Ambiente & Veleni

Sul clima scienza e religione convergono. Purtroppo però la politica non ascolta

Papa Francesco, nel viaggio che attraversa due continenti, ribadisce le sue Encicliche Laudato Si’ e Fratelli Tutti, e parla di fratellanza riferendosi alle guerre e ai profughi, e di rispetto per l’ambiente, che va salvaguardato. Giovanni Paolo II, in occasione del Giubileo del Mondo Agricolo, disse: “Da Dio la terra è stata affidata all’uomo ‘perché la coltivasse e la custodisse’. Quando si dimentica questo principio, facendosi tiranni e non custodi della natura, questa prima o poi si ribellerà”.

Benedetto XVI istituì, il primo settembre, la Giornata Mondiale di Preghiera per il Creato e unì la custodia del creato con la possibilità di ottenere la pace: “se vuoi coltivare la pace, coltiva il creato”.

Gran parte dei partiti politici italiani, soprattutto di destra, non condivide queste posizioni, ma anche la “sinistra” non le considera priorità stringenti. Ursula Von Der Leyen ha lanciato il Green Deal, ma ora propone la corsa agli armamenti e diventa più morbida con il Green Deal.

Le posizioni dei tre Papi sono da molti ritenute “ideologiche”, e poco importa che, per la questione ambientale, sia il mondo scientifico a supportare, con i dati, le esortazioni papali. Scienza e religione convergono nell’affrontare argomenti “spinosi” e chiedono un ripensamento del modo in cui gestiamo i rapporti tra noi e con la natura. Francesco parla di terza guerra mondiale “a pezzi”, unendo i puntini che mostrano un pianeta in cui i popoli sono perennemente in guerra tra loro, e anche il cambiamento climatico è “globale”: non si salva nessuno.

Chi non è in guerra direttamente vende armi a chi fa la guerra, e i paesi che non inquinano comprano beni prodotti dai paesi che inquinano. Le proposte papali vanno contro gli interessi di chi produce armi e di chi guadagna “facendosi tiranno” della natura.

I segnali che i comportamenti correnti siano contro gli interessi della nostra specie sono sempre più forti: la natura si ribella a quel che le stiamo facendo e il futuro evocato da Giovanni Paolo II è diventato presente, ma i decisori faticano a prenderne atto, anzi… recedono dal perseguire la sostenibilità e impegnano risorse per costruire armi sempre più potenti, con tecnologie che, se progettate non per uccidere ma per riparare la natura, potrebbero risolvere molti problemi.

Mi sento ridicolo nei miei tentativi, anche in questo blog, di convincere chi non è convinto: non convincono le parole di tre Papi, come posso pensare di riuscirci io? I commenti ai miei interventi mostrano una netta divisione di opinioni. Chi è d’accordo con i Papi si scontra con chi mi contesta con argomenti a cui cerco di controbattere, anche se ho quasi rinunciato a farlo perché il muro di gomma del negazionismo non offre alcun varco ai fatti scientifici e ai ragionamenti.

Poi ci sono i tecnottimisti: potremo continuare a crescere e a saccheggiare la natura grazie a nuove tecnologie. Concordo che la transizione ecologica sarà possibile solo grazie a nuove tecnologie, ma la loro efficacia si misurerà con lo stato dell’ambiente, cioè della biodiversità e degli ecosistemi, recentemente introdotti nella Costituzione (articolo 9); ma anche la Costituzione, come le Encicliche, non riesce ad ispirare chi elabora proposte politiche.

Il Pnrr avrebbe dovuto essere dedicato in gran parte alla transizione ecologica, ma questo non sta avvenendo e chi chiede che si tenga fede agli obiettivi primari del Piano viene accusato di ideologismo. Chi chiede il rispetto degli impegni di sostenibilità presi in innumerevoli Conferenze delle Parti è un ecoterrorista: si prefigurano nuovi reati per chi protesta, mentre i dirigenti che gestiscono aziende senza rispettare l’ambiente e la salute umana godono di scudi penali.

Ogni volta termino i miei pistolotti dicendo che poco importa quel che pensiamo o facciamo: tra noi e la natura sarà sempre la natura a vincere. Ogni ferita che le infliggiamo ci rende più deboli e la rende più forte, favorendo l’evoluzione di nuove soluzioni, con l’avvento di specie più resistenti di noi. Magari saranno batteri e virus, per un po’, come le mucillagini che ora dominano il nord Adriatico, ma poi altri animali e altre piante si adatteranno alle nuove condizioni e la natura continuerà il suo corso. Le cinque estinzioni di massa sono state il trampolino per nuove specie, con nuove soluzioni. Innescando la sesta creiamo i presupposti per la nostra rottamazione e il passaggio a nuovi “modelli” ecologici ed evolutivi.

Gli umani hanno contezza della propria finitezza: sappiamo di dover morire come individui. Ma viviamo dimenticandolo, altrimenti saremmo la specie più depressa del creato. Questo ha permesso la coesistenza tra intelletto e progresso: che senso avrebbe “fare cose” sapendo che scompariremo? Questa difesa psicologica ci è stata favorevole ma, ora, non ci permette di capire che non sono gli individui ma la specie ad essere in pericolo a causa delle “cose che fa”.

Incuranti del ridicolo, continueremo a ribadirlo, anche se la speranza di convincere chi non è convinto è pura illusione. Una flebile speranza consiste nel cercare di “ispirare” proposte politiche che mettano ambiente e pace tra le priorità stringenti. Forse alcuni di quelli che non votano potrebbero tornare a votare, riconoscendosi in valori oggi non perseguiti.