La crisi di Mirafiori non conosce fine. Neanche il tempo di riaprire dopo la chiusura estiva, durata più del previsto a causa dello stop anticipato, e Stellantis ha già fermato di nuovo la produzione nello storico stabilimento torinese. I bassi volumi della 500 elettrica, unico modello assegnato dal gruppo franco-italiano al sito piemontese, hanno spinto la direzione a decretare la serrata del reparto carrozzerie che durerà fino all’11 ottobre. Una mazzata tremenda per gli operai, già in solidarietà fino a dicembre.
“La misura è resa necessaria dall’attuale mancanza di ordini legata all’andamento del mercato elettrico in Europa, che è profondamente in difficoltà per tutti i produttori”, spiega Stellantis riferendosi ai problemi di Volkswagen e Bmw. L’azienda ha quindi sostenuto di essere “fermamente impegnata a garantire la continuità di tutti i suoi impianti e delle sue attività” in “questa difficile fase della transizione”. A Mirafiori, tra gennaio e settembre, sono state prodotte 18.500 auto contro le 52mila dello stesso periodo 2023, con un calo dell’83%, aveva spiegato la Fiom-Cgil negli scorsi giorni.
Ora il timore è che scatti nuova cassa integrazione per accompagnare il fermo produttivo deciso dall’azienda, che oggi ha comunicato altri 4 giorni di cigo anche a Pomigliano d’Arco nel mese di ottobre nonostante l’aumento degli ordini della Panda. Come aveva raccontato Il Fatto Quotidiano, in ambienti sindacali si teme la riapertura di una finestra di esodi incentivati a Torino: un bis delle 1.560 uscite decise a marzo, che coinvolsero principalmente le carrozzerie (300) e gli uffici, con 733 esuberi tra quadri e impiegati. Fonti aziendali avevano spiegato che nulla era in programma ma che, nel caso venissero avanzate richieste, l’azienda sarebbe disponibile a discuterne con i rappresentanti dei lavoratori.
Lo stop alla produzione della 500 elettrica avrà inevitabilmente un impatto anche sulla filiera dell’indotto, da tempo in grave sofferenza nella cerchia torinese. I 1.400 lavoratori della Denso di Poirino, dove si producono sistemi di condizionamento, sono già in cassa integrazione e i problemi potrebbero non essere finiti perché anche i volumi di commesse da Iveco e New Holland non stanno rispettando le attese, motivo per il quale non si esclude l’annuncio di esuberi nelle prossime settimane. Non va meglio alla Novares di Riva di Chieri dove si sfornano particolari in plastica per la 500 e la Panda: i 150 operai sono in cassa integrazione e non lavorano più su tre turni. Rallentamenti nella produzione sono stati notati anche nello stabilimento di Magna Olsa, gruppo tedesco con uno stabilimento a Moncalieri dedicato alla produzione di gruppi faro e sistemi di illuminazione.
Da mesi i sindacati insistono sulla necessità di portare nuovi modelli a Mirafiori per assicurare il raggiungimento delle 200mila vetture prodotte all’anno, livello minimo per garantire un funzionamento dello stabilimento. Negli scorsi mesi l’ad Carlos Tavares ha promesso l’assegnazione della 500 ibrida, ma la produzione partirà solo a cavallo tra la fine del 2025 e l’inizio del 2026. Fino ad allora pare inevitabilmente un continuo ricorso agli ammortizzatori sociali che però scadranno a metà del prossimo anno. Poi, salvo una ripartenza stabile e forte degli ordini, potrebbe essere necessario agire in deroga.
“Si rischia il tracollo del sistema industriale torinese, Mirafiori ha la febbre altissima e l’indotto, di conseguenza, sta morendo. Il caso della Lear è la punta dell’iceberg ma tutta la componentistica sta tremando”, avvisa il segretario generale torinese della Fiom, Edi Lazzi. “Informalmente gli industriali si lamentano con noi, sarebbe invece utile che anche loro ci mettano la faccia e si espongano sulla questione – aggiunge – Il livello dello scontro si alzerà inevitabilmente con conseguenze imprevedibili”. Duro anche Gianni Mannori, responsabile di Mirafiori per la Fiom di Torino: “Siamo a livelli di schizofrenia assoluta. Stellantis chiede ai lavoratori di andare negli stabilimenti polacchi e francesi, ma parallelamente a Mirafiori arrivano addetti da Termoli, Cassino, Melfi e Pomigliano. Poi mandano mail per incentivare l’acquisto di Maserati da 200mila euro a persone che ne guadagnano 1.200 al mese. E intanto la cassa integrazione continua inesorabilmente con un ennesimo stop produttivo di un intero mese. Invece di annunci di nuove produzioni continuano quelli sulla cassa integrazione”.
Per Luigi Paone, segretario della Uilm Torino, la comunicazione ha gettato la città in un “clima di disperazione”. Eppure, l’annuncio non giunge inatteso: “Non siamo stupiti, ma siamo preoccupati: l’orizzonte non è roseo”. Solo il sindacato, rimarca, può “riportare il governo e l’azienda al tavolo per discutere seriamente un piano per il futuro”, altrimenti “avremo sempre periodi così, se non anche peggiori”, ha ammonito. Serve “una politica industriale seria” ma “tutto quello per ora il governo è stato in grado di fare è stato punzecchiare Tavares”, ha concluso il segretario torinese.