Giustizia & Impunità

Rosanna Natoli sospesa dal Csm: il plenum vota contro la consigliera di FdI. Che attacca: “Coperta di fango perché amica di La Russa”

Rosanna Natoli è stata sospesa dal Consiglio superiore della magistratura. Lo ha deciso il plenum dell’organo di autogoverno dopo lo scandalo che a metà luglio ha travolto la consigliera laica di Fratelli d’Italia, vicinissima a Ignazio La Russa: da componente della Sezione disciplinare, ha incontrato Maria Fascetto Sivillo, giudice catanese sotto processo proprio di fronte […]

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Rosanna Natoli è stata sospesa dal Consiglio superiore della magistratura. Lo ha deciso il plenum dell’organo di autogoverno dopo lo scandalo che a metà luglio ha travolto la consigliera laica di Fratelli d’Italia, vicinissima a Ignazio La Russa: da componente della Sezione disciplinare, ha incontrato Maria Fascetto Sivillo, giudice catanese sotto processo proprio di fronte a quel collegio, dandole suggerimenti sulla strategia difensiva, rivelandole gli “umori” della camera di consiglio e affermando di essersi interessata al suo caso perché “amica degli amici” (l’audio). La proposta di sospensione è stata avanzata dal Comitato di presidenza nella prima seduta dopo la pausa estiva, in seguito all’iniziativa della Procura di Roma che ha iscritto Natoli nel registro degli indagati per abuso d’ufficio e rivelazione di segreto: in base alla legge sul Csm, infatti, i consiglieri “possono essere sospesi dalla carica se sottoposti a procedimento penale per delitto non colposo”. La delibera è stata approvata a scrutinio segreto con 22 voti a favore, uno solo in più rispetto al quorum dei due terzi dell’organo (21 consiglieri) richiesto dalla norma. I contrari sono stati sei (gli altri laici di centrodestra e il consigliere indipendente Andrea Mirenda), due le schede bianche. Nonostante la sospensione dalla funzione e dallo stipendio (è previsto solo un modesto assegno alimentare) l’esponente meloniana resta formalmente membro del Consiglio: finora, infatti, ha rifiutato di dimettersi, nonostante il pressing arrivato direttamente dal capo dello Stato Sergio Mattarella, presidente di diritto dell’organo.

“Coperta di fango perché amica di La Russa” – Contro tutti i pronostici, l’avvocata siciliana si è presentata a palazzo Bachelet nel giorno del giudizio. E ha illustrato una memoria depositata alla vigilia della seduta, lanciandosi in un lungo e accorato j’accuse contro la Procura e contro la stampa, colpevole di aver sottolineato il suo legame con il presidente del Senato. “Sono stata coperta di fango, ma non mi ha scalfito, perché sono troppo onesta. Fino a quando i giornalisti che scriveranno che una donna ha un incarico istituzionale perché è amica di un uomo, e non per altri meriti, ma di quale tetto di cristallo parlate? È inconcepibile che la stampa mi abbia presentata come la consigliera di La Russa, senza arte né parte, priva di competenza tecnico-giuridica e quindi non degna di sedere in questo posto. Ritengo di esserlo come le tante persone che vi si sono sedute prima di me”.

“Precedente pericoloso, può capitare anche a voi” – “La mia sospensione”, ha detto rivolgendosi al plenum, “avalla un pericoloso precedente. Basta che una Procura iscriva uno di voi nel registro degli indagati, anche per reati inesistenti, abrogati o in via di abrogazione, per farvi sospendere dalla carica. Sono queste l’autonomia e l’indipendenza?”, ha attaccato. Poi ha sostenuto l’inconsistenza delle accuse penali nei suoi confronti: “La violazione del segreto della camera di consiglio non esiste, non devo essere io a spiegarvelo. E all’abuso d’ufficio, nel momento in cui sono stata iscritta, mancava solo la firma del presidente della Repubblica per essere abrogato”.

“Processo sommario, registrazione dubbia” – La consigliera di FdI denuncia di essere stata sottoposta a un “processo sommario” portato avanti “sulla base di una chiavetta Usb depositata dall’incolpata (Fascetto, ndr) e su una trascrizione non giurata, che lo stesso consulente dice essere incompleta. Un atto di parte e non asseverato, depositato a distanza di otto mesi dalla registrazione”, risalente a metà novembre. “Se fossi stata intercettata certamente mai avrei dubitato della genuinità della prova, ma qui siamo in un altro campo, dove è facile barare. Soprattutto se c’è stata un’organizzazione preparatoria dell’incontro”, sottolinea l’avvocata. La sua strategia difensiva, sembra quindi di capire, consiste nel sostenere che il nastro sia stato alterato: “Si sta dando credito, imprimatur giuridico a un atto che non ha alcuna valenza dal punto di vista probatorio. Ho incontrato Fascetto, non lo nego. Ma su quello che è stato detto risponderò alla Procura quando e se sequestrerà il suo telefono e accerterà la genuinità della registrazione”.

“Non sono un’immorale, mai piegata la mia funzione” – “Non accetto processi sommari, non li ho mai accettati per i miei assistiti. Non chiedo di restare al Csm, sono a posto con la mia coscienza, con la mia famiglia, con le persone che mi conoscono e sanno che non sono un’immorale. Se qualcuno non mi avesse giudicata come tale, avrei dato le dimissioni. Ma poiché mi ha eletto il Parlamento in seduta comune, e non solo una parte politica, ho il dovere di rispondere a chi mi ha eletto”, ha affermato. “Conosco le regole, e non sono quelle che voi volete applicare. Avrei potuto difendermi attaccando il Csm, attaccando le correnti, ma non è quello che ho voluto fare. Mi sono difesa con il diritto e con il codice. Non ho mai piegato la mia funzione o commesso atti contro la legge. Ho sempre tutelato le istituzioni consiliari anche dalla dottoressa Fascetto, che aveva l’unico interesse di dimostrare che all’interno di questo Csm c’è una deriva correntizia”, ha affermato. Annunciando che in caso di sospensione sarebbe tornata “a fare la nonna”: “Ho un nipote e me ne sta arrivando un altro a dicembre”.

L’attacco ai pm di Roma – Un lungo passaggio del discorso è dedicato a un attacco ai pm che la indagano, accusati di non aver rispettato i tre giorni di preavviso per convocarla per l’interrogatorio a fine luglio (a cui non si è presentata): “Stigmatizzo fortemente il comportamento della Procura di Roma. Non sono stati rispettati i termini a comparire, ho avuto la notifica il 29 luglio e sono stata convocata per il 31. Mi dovevano concedere tre giorni per assestare la mia mente, visto il comportamento che avevo subito. Ma ancora più grave è che ad oggi non sia stata fissata un’altra data per l’interrogatorio. Vorrei capire perché, vista l’urgenza. Dovrei essere maligna? È grazie a questo avviso di garanzia che oggi si deve giudicare se io sono morale o immorale per poter partecipare a questo plenum”, attacca.

“Valutare azione disciplinare” – Poi contesta la competenza della Procura capitolina a indagare, fondata sulla contestazione di abuso d’ufficio (caduta dopo l’abrogazione) per non essersi astenuta nei processi a carico di Fascetto dopo l’incontro. “I fatti sono avvenuti a Paternò, è competente Catania. I pm di Roma hanno usato un reato abrogato e che, mi sia consentito dire, non sussiste proprio per radicare una insussistente competenza territoriale“, dice Natoli. Invocando addirittura un’azione disciplinare contro i magistrati: “Si deve capire se chi mi indaga ha rispettato le norme o è andato oltre quello che era il suo potere. Visto che c’è in plenum il procuratore generale della Cassazione”, membro di diritto dell’organo e titolare dell’azione disciplinare, “auspico che lui o il ministro della Giustizia valutino il comportamento della Procura di Roma”.

Area: “Condotte incompatibili con disciplina e onore” – “Oggi il Consiglio, sospendendo la consigliera Natoli, ha ristabilito le condizioni per operare con serenità e credibilità“, scrivono in una nota i consiglieri del gruppo progressista di Area. “Riteniamo”, affermano, “che quanto emerso in ordine ai comportamenti tenuti dalla consigliera non sia compatibile con l’assolvimento con disciplina e onore, come imposto dall’aricolo 54 della Costituzione, della funzione di componente del Csm”. Si tratta, sostengono, di “condotte inconciliabili con l’essenza della funzione giurisdizionale, che macchiano la credibilità non già dell’amministrazione della giurisdizione – come le degenerazioni correntizie, pur gravissime, venute alla luce con il caso Palamara – bensì la credibilità della giurisdizione stessa. Come avrebbe potuto continuare a partecipare all’amministrazione della giustizia – cioè, governare la magistratura, operando valutazioni di professionalità, selezionando dirigenti, pronunciandosi su ipotesi di trasferimento di ufficio – chi ha mostrato una incomprensione così radicale del nucleo ontologico della funzione giudiziaria, lo jus dicere?”.

Un “buco” nella legge? – La vicenda, peraltro, mette in luce un “buco” nella disciplina della sospensione e della decadenza dei consiglieri che privilegia enormemente i laici rispetto ai togati. A sottolinearlo è Roberto Fontana, pm a Milano e consigliere indipendente di area progressista: “Se di questa vicenda fosse stato protagonista un consigliere magistrato, a prescindere dalla rilevanza penale della condotta in questione, la Procura generale della Cassazione avrebbe aperto un procedimento disciplinare che pressoché certamente sarebbe sfociato in una sanzione superiore all’ammonimento con conseguente decadenza di diritto dal Consiglio. Per i consiglieri laici, invece, scatta la decadenza solo se si arriva ad una sentenza penale di condanna“. Per colpa di questa discrepanza, spiega, “condotte anche molto gravi da parte di consiglieri laici rimangono senza sanzione in tutti i casi in cui non integrano un reato”. Soprattutto dopo l’abrogazione dell’abuso d’ufficio, che, nota il magistrato, “ha ampliato a dismisura l’area d’irrilevanza di condotte gravemente lesive dell’istituzione. È un problema di cui occorre farsi carico al di là della vicenda specifica”, avverte.