Gulliver di Jonathan Swift in chiave lesbica incontra schizzi e squartamenti dello splatter. C’è tanto da seguire e analizzare in un film come Love lies bleeding, diretto dalla 34enne regista britannica Rose Glass. Soprattutto per decifrare i concetti di cinefilia, nostalgia, drammaturgia del cinema “estremo” o di “rottura” contemporaneo.
Love lies bleeding, infatti, pare una maionese impazzita ma a medio budget, insomma un’opera bizzarra e divertente, ma allo stesso tempo da prendere culturalmente e produttivamente sul serio. Sul finire degli anni ’80 in un anonimo e desolato spazio periferico del New Mexico, Lou (Kristen Stewart), capelli corti e scombinati, canottiera alla maschiaccia, gestisce una palestra zeppa di culturisti e anabolizzanti in provette. Il suo tran tran nevrotico e zozzo (le tocca sturare continuamente i cessi) subisce uno scossone sentimentale e sessuale con l’arrivo di Jackie (Katy O’Brien), una culturista di passaggio in palestra che lavora momentaneamente nel bar del poligono di tiro gestito dal padre di Lou (un consumatissimo Ed Harris con lunghi capelli biondi sulle tempie), un losco corruttore di poliziotti che commercia in armi e droga. Tra Lou e Jackie scoppia la passione, ma sarà la violenza domestica del marito (Dave Franco) della sorella di Lou (Jena Malone) a fare da denotare all’esplosione della rabbia di Jackie e a una serie di efferati omicidi.
Loves lie bleeding è prima di tutto cinema dalle tinte forti, qualsiasi rivolo di genere (thriller, romantico, ecc…) si voglia seguire: i muscoli esplodono, le passioni esondano, il sangue cola, la violenza esagera. A questo va aggiunto che è sui corpi femminili mascolinizzati delle due protagoniste, una sottile e nervosa che fatica a trascinare pesanti cadaveri, l’altra prorompente e mutante nella sua invincibile energia fisica, che lo sguardo di Glass scivola sudaticcio e ammaliato, provocatorio e passionale, riposizionando le due donne in un’etica femminista vendicativa oltre ogni limite logico come provette Thelma e Louise.
Eppure Love lies bleeding non è solo girl power vintage, ma anche, e soprattutto, un dialogo con le suggestioni passate del mezzo cinema e la sua memoria depositata negli anfratti di fine secolo, sulla possibilità di mescolare liberamente il respiro del noir con l’impulsività dell’horror, la leggerezza della citazione letterale pop (Die Hard, per dire) con il surrealismo supereroico degli effetti speciali (l’incredibile Hulk-essa). Menzione speciale per il soundtrack dove la calda elettrica vena di Clint Mansell (abituale compositore di Darren Aronofsky) si fonde con brani storici synth-pop e disco primi ottanta dei Bronski Beat o Gina X Performance. Nelle sale italiane con Lucky Red.