Ci sono Achille Lauro, Paola Iezzi, Jake La Furia e… Manuel Agnelli. No, non è l’inizio di una barzelletta (anche se potrebbe sembrarlo). È il nuovo X Factor, in onda da giovedì 12 settembre su Sky, pronto a venderci il sogno delle “nuove speranze” della musica italiana. E come ogni anno, puntuale, torna la solita domanda: dobbiamo forse accettare che i format televisivi siano diventati l’unica possibilità per emergere musicalmente?
Nei consueti nove punti di questo blog, oggi voglio provare a smontare una volta per tutte la “narrazione mannara” su X Factor.
Cominciamo!
1. Successo immediato
Ogni anno, decine di concorrenti sperano di sfondare, ma la realtà è ben diversa. Quanti vincitori sono diventati star durature? Pochissimi. Il mercato musicale italiano è già saturo e competitivo, e X Factor continua ad alimentare l’illusione di un successo garantito. Le etichette discografiche investono nel breve termine, cercando il “prodotto” del momento, ma raramente puntano su una crescita artistica a lungo termine. X Factor offre visibilità, ma non sempre sostanza.
2. La macchina del marketing
Dietro l’illusione della scoperta di talenti, X Factor si rivela una macchina di marketing ben oliata. Le case discografiche non cercano veri artisti, ma prodotti confezionati per il mercato, pronti a essere consumati e dimenticati in fretta. Più che offrire una reale occasione di crescita, sembra un copione già deciso, dove creatività e autenticità sono relegate a un ruolo marginale.
3. Sovraesposizione
Salire sul palco di X Factor sembra un sogno, ma la sovraesposizione mediatica può diventare un’arma a doppio taglio. Troppa attenzione, molti talenti restano schiacciati dall’immagine costruita dal programma. Etichette difficili da scrollarsi di dosso, mentre la crescita artistica resta bloccata in uno schema predefinito.
4. Giorgia vs. Giudici
Giorgia tiene le redini della trasmissione. “A giudicare”, invece, i quattro dell’Ave Maria sopraccitati. Purtroppo, come anticipato, non è una barzelletta. Questi si arrogano il diritto di decidere le sorti di un futuro possibile della musica italiana. Più che giudici, diventano i veri protagonisti, con immagine e stile pronti a sovrastare ‘sti poveri ragazzi sul palco. Viene quasi da pensare che i veri concorrenti, alla fine, siano proprio loro. Il che solleva un quesito enorme sulla reale qualità dei giovani proposti. Diciamocelo.
5. Le regole del gioco
X Factor è una macchina ben oliata, con le sue regole e i suoi schemi. Ma dove finisce la creatività in tutto ciò? Invece di lasciare spazio all’originalità, i concorrenti vengono spesso spinti a seguire percorsi già tracciati, conformandosi alle visioni del proprio giudice e, soprattutto, a ciò che funziona per lo show. Alla fine, quello che vediamo sul palco non è forse solo una versione sbiadita di ciò che questi “possibili” artisti avrebbero potuto diventare?
6. La vittoria
Essere il “vincitore di X Factor” è un’etichetta che pesa come un macigno. Ti segue ovunque, quasi a dire che sei solo il prodotto di un talent show e non un vero artista. Molti fanno fatica a liberarsi di questa immagine e a dimostrare di avere qualcosa di unico da offrire. Quella che inizialmente sembra una vittoria scintillante si trasforma in un marchio difficile da scrollarsi di dosso. Da lì, crescere artisticamente e costruirsi una carriera propria diventa una sfida enorme.
7. Visibilità
In un mondo dove la visibilità è tutto, X Factor domina la scena. Esistono ancora strade alternative per emergere nella musica? Si spera che le “vecchie cantine” dove affilare i propri talenti esistano ancora, ma i social e le piattaforme streaming offrono opportunità agli artisti indipendenti. Peccato che l’industria discografica continui a considerare i talent show la via maestra per il successo, creando una barriera per chi cerca di emergere senza compromessi, lasciando poco spazio all’autenticità.
8. Qualche eccezione, ma…
Ogni tanto, qualcosa di davvero diverso riesce a fare capolino su X Factor. Ci sono artisti che, con la loro unicità, riescono a rompere lo schema. Rimangono rarità, fagocitate – come detto – da un format che privilegia solo ciò che può vendere. La diversità esiste, certo, ma finisce spesso per piegarsi alle esigenze di uno show che deve piacere a tutti.
9. Nove domande a Manuel Agnelli
Sorvolo sugli altri giudici, di cui cerco di ignorare l’esistenza… ma a Manuel vorrei invece porre 9 domande. Vediamole:
• Hai contribuito al panorama alternativo italiano. Ora, però, “sul tuo curriculum” quanto pesa la voce X Factor?
• Hai “congelato” gli Afterhours puntando il dito sul pubblico, colpevole di voler ascoltare solo i successi. Allora, perché nei tuoi live solisti finisci comunque per suonarli?
• Non pensi di aver sottratto alle giovani band la possibilità di un percorso autentico con X Factor (vedi Little Pieces of Marmelade)?
• Ti mostri ribelle, ma non stai contribuendo “dall’interno” al cambiamento musicale che hai sempre criticato?
• Il tuo anticonformismo non è forse diventato conformismo?
• Dicevi: “la musica tornerà bio”. Lo dirai anche dal palco di X Factor?
• Col tempo, pensi di aver snaturato il tuo spirito originario?
• La tua indipendenza è ancora nei fatti o ormai solo a parole?
• Non pensi che la nuance della tua tinta capelli sia un po’ troppo scura?
E in effetti, questa ultima domanda era per stemperare. Caro Manuel, non te la prendere, scorre sottile il pettegolezzo secondo cui saresti permaloso. Tranquillo, lo sono pure io! A parte tutto… nessuno dimentica il passato, piuttosto è il presente quello che si vorrebbe rimuovere.
Come di consueto, a margine dei miei scritti trovate la playlist dedicata di nove brani. La potrete ascoltare gratuitamente sul mio canale Spotify. Buon ascolto!
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