Il tempo è un oggetto difficile da maneggiare ed Emmanuel Carrère decide di parlare del passato. Con il suo ultimo libro Ucronia edito da Adelphi, non lo fa in termini di ricordi o di memoria, ma estraendo dalla sua produzione un lavoro uscito in Francia anni fa e oggi tradotto per il nostro Paese. “Ristampato senza cambiare nulla”, il tema che è quasi un atto di resa di fronte alla nostra incapacità di agire sul futuro è quello di cambiare il passato non smettendo di fantasticare, di immaginare scenari possibili come decretare la vittoria di Napoleone a Waterloo o come ha fatto Philip Dick con la sua Svastica sul sole per la Seconda guerra mondiale.
Il padre di questo pensiero è Charles Renouard a cui dal 1876 si deve la definizione di Ucronia, quindi né utopia né distopia. A Mantova al Festival della Letteratura a una mia domanda su che cosa associ al termine domani o al termine ieri, Carrère ha risposto con una frase del Marchese de Sade: “Il passato mi incoraggia, il presente mi galvanizza e il futuro non mi fa paura”. Solo uno scrittore abituato a raccontare la cronaca anche più tragica (in V13 ha testimoniato giorno dopo giorno il processo per la strage del Bataclan a Parigi) o a romanzare i nostri giorni, come è successo con I baffi e L’avversario, poteva professare un credo del genere, ma in fondo è quello che ci serve per affrontare le nostre giornate vincendo il desiderio di non alzarci dal letto.