Durante i lavori del Workshop Ambrosetti di Cernobbio, tra i tanti settori dell’economia presi in esame ha avuto spazio anche quello del trasporto pubblico locale. Un settore che dopo il Covid non ha saputo recuperare il traffico perso ed è ora in profonda crisi economica, tecnica e di prospettiva. Il termometro di questa febbre è la carenza di autisti, indotta da stipendi troppo bassi rispetto all’impegno e alla professionalità richiesti, che si traduce (ma non giustifica) in tagli alle corse e quindi in un progressivo peggioramento del servizio, che a sua volta impatta sulla vita dei cittadini che su quel servizio fanno affidamento, anche per rispondere alla “guerra” alle auto di molte città, Milano per prima. Proprio Milano dove, meno che altrove, si riescono a trovare nuovi guidatori per bus e tram.
L’auspicata ottimizzazione delle reti e degli orari sia urbani che extra-urbani, il miglioramento della qualità del servizio, la regolarità, l’affidabilità, il confort, la puntualità e l’accessibilità al sistema delle autolinee previste dal federalismo dei trasporti (1999) non si sono mai visti, come è marginale e pasticciata l’integrazione tariffaria autobus-treno.
Proprio in questo contesto povero e in questa occasione ricca (il forum di Cernobbio), Arriva Italia ha dichiarato le proprie strategie. Arriva Italia è il primo operatore privato nel settore del Trasporto Pubblico Locale su gomma (i maggiori gruppi pubblici sono invece Atm di Milano e Atac di Roma) con 360 milioni di euro di ricavi, 3500 dipendenti e una flotta di oltre 2500 autobus che opera in Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta ed è presente invece come holding di riferimento, attraverso società partecipate, in Veneto, Friuli Venezia Giulia e Como: praticamente gran parte del nord Italia. Questa azienda, parte di una multinazionale europea, è da poco stata ceduta dal gruppo pubblico delle ferrovie tedesche Deutsche Bahn al fondo americano I Squared Capital. I Squared Capital è un fondo di private equity indipendente che gestisce oltre 37 miliardi di dollari di capitale, focalizzato in investimenti in Nord America, Europa, Asia e America Latina.
Questa la ricetta del direttore di Arriva Italia espressa a Cernobbio: “affinché il Tpl attiri investimenti di lungo periodo da parte di fondi, sono necessari una serie di interventi strutturali. Innanzitutto, serve un maggiore automatismo per l’indicizzazione delle tariffe e dei corrispettivi; occorre poi una migliore ottimizzazione dei costi che porti a una migliore redditività, oltre a integrare le innovazioni portate dall’intelligenza artificiale per una migliore gestione e pianificazione dei servizi”.
La ricetta si conclude con un auspicio: ”Capitolo fondamentale restano i giovani: il settore deve tornare a essere una possibilità di carriera attrattiva per le nuove generazioni.” Dunque per far uscire il settore dalla crisi, secondo Arriva, non servono maggiore concorrenza e maggiore efficienza, che sono il mantra dei guru liberisti di Cernobbio, ma una “scala mobile” che assicuri l’aumento delle tariffe e l’aumento dei corrispettivi, cioè dei sussidi pubblici, lasciando intoccati i privilegi a partire dalle concessioni.
L’azienda, da quando opera in Italia attraverso acquisizioni e fusioni di operatori locali, ha potuto contare su concessioni pluriennali più volte prorogate, poiché il settore gode di garanzie e di rendite di posizione come i balneari o i taxisti, anche se gestito a livello regionale. Con la sola differenza che il regolatore pubblico, le Regioni, annunciano da anni le gare per l’affidamento dei servizi e poi le prorogano. E con le proroghe il servizio non può che peggiorare, perché le aziende non hanno alcun incentivo al miglioramento dei servizi e il regolatore pubblico Autority o Agenzie di trasporto è sempre più succube e prigioniero di un sistema inefficiente. Ha sempre chiuso i bilanci in utile con i sussidi pubblici. Questo è stato il federalismo dei trasporti in Italia.
Arriva ha promesso un investimento complessivo per il rinnovo della flotta di 170 milioni di euro dal 2024 nei successivi 5 anni (al lordo dei contributi pubblici). Quindi le risorse investite saranno ancora prevalentemente quelle pubbliche, perché da quando è sbarcata in Italia – era il 2002 – ha sempre prodotto utili che sono andati nelle tasche degli azionisti e che vuole continuare a garantire – questo è il messaggio – con buona pace (eterna) della volontà espressa di decarbonizzare il Tpl, di contribuire a città più pulite e reti di trasporto pubblico più sostenibili.