Educazione civica, nuovi docenti assunti, voti sintetici, cellulari in classe: inizia l’anno e la scuola di Valditara è ancora un cantiere aperto (nonostante le promesse)
Gli alunni che in questi giorni tornano sui banchi (oggi prima campanella in Lombardia e Campania, lunedì tocca – tra le altre – a Lazio ed Emilia-Romagna) si trovano alle prese con una sorta di scuola cantiere. Il ministero dell’Istruzione e del merito ha messo in campo molti progetti, gli uffici in questi giorni sono al lavoro per portare tutto a termine al più presto, ma il mondo dei sindacati e dei dirigenti scolastici ha molti dubbi sul fatto che l’inizio dell’anno scolastico possa prendere il via senza problemi. Tante le novità, così come gli annunci fatti dal governo e non ancora realizzati. Sul tavolo tutta una serie di questioni aperte, da analizzare una ad una per provare a capire che cosa accadrà da qui ai prossimi mesi. La decisione più cruciale spetta a Giorgia Meloni sullo Ius Scholae e sulla posizione strategica dell’Italia in Europa. Su questi temi la premier è chiamata a fare scelte decisive: o sposta il centrodestra verso un centro moderato, aperto a riforme come lo Ius Scholae, oppure si mette di traverso, virando ancora di più a destra. In tal senso una mezza apertura era arrivata durante il meeting di Rimini da parte del ministro Giuseppe Valditara: “Non è tanto il numero di anni o il percorso scolastico seguito, quanto la condivisione di valori, la conoscenza della lingua e la condivisione di un progetto di futuro che deve essere in qualche modo accertato”. Ma sulla questione è rimasto tutto “sospeso”, tutto fermo allo scontro mediatico tra Forza Italia (a favore dello Ius Scholae) e Lega (contraria).
Divieto di cellulari in classe – In attesa di chiarezza su un tema delicatissimo, Valditara ha introdotto nuove direttive per l’anno scolastico, tra cui il divieto dell’uso dei cellulari in classe anche per motivi didattici fino alle medie. Il Consiglio superiore della pubblica istruzione (Cspi) ha bocciato l’idea del professore, ma il dicastero di viale Trastevere è andato avanti nella sua strada, addolcendo un po’ i termini: “Occorre evitare l’utilizzo di smartphone e tablet nella scuola dell’infanzia e dello smartphone nella scuola primaria e secondaria di I grado; nelle scuole del primo ciclo di istruzione il tablet può essere utilizzato per finalità didattiche e inclusive”. Va ricordato, infatti, che a febbraio Valditara su Il Foglio aveva assunto posizioni più dure: “Spesso l’utilizzo improprio di smartphone e tablet diventa nel rapporto tra studenti e docenti un elemento di tensione, che in alcuni casi porta anche all’aggressione del personale scolastico. Meno distrazioni, più responsabilità, più delega”.
Nuove linee guida sull’educazione civica – È approdato tra le critiche, invece, il lavoro di Valditara sul testo delle Linee guida sull’educazione civica, che nei giorni scorsi sono state rinviate dal Cspi con la richiesta di rivederle. “Dovrebbero diventare vigenti a partire dal corrente anno scolastico – spiega Antonello Giannelli, il numero uno dell’Anp, associazione nazionale presidi – Dopo un triennio di sperimentazione, tra le altre cose, devono essere definiti a livello nazionale gli obiettivi di apprendimento e i traguardi di competenza di tale insegnamento”. Più dura la segretaria della Flc Cgil, Gianna Fracassi: “Introducono la prospettiva di una scuola che addestra al significato e al valore della patria, rafforza la coscienza di una comune identità italiana, secondo una logica identitaria-nazionalistica e individualistica. Inoltre si subordina il valore del lavoro alla cultura d’impresa e al profitto individuale. La scuola italiana saprà respingere questa impostazione miope e reazionaria per affermare il valore di una conoscenza laica, plurale, inclusiva e democratica”. Alla fine le Linee Guida sono state lievemente ritoccate e da qualche giorno sono sulle scrivanie di presidi e docenti.
Indicazioni per il primo ciclo scolastico – Nel frattempo non si è più saputo nulla dei lavori della commissione capitanata da Loredana Perla sulla revisione delle Indicazioni nazionali per il primo ciclo scolastico. Si tratta semplicemente di quello che un tempo era chiamato “programma scolastico” e che dal 2012 è stato sostituito da un testo essenziale, che fornisce un quadro di riferimento per il sistema di istruzione. Dopo la nomina del ministro tutto è caduto nell’oblio, per lo meno dal punto di vista comunicativo, istituzionale e non. Ad aspettare qualche notizia c’è in primis Giannelli: “Si tratta di documenti fondamentali, molto corposi, diversi nella forma, nati in momenti differenti e rispondenti a obiettivi specifici per ciascun ordine. Potrebbe essere utile intervenire su di essi implementando l’autonomia progettuale delle scuole intesa quale ‘obiettivo-specchio’, necessario a far sì che gli studenti apprendano a progettare e ad autodeterminare il proprio lavoro. Ciò consentirebbe un collegamento più stretto con loro bisogni formativi sempre più differenziati e di intervenire per progettazioni personalizzate“. Critica la segretaria della Flc Cgil: “Con l’avvio dell’anno scolastico, secondo gli impegni assunti dalla Commissione, le scuole dovrebbero essere coinvolte in una ampia e diffusa consultazione che non dovrà esaurirsi attraverso formali consultazioni, ma in un ascolto vero di chi quei documenti li ha sperimentati sul campo”. Più aperturista il presidente dell’Anief Marcello Pacifico che parla della necessità di rivedere le Indicazioni.
La consultazione che non c’è – A metter tutti a tacere è il ministero, il quale ha annunciato che entro il 31 dicembre la commissione fornirà una bozza delle nuove indicazioni frutto di consultazioni che sono già cominciate. Un lavoro che riguarderà le materie umanistiche e non quelle scientifiche. Ed è proprio sulla fase partecipativa che sorgono dubbi perché pochi sono stati coinvolti. Eppure nel corso di una interrogazione in Commissione Cultura alla Camera, la sottosegretaria Paola Frassinetti aveva detto: “I lavori della commissione saranno aperti e partecipativi, coinvolgendo tutte le componenti del sistema scolastico, in particolare associazioni professionali, consulte degli studenti, società scientifiche e sindacati. Saranno inoltre costituite sottocommissioni di esperti disciplinari e docenti, rappresentative di tutte le sensibilità presenti nel mondo della scuola”.
La questione dei voti sintetici – Incertezza anche in merito ai famosi voti sintetici. Valditara aveva cominciato a parlarne a febbraio, ma a quanto pare al Parlamento non c’è stata tutta questa fretta. Il ministro aveva detto: “Abbiamo deciso di tornare, dal prossimo anno scolastico, a formule comprensibili al posto di quelle astruse introdotte di recente. Come fa un genitore o un bambino a capire che ‘in via di prima acquisizione’ vuol dire insufficiente? È una questione di chiarezza”. Per ora è tutto fermo. La riforma della revisione della disciplina in materia di valutazione degli studenti e il relativo Disegno di Legge non hanno ancora completato l’iter parlamentare. Il Senato ha approvato mentre la Camera non lo ha ancora fatto. Settembre o ottobre potrebbero essere i mesi in cui si sbloccherà il tutto. E così si passerà dal “in via d’acquisizione” al “gravemente insufficiente” ovvero ai giudizi sintetici come li chiama il ministro Valditara. Ma la domanda che si fanno tutti i docenti è: se la riforma verrà approvata a settembre-ottobre quando andrà in vigore? Con il prossimo quadrimestre. È certo – da quanto ha potuto verificare ilfattoquotidiano.it – che i decreti definiranno che le nuove valutazioni saranno valide per le pagelle di fine anno e non quelle di metà quadrimestre.
I concorsi con i soldi del Pnrr – C’è poi la partita dei concorsi Pnrr. Il ministero non teme le polemiche ed è dell’idea che entro dicembre sarà tutto concluso, tant’è che con l’immissione a scuola – durante l’anno – dei maestri e dei professori ammessi dal concorso, si passerà nel nuovo anno da 165mila a 155mila precari, raggiungendo un record storico. La conferma è arrivata direttamente dal ministro Valditara a ilfattoquotidiano.it: “Mai come quest’anno ci sono tante novità a cui stiamo lavorando per garantire la continuità e la qualità didattica oltre che l’autorevolezza dei docenti. Gran parte delle polemiche estive sono state fondate su chiacchiere”. Non è proprio così per Gianna Fracassi: “La costituzione delle commissioni è soggetta a continui rifacimenti che tardano la conclusione delle procedure – dice la segretaria del sindacato di Landini – Di conseguenza tantissimi posti rimarranno vacanti fino alla conclusione, i supplenti incaricati non hanno certezze rispetto alla durata del loro contratto, gli studenti cambieranno insegnanti ad anno scolastico inoltrato. E intanto decine di migliaia di idonei restano a bocca asciutta, pur avendo diritto all’immissione in ruolo e in presenza di posti vacanti”.
La prende più con filosofia Giuseppe D’aprile della Uil, ma la musica non cambia: “È evidente che l’attuale sistema di reclutamento ha mostrato ancora una volta tutti i suoi limiti. È ora di fermarsi e riprogrammare per tempo le azioni necessarie anche di finanza pubblica, perché è dalla qualità della scuola, dall’istruzione che passa lo sviluppo del Paese”. Una preoccupazione condivisa da Giannelli che vorrebbe che fossero i presidi a fare le assunzioni e non un concorso: “La differente tempistica sulla conclusione delle procedure relative a molteplici classi di concorso, pur giustificata da concrete ragioni quali, ad esempio, l’elevato numero di candidati agganciato a molte commissioni, è un dato di fatto. Il ritardo nelle assunzioni – ha aggiunto – di certo complica le già croniche difficoltà delle scuole, specialmente di alcune aree del Paese, a far partire le attività didattiche con i consigli di classe al completo. Sul punto, la nostra posizione è chiara da tempo: le scuole devono essere dotate di facoltà assunzionali”. Sicuramente qualche ritardo c’è stato, visto che nei mesi scorsi Valditara ai media diceva: “Tutte le commissioni sono già ben predisposte. Da questo punto di vista non avremo problemi”.
Il contratto del personale della scuola – Infine il tema del contratto. Sul tavolo c’è un atto di indirizzo a maglie larghe, che, con la volontà delle parti, dovrà trovare nel negoziato la valorizzazione del personale della scuola attraverso interventi organici sia di tipo economico che normativo, anche in ottica di miglioramento di diversi istituti giuridici del precedente contratto non sottoscritto dalla Uil Scuola Rua. “La rivisitazione della figura del ‘docente incentivato’ (previsto dal DL 36/2022) che ha introdotto un meccanismo competitivo tra docenti – ha spiegato D’Aprile – andrà valutata nel merito, ma nelle linee generali ci trova d’accordo. Serve uno stanziamento sostanziale per recuperare il potere d’acquisto eroso dall’inflazione, a partire dalla detassazione degli aumenti contrattuali e nello stesso tempo bisogna uniformare gli stipendi tra i vari ordini di scuola, a maggior ragione, con lo stesso titolo di studio. È necessario inoltre incentivare il fondo d’istituto che nel corso degli anni è stato snaturato nella sua concezione originaria a causa dei continui tagli”.