell’equilibrio di genere e all’attenzione ai diritti sociali – chiedono “un’equa distribuzione delle posizioni di vicepresidente esecutivo che rifletta la maggioranza del Parlamento europeo“. Un riferimento esplicito a Fitto, unico trai i papabili vicepresidenti esecutivi che fa parte del gruppo dei Conservatori europei (Ecr) e che rappresenta Fratelli d’Italia, partito che ha votato contro la riconferma di Ursula von der Leyen. “Se queste aspettative non saranno soddisfatte, sarà molto difficile, se non impossibile, sostenere i commissari presentati“, avvertono i Socialisti contrari a “portare proattivamente l’Ecr nel cuore della Commissione“. “Una maggioranza pro-europea con un accordo pro-europeo esiste. Deve essere messa in pratica ora”, ha ribadito la presidente del gruppo S&D Iratxe Garcia Perez. Non rispettando questa aspettative, pertanto, von der Leyen rischia di “perdere il sostegno dei progressisti“.
Stessa linea dei Verdi: von der Leyen “è stata eletta a luglio solo perché ha ottenuto anche i nostri voti e non quelli dell’estrema destra, ecco perché la Commissione non deve spostarsi improvvisamente a destra”, ha attaccato la co-presidente dei Greens, Terry Reintke. I Verdi in effetti sono stati decisivi, dando il loro sostegno in cambio di un ingresso permanente nella maggioranza che invece in buona parte del Ppe è a dir poco mal visto.
Sul fronte italiano arriva l’intervento della segretaria del Pd, partito che fa parte del gruppo europeo dei Socialisti: “Noi ci aspettiamo e da sempre abbiamo sostenuto un portafoglio di peso per l’Italia, che è un Paese fondatore. È altrettanto chiaro che nella proposta complessiva che farà la presidente della Commissione von der Leyen dovrà tenere conto della maggioranza che l’ha votata al Parlamento europeo”, ha detto Elly Schlein a margine della presentazione del suo libro a Roma. “Ci aspettiamo – ha aggiunto – coerenza della proposta con la maggioranza che ha votato Ursula von der Leyen in Parlamento e anche con l’impianto programmatico su cui si è impegnata nel suo discorso di insediamento”. Sulla stessa linea il capo delegazione del Partito democratico in Ue, Nicola Zingaretti: “Noi del Pd ci siamo sempre augurati che l’Italia abbia il giusto peso che merita un Paese fondatore. Su questo tema non abbiamo cambiato idea e non la cambieremo”, ha detto sottolineando però che “per quel che riguarda il Pse, i socialisti europei svolgono il ruolo che deve svolgere un grande gruppo della sinistra europea, ovvero chiede coerenza con il programma presentato da von der Leyen pochi mesi fa”, conclude Zingaretti.
Secondo Politico, il rinvio della presentazione della nuova Commissione dipende dal cambio in corsa deciso dalla Slovenia dopo il passo indietro dell’ex revisore dei conti Tomaz Vesel, suo candidato commissario. Lunedì, su sollecitazione di Bruxelles che punta a riequilibrare la composizione della Commissione per preservare la parità di genere, il Paese ha designato per il ruolo una donna, l’ex diplomatica e candidata alle presidenziali del 2022 Marta Kos. Sulla decisione deve però esprimersi il Parlamento, cosa che spiega la necessità di qualche giorno in più per chiudere la partita.
L’attesa, nota Politico, dà più tempo alla presidente per consultarsi con le capitali e i commissari sulla distribuzione dei top job europei. Sono ore tutt’altro che tranquille. I partiti europeisti, infatti, vedono l’inserimento del ministro italiano come un primo chiaro segnale della politica dei due forni che von der Leyen potrebbe utilizzare all’Eurocamera, giocando su maggioranze variabili che a volte includono – oltre al Ppe – i Verdi, i Liberali e i Socialisti e altre volte invece si avvalgono del supporto dei Conservatori e Riformisti.
Fitto, con il passare dei giorni e nonostante la sua fama di uomo del dialogo con le istituzioni europee, è così diventato parte di una battaglia più ampia, che ha visto scendere in campo anche i Socialisti. La delegazione francese e quella tedesca, in particolare, hanno manifestato crescenti malumori per le scelte di von der Leyen. Una su tutte, non essersi adoperata con decisione – questa l’accusa – per convincere il governo lussemburghese a cambiare candidato, il popolare Christophe Hansen con Nicolas Schmit, Spitzenkdandidat socialista alle Europee.
Von der Leyen sembra ormai orientata a sei vicepresidenze esecutive: oltre a Fitto (con la delega agli Affari economici, il Recovery e la Coesione) Valdis Dombrovskis (con il portafoglio dell’Allargamento e della Ricostruzione ucraina), Thierry Breton (con la delega all’Industria e all’Autonomia strategica), Teresa Ribera (Clima e Transizione), Marso Sefcovic (Semplificazione e Attuazione) e l’alto rappresentante Ue per la Politica estera Kaja Kallas. Von der Leyen vuole andare fino in fondo sul commissario ad hoc per la Difesa, che potrebbe essere il candidato polacco o uno dei tre baltici. Il tema è che i giochi non sono chiusi. Nelle audizioni uno o più candidati potrebbero cadere e in plenaria la maggioranza potrebbe tornare a traballare. Von der Leyen, formalmente, resterebbe comunque presidente. Ma forse irrimediabilmente indebolita.