Il governo Meloni è certamente un disastro per noi Italiani ma è anche, bisogna onestamente ammetterlo, il più divertente tra quanti ci siano toccati in sorte in quasi ottant’anni di Repubblica. Alzi la mano chi non si sollazza leggendo le tragicomiche imprese del ministro playboy intellettuale Sangiuliano, del trafficante di opere d’arte Sgarbi, dell’affarista fallimentare Santanché, le gaffes esilaranti di Lollobrigida, dell’imitatore di Churchill Mezzolitro Nordio è così via. Una galleria di personaggi grotteschi ma davvero affascinanti per chi ama l’umorismo nero a tinte paradossali che ben si adatta alla fase da fine dei tempi che l’Italia e l’intero mondo occidentale stanno vivendo.

Ad essi si accompagnano altre figure meno divertenti ma egualmente sinistre come l’incoerente Tajani, il portavoce dell’industria degli armamenti Crosetto, paradossalmente molto meno guerrafondaio di altri, il grigio burocrate Piantedosi, corresponsabile della strage dei migranti annegati e dei pestaggi degli studenti liceali, il banale ragionier Giorgetti, diligente impiegato delle lobby neoliberiste e zelantemente impegnato nella distruzione di quanto resta di Stato sociale in Italia, l’alacre Salvini, divoratore di salame e nutella e intento a promuovere a caro prezzo progetti folli come il famigerato Ponte sullo Stretto di Messina mentre va in pezzi il sistema dei trasporti, e così via, fino alla vestale custode di tutto ciò, la Giorgia postfascista che, paradosso nel paradosso, sembra in fondo la più seria della baracca e giunge ad ispirarci pensieri politicamente poco corretti di umana solidarietà di fronte all’impegno colossale e quotidiano che deve mettere in campo per ovviare ai disastri combinati dalla Corte dei Miracoli di cui si è circondata. D’altra parte se li è scelti lei, quantomeno il cognato.

L’impressione è che il più emblematico esponente di questa destra sua il sindaco di Terni Bandecchi che sputa in faccia ai cittadini, e non solo metaforicamente.

Ma le disgrazie dell’Italia non finiscono certamente qui. Anzi, lo stesso governicchio Meloni non nasce certo dal nulla ma costituisce il diretto risultato di una nullità eguale e contraria, quella di chi ancora ci si ostina a chiamare la sinistra, ma di sinistra non ha più niente e da molto tempo. E non si tratta solo di Renzi, epifenomeno sbocciato in una palude putrida di voltafaccia, svendite al peggiore capitalismo, abbraccio passionale senza se e senza ma del neoliberismo, delle privatizzazioni, della guerra, del sionismo, dell’affarismo spregiudicato col suo inevitabile codazzo di corruzione e conflitti d’interesse. Epifenomeno vistoso che però nasce in un contesto ricco di personaggi altrettanto esiziali che tuttora dettano legge nel Partito democratico, come dimostrato fra l’altro dall’entusiastica accoglienza riservata al figliol prodigo dall’armocromata ma inconsistente Schlein, sulla quale si erano pure riversate le scarsamente avvedute speranze di molti, ma che appare oggi, a non molto tempo dalla sua elezione a furor di popolo alla segreteria del Pd, quasi interamente risucchiata nella palude di cui sopra.

Altro paradosso nel paradosso: le sorti della sinistra apparirebbero quindi affidate all’onesto e coerente avvocato Conte, col quale bisogna essere solidali di fronte alle minacce di Grillo nella versione marchese del. C’è poi il simpatico duo di fantasisti politici Bonelli/Fratojanni, divisi tra loro su questioni strategiche ma ben attenti a salvaguardare l’unità d’azione che consente loro di raggiungere una certa massa critica, che sta crescendo grazie anche all’intelligence scelta di candidare personaggi simbolici come Ilaria Salis e Mimmo Lucano. Ci sono infine le imprevedibili parabole di Rifondazione comunista, il cui gruppo dirigente sembrerebbe secondo alcune voci, speriamo malevoli e infondate, oggi intenzionato a passare dalla fugace avventura santoriana al campo largo.

Non mancano certo persone di valore in tutti gli schieramenti menzionati, compreso il Pd, mentre Rifondazione pare avviata a un congresso che mi auguro ponga fine si suoi contorcimenti.

Proprio in tale ottica mi sento, alla fine di questa sconsolata geremiade sul triste destino che il Terzo Millennio sta riservando al nostro Paese, di spezzare una lancia a favore della necessaria autonomia strategica della sinistra proprio nel momento attuale in cui vengono al pettine i nodi del capitalismo: devastazione ambientale catastrofica, guerra generalizzata fino alla sempre più probabile opzione nucleare, e nell’Occidente in decadenza fine della democrazia, potere incontrastato degli apparati privati, con peso crescente di quelli di natura apertamente criminale, approfondimento delle distanze economiche e sociali e dilagare della povertà.

Ciò richiede una sinistra che sappia ritrovare se stessa a partire dalle proprie inaffondabili e imperiture radici che risiedono nella lotta per la pace, la giustizia e l’uguaglianza, che è anche e soprattutto lotta di classe.

Potere al popolo, a uno dei cui campeggi estivi ho partecipato recentemente, è un partito ancora piccolo, prevalentemente composto da giovani, il che strategicamente è indubbiamente un bene e non privo di elementi di primitivismo nelle analisi e nei programmi. Eppure costituisce una risorsa importante per la necessaria rifondazione e l’altrettanto necessario rilancio della sinistra italiana, specie se saprà rapportarsi correttamente agli inestimabili giacimenti umani che il nostro Paese continua a celare.

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