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Usa 2024, così Kamala Harris ha stravinto su Donald Trump nel dibattito tv

Anche il più trumpiano dei fan sa che Donald Trump esce clamorosamente sconfitto dal dibattito tv su Abc News con Kamala Harris. La prima conferma a caldo viene dal sito di scommesse predictit.org, dove in tempo reale si puntano soldi veri. Harris ha staccato Trump di 10 punti (56 a 46), lui in ribasso di 6 e lei in rialzo di 3, rispetto a ieri.

Già: è stata la peggiore performance in tv di sempre dell’uomo dai capelli arancioni. I democratici esultano. Cresce la consapevolezza che tra 55 giorni gli Stati Uniti potrebbero davvero eleggere Presidente una donna. Lo show, svolta topica nella storia delle presidenziali Usa, è tale che più che delle policy o i programmi politici, ad influenzare la propensione degli elettori a scegliere uno dei due candidati sono carattere, visione, il modo di porsi e di parlare.

Nel dibattito su Abc lui è apparso frustrato, arrabbiato, negativo, stanco, incoerente e ripetitivo. E poi vecchio, coi suoi 78 anni, rispetto alla 59enne Kamala. Mai si era visto un contrasto più netto tra due candidati così diversi.

Finora sconosciuta al grande pubblico, Harris ha mostrato per 90 minuti un look e un’oratoria presidenziali, sfatando il mito che sia una liberal di sinistra (“il padre era un marxista”, attacca l’avversario). E poi convinta, combattiva, orientata al futuro e decisa a voltare pagina. Il che conferma quanto giusto sia stato, per i democratici, mollare Joe Biden. In questo momento, stando ai sondaggi, circa il 15% degli elettori è – come dire? – persuasibile. Harris si è concentrata nel parlare direttamente a questi americani.

Trump, invece, per un’ora e mezzo, ha continuato a comportarsi come a uno dei suoi comizi. Retorica infiammatoria giocata sul declino degli Stati Uniti, le elezioni truccate nel 2020, le colpe dei democratici, l’ondata di immigrati criminali, le solite vecchie solfe.

Harris però ha smascherato tutte le “bugie” di Trump, senza concedere spazio a questioni grandi e piccole che il rivale repubblicano ha sollevato cercando di assestare colpi. “Non stai correndo contro Joe Biden, stai correndo contro di me”, ha detto tre o quattro volte Harris, smussando le linee di attacco dell’ex presidente e trattenendo a malapena il suo disprezzo. Ma è proprio sull’immigrazione, in teoria il tema forte in grado di aumentare il magnetismo di Trump, che l’ex presidente ha fatto l’autogol più clamoroso.

Trascrizione letterale: “Stanno mangiando i cani, le persone che sono entrate, stanno mangiando i gatti”, ha detto Trump rispondendo a una domanda del giornalista David Muir. “Stanno mangiando gli animali domestici delle persone che vivono lì, e questo è quello che sta succedendo nel nostro Paese, ed è un peccato”. Poveretto, patetico. Un ex presidente americano fa da cassa di risonanza, davanti a un pubblico di milioni di americani, a una voce infondata, razzista e targata teoria della cospirazione, secondo cui gli immigrati haitiani in Ohio mangiano cani e gatti. Harris ha sorriso soddisfatta alle idiozie dello sfidante, lo spessore è quello di un post da hater sui social.

La vicepresidente è stata spesso aggressiva con Trump, ma in modo ragionato, senza livore. Ha detto che 81 milioni di americani lo hanno “licenziato” alle scorse elezioni. Che i leader mondiali “ridono di lui” e lo considerano una “disgrazia” (Donald ha risposto citando il sostegno di Viktor Orban). Che decine di funzionari della sua ex amministrazione, tra cui i massimi leader dell’esercito, lo definiscono una “vergogna”.

Kamala ora chiede un secondo dibattito, in questo è stata acuta come un laser. Non dimentica di accusare lo sfidante di avere ereditato milioni da suo padre e aver dichiarato bancarotta sei volte, mentre lei viene da una famiglia semplice ed è stata cresciuta da una madre single. Era l’obiettivo, che la gente capisse di che pasta è fatta. Ci è riuscita.

I candidati si sono scontrati sui temi caldi come l’immigrazione, la politica estera, la sanità, l’inflazione, l’aborto, ma nel botta e risposta con la vicepresidente Trump è apparso quasi sempre evasivo, generico, approssimativo. “Ho concetti di un piano”, ha risposto alla domanda su come pensa di riformare l’Obamacare. “Metterei fine alla guerra in Ucraina in un attimo, appena vinte le elezioni e prima di entrare alla Casa Bianca” (senza fornire peraltro uno straccio di progetto, se non un ridicolo “chiamerei Putin e Zelensky e li farei mettere d’accordo”). “Sì, possono manipolarti con l’adulazione”, replica Harris parlando dei dittatori stranieri e dell’attrazione fatale dell’ex presidente per l’uomo forte.

Trump non aveva necessariamente bisogno di cambiare il suo personaggio, anche perché non può e non sa fare altro. Ma doveva gestire il dibattito in modo da tenere sotto controllo – e imbarazzare – Harris schiacciandola con ondate di negatività, bugie, falsità, luoghi comuni. Ciò non è accaduto. Improbabile abbia perso voti nella base repubblicana che lo ama e lo sostiene a prescindere (i capataz del GOP però da oggi sono preoccupati…) ma è da escludere abbia fatto qualcosa per impedire alle persone ‘curiose’ di Kamala di darle una possibilità. Mentre la sua idoneità per un sequel alla Casa Bianca, a questo punto, è stata seriamente messa in discussione.

Certo, in poco meno di otto settimane da qui al voto, in una campagna elettorale polarizzata in cui si farà sentire l’influenza di oltre un miliardo di dollari di investimenti pubblicitari dei due partiti, può succedere di tutto. Ma il dibattito in tv è stato senza ombra di dubbio un duro colpo per Trump (Biden sa qualcosa di dibattiti flop).

Nel frattempo, la destra populista avrà modo di tirare in ballo e schierare i suoi consolidati cavalli di battaglia come il deep state dem, il wokismo, il negazionismo climatico, e chi ha da aggiungere aggiunga. Chi conosce l’America, però, sa che conta molto di più Taylor Swift: il suo endorsement a Harris vale mille teorie della cospirazione.