Economia

La Bce taglia i tassi di altri 0,25 punti: quello sui depositi cala al 3,5%. “Ma per il futuro non c’è un percorso prestabilito. Que sera, sera”

Il consiglio direttivo Bce come da attese ha tagliato di altri 25 punti base, dopo la prima sforbiciata arrivata a giugno, il tasso di interesse sui depositi: quello che orienta la politica monetaria. Il tasso passa così dal 3,75% a 3,50%. La mossa, decisa all’unanimità, favorirà le famiglie con mutui a tassi variabili e quelle che stanno valutando ora l’acquisto di una casa o di un bene durevole attraverso un prestito. Il tasso sui rifinanziamenti principali scende di più, per effetto dell’aggiustamento tecnico previsto del nuovo ‘quadro operativo’ annunciato dalla Bce a marzo: passa al 3,65% dal 4,25%. Per lo stesso motivo il tasso sui prestiti marginali cala a 3,90% dal 4,50%. La prossima settimana anche la Fed è attesa al varco. Dopo gli ultimi dati sull’andamento dell’inflazione gli analisti si attendono un taglio pari a quello deciso per l’Eurozona, meno deciso rispetto a quanto ipotizzato nei mesi scorsi.

“Sulla base della sua valutazione aggiornata delle prospettive di inflazione, della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria, è ora opportuno compiere un altro passo nella moderazione del grado di restrizione della politica monetaria”, si legge nel comunicato dell’Eurotower. “I dati recenti sull’inflazione rispecchiano sostanzialmente le attese, e le ultime proiezioni degli esperti della Bce confermano le prospettive di inflazione precedenti”. Anche in questo caso il board non prende però alcun impegno per il futuro: come successo finora, eventuali nuovi tagli saranno valutati volta per volta in base ai dati economici e finanziari, “senza vincolarsi a un particolare percorso”. La presidente Christine Lagarde in conferenza stampa ha ribadito che il Consiglio direttivo “continuerà a seguire un approccio guidato dai dati” e la Bce “manterrà i tassi di riferimento su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario”. Conclusione: “Mi affido allo spagnolo e dico: que sera, sera“.

Motivando la decisione di oggi, la Bce spiega che “i dati recenti sull’inflazione rispecchiano sostanzialmente le attese e le ultime proiezioni degli esperti della BCE confermano le prospettive di inflazione precedenti”: l’aumento dei prezzi si collocherebbe in media al 2,5% nel 2024, al 2,2% nel 2025 e all’1,9% nel 2026, come nelle proiezioni di giugno. Nell’ultima parte di quest’anno è previsto un aumento, anche perché i precedenti bruschi ribassi dei prezzi dell’energia non incideranno più sui tassi calcolati sui dodici mesi. Poi è attesa una nuova diminuzione fino al raggiungimento dell‘obiettivo del 2% nella seconda metà del prossimo anno. Per quanto riguarda l’inflazione di fondo, le proiezioni per il 2024 e il 2025 sono state riviste lievemente al rialzo, poiché i rincari dei servizi sono risultati maggiori delle aspettative.

L’inflazione interna – continua la Bce – “resta elevata in quanto i salari continuano a crescere a un ritmo sostenuto. Tuttavia, le pressioni sul costo del lavoro si stanno allentando e i profitti stanno parzialmente attenuando l’impatto sull’inflazione dell’aumento delle retribuzioni. Le condizioni di finanziamento rimangono restrittive e l’attività economica resta debole, a causa di consumi privati e investimenti che languono. Le stime di crescita economica dell’Eurozona, nelle nuove proiezioni degli esperti della Bce, indicano un aumento del pil dello 0,8% nel 2024, dell’1,3% nel 2025 e dell’1,5% nel 2026, con una lieve revisione al ribasso rispetto alle proiezioni di giugno, principalmente per effetto del minore contributo della domanda interna nei prossimi trimestri.

Diverse le domande poste a Lagarde sul rapporto sulla competitività dell’Unione firmato dal suo predecessore Mario Draghi. La presidente ha ammesso di non aver “ancora approfondito tutto il rapporto, ma è un documento formidabile perché offre una diagnosi severa ma giusta” e “avanza proposte pratiche che potrebbero essere utili per rendere l’Europa più forte ma che possono aiutare anche noi, come banca centrale. Se l’unione dei mercati dei capitali venisse attuata questo sarebbe un bene anche per noi”.