Giustizia & Impunità

Strage di Altavilla Milicia, il legale della 17enne che trucidato madre e fratelli solleva questione di legittimità sul decreto Caivano

Il legale della 17enne accusata di aver sterminato madre e due fratelli durante un rito di liberazione dal demonio ad Altavilla Milicia, nel palermitano, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della norma (decreto Caivano) che ha introdotto il divieto di messa alla prova per i minori imputati (tra l’altro) dei reati di omicidio aggravato […]

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Il legale della 17enne accusata di aver sterminato madre e due fratelli durante un rito di liberazione dal demonio ad Altavilla Milicia, nel palermitano, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della norma (decreto Caivano) che ha introdotto il divieto di messa alla prova per i minori imputati (tra l’altro) dei reati di omicidio aggravato e violenza sessuale. Il difensore, che ha posto la questione davanti al giudice dei minori in udienza preliminare, ritiene incostituzionale la norma poiché limiterebbe la funzione di riabilitazione affidata all’istituto della messa alla prova per i minori. Il pm ha chiesto di ritenere la questione irrilevante è manifestamente infondata. Il giudice si è riservato e ha rinviato la decisione all’udienza di giovedì 26 settembre alle ore 14,30.

Lo scorso maggio, come informa il sito Giurisprudenza penale, il Tribunale per i minorenni di Bari aveva sollevato la questione e quindi la Consulta ne è già investita. Questo divieto “appare in contrasto con tutto l’impianto normativo che regola il processo penale minorile e che trova il proprio fondamento costituzionale nell’art. 31… che è volto principalmente al recupero del minore deviante, mediante la sua rieducazione e il suo reinserimento sociale, anche attraverso l’attenuazione dell’offensività del processo”.

La ragazzina, per sua stessa confessione, ha partecipato, al fianco del padre Giovanni Barreca, di 54 anni, e di una coppia palermitana, Sabrina Fina e Massimo Carandente, alla tortura e all’uccisione della madre, Antonella Salamone, e dei suoi due fratelli, Kevin di 16 anni ed Emanuel di 5 anni. La giovane aveva dichiarato che “rifarebbe tutto”, e che non ha ceduto neanche di fronte alle suppliche della madre che l’ha pregata di chiamare i carabinieri. Orribili le sevizie imposte alle vittime per “liberarli dal demonio”

Come ricostruito da Repubblica, però, di fronte alla procuratrice di minori, Claudia Caramanna, la 17enne ha rivelato altri dettagli degli ultimi terribili giorni all’interno dell’abitazione diventata teatro della strage. La madre, ha raccontato, “ha conosciuto a inizio febbraio Massimo Carandente e Sabrina Fina. Fin da subito dicevano che in casa c’erano troppi demoni“. Da qui le torture, compresa quella di un digiuno imposto alla donna: “Hanno iniziato a interrogarla, chiedendole chi fosse e cosa volesse. Le davano schiaffi e papà li aiutava”. “Poi sono passati a torturarla con una pentola – ha detto ancora la 17enne – E volevano che lo facessi pure io, ma all’inizio mi sono rifiutata e l’ho colpita solo con un guanto di plastica”.

Il racconto delle torture inflitte a Salamone e ai due figli maschi prima della morte, è agghiacciante. Dopo la pentola, la donna è stata ustionata con delle pinze da camino e con un phon rovente. Con lei, ricostruiscono i magistrati, anche il piccolo di 5 anni, costretto a bere latte e caffè amaro, “iniettato in bocca”, “tenuto fermo dall’indagata” e poi “legato al letto con l’aiuto del padre”. Anche il figlio di 16 anni, Kevin, ha subìto torture. Lui è morto per ultimo e, ha detto la sorella di 17 anni, è stato “legato al collo con una catena arrugginita e dei cavi elettrici”. “Mi hanno detto di saltargli sulla pancia e l’ho fatto”, ha detto ancora. Poi, poco prima che il fratello morisse, ha mandato una foto di lui a una compagna. Infine “con papà abbiamo scritto alcune frasi religiose sui muri. Intanto pregavo con Massimo e Sabrina in arabo aramaico”.