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Omicidio Attanasio, la beffa di un processo mai nato: “Ora serve una commissione parlamentare d’inchiesta”

Una commissione parlamentare d’inchiesta. O quanto meno un’analoga iniziativa parlamentare che sottragga all’oblio la vicenda Attanasio. È questa la richiesta emersa dalla conferenza stampa che si è tenuta in mattinata (12 settembre) presso la Camera dei Deputati dalle famiglie Iacovacci e Attanasio, affiancate dall’avvocato Rocco Curcio e dal presidente della Federazione Nazionale della Stampa Vittorio di Trapani. Presenti i rappresentanti delle maggiori forze politiche, di governo e di opposizione. Negli interventi che si sono susseguiti, sono state ripercorsi brevemente gli avvenimenti di ormai tre anni e mezzo fa e soprattutto le tappe della misera vicenda processuale, abortita senza esito alcuno a causa dell’Immunità funzionale riconosciuta ai due imputati, entrambi dipendenti del Programma Alimentare mondiale. Un processo mai nato, dopo varie udienze preliminari in cui la Farnesina ha sostenuto la “prassi consuetudinaria” del riconoscimento dell’immunità, nonostante diverse negligenze evidenziate dalla Procura.

“In questo momento nel mondo quanti diplomatici sono all’opera?” ha esordito Rocco Curcio, avvocato dei genitori di Luca Attanasio: “La vicenda dell’immunità va colta anche guardando oltre al caso specifico, pensando ai nostri ambasciatori che lavorano per l’Italia… Solleciterei la classe politica a meditare su un’iniziativa possibile a livello parlamentare: piuttosto che garantire la tutela dell’immunità, semmai mi preoccuperei della tutela dei nostri funzionari all’estero”. Curcio ha invitato i legislatori a pensare un “indirizzo interpretativo” che scavalchi la prassi consuetudinaria e guardi piuttosto al “bene superiore” della verità e della giustizia. Ma non si è fermato alle dichiarazioni di principio. Dopo aver ricordato che la perizia balistica voluta dalla famiglia suggerisce l’omicidio volontario, ha in modo diretto evocato le tante lacune investigative e politiche a cui si è assistito finora sulla vicenda: “Il metodo investigativo purtroppo ha lasciato spazio a numerosi dubbi nella gestione, ad esempio nella escussione dei potenziali testimoni, svolta senza criterio e senza possibilità di riscontro: siamo alla base del diritto procedurale! Così come il ritardo dell’intervento: i presenti sono stati sentiti dopo 13 giorni dall’omicidio. 13 giorni sono tanti per le sommarie informazioni, le rendono inattendibili. C’era il dovere di intervenire nell’immediatezza e, se la magistratura ha avuto comprensibili difficoltà a intervenire all’estero, in un luogo dove la cooperazione giudiziaria si improvvisa, la politica poteva intervenire in ausilio. Sarebbe anche possibile indagare autonomamente – ha chiosato Curcio – non spetta a me, ma ad altri questa valutazione”, lanciando già un primo velato invito alle forze parlamentari per un’assunzione autonoma di responsabilità.

Gli interventi dei familiari sono stati anche più diretti. Salvatore Attanasio, padre dell’ambasciatore, ha richiamato la risposta data dal ministro degli Esteri Antonio Tajani all’ultima delle interrogazioni parlamentari sulla vicenda, contestandone passo passo le varie affermazioni: il governo avrebbe “a cuore l’accertamento della verità”, ma nei fatti nelle udienze preliminari la Farnesina ha sostenuto la tesi del diritto all’immunità da parte degli imputati; il governo avrebbe “facilitato le attività nel confronti delle Nazioni Unite e del governo di Kinshasa”, ma ai Ros è stato vietato di recarsi sul luogo dell’agguato, tanto che si sono fermati a 2000 km, non hanno mai visto le jeep su cui viaggiavano, non hanno mai interrogato i testimoni del luogo, mai effettuato rilievi balistici; il governo “non si è costituito parte civile per tutelare gli italiani all’estero, ivi compresi i militari in Libano, e per evitare conseguenze rilevanti fra cui rischio di un contenzioso con l’Onu”, ma l’Italia è parte lesa ed è, secondo Attanasio, “inspiegabile e intollerabile piegare la schiena, fa perdere autorevolezza al nostro paese: il messaggio che è passato è che nessun cittadino all’estero può sentirsi garantito e tutelato”. Attanasio ha concluso invocando un “approfondimento da parte di tutto l’arco parlamentare”.

Passando la parola a Dario Iacovacci, il moderatore Giuseppe Augurusa ha brevemente ricordato la potente testimonianza del vulcanologo Dario Tedesco – emersa di recente grazie a Luca Attanasio (giornalista omonimo dell’ambasciatore) – che ha raccontato di un ambasciatore molto alterato la sera prima dell’omicidio, per la sparizione di fondi. “Non accetto che l’immunità sia regolata in questo modo, va rivista: è inaccettabile che si tramuti nella possibilità di commettere crimini nell’esercizio delle proprie funzioni” ha esordito Dario Iacovacci, fratello di Vittorio e lui stesso carabiniere. “Uno stato che non vuole o non può applicare la legge per questioni sovranazionali, non garantisce che la legge sia uguale per tutti: possibile che nessuno possa intervenire? O forse non si agisce per convenienza”. Il militare ha dunque lanciato un accorato appello al ministro della Difesa, perché “sia in prima linea per chiarire le dinamiche” di quanto accaduto, ma anche all’arma dei carabinieri, “che in altre vicende si è subito schierata, mentre ora per mio fratello, carabiniere scelto, non si è nemmeno costituita parte civile: mi fa pensare che tutti, tutti hanno delle responsabilità e non vogliono andare avanti”.

Disponibilità immediata è giunta da tutte le forze politiche presenti, pur con sfumature differenti: se la deputata Stefania Ascari, M5S, ha rilanciato nettamente la possibilità di istituire una Commissione parlamentare d’inchiesta, che lavori in sinergia con la magistratura, Maria Chiara Gadda (Italia Viva) – autrice dell’ultima interrogazione parlamentare e promotrice della conferenza stampa – ha invitato ad aprire una riflessione comune su quale sia lo strumento più efficace per giungere a risultati tangibili. Dal canto suo, Marco Lombardo (Azione), membro della commissione Diritti Umani del senato, ha sottolineato che la ricerca almeno della verità storica (se non quella giudiziaria) non ha solo l’importantissimo scopo di ripristinare l’onore dello stato, ma anche quello delle Nazioni Unite, che da questa vicenda escono macchiate dal sospetto. Tino Magni (Avs), appoggiando a sua volta la richiesta di presa di responsabilità, ha invitato i colleghi a valutare se sia più utile una commissione d’inchiesta ad hoc oppure un altro strumento più rapido, un “organismo parallelo” che abbia altrettanti strumenti ma tempi più celeri. “Abbiamo sì il dovere della memoria, come le tante iniziative di questi anni dimostrano, ma abbiamo anche il dovere di raccontare a questo paese la verità, che viene prima delle altre considerazioni, anche prima dell’Onu” ha chiosato Pierfrancesco Majorino (Pd): “Le nostre istituzioni finora sono state funzionali a mettere la polvere sotto il tappeto. È sconvolgente che si spenda tantissima retorica sui servitori dello stato e poi si chieda di mettere a tacere verità e giustizia. I rappresentanti delle istituzioni non siano complici e lo facciano in modo bipartisan”.