Dieci Paesi rappresentati su 27, poco più di un terzo. La maggioranza degli Stati Ue sceglie di boicottare l’Ecofin informale di Budapest in polemica con il presidente di turno del Consiglio, l’ungherese Viktor Orbán. Così al vertice dei ministri dell’Economia nella capitale magiara si presentano solo in 10 tra cui Giancarlo Giorgetti. Qual è il motivo della polemica plateale dei ministri che marcano visita? A inizio luglio (alla vigilia dell’inizio del semestre di presidenza) Orbàn si recò a Mosca e fu ricevuto dal presidente Vladimir Putin, primo leader europeo a farlo dopo l’invasione dell’Ucraina. Vale la pena ricordare che il giro di Orbàn fu più ampio: oltre che in Russia, il presidente ungherese andò anche in Ucraina per incontrare Volodymyr Zelensky ed ebbe un colloquio a Pechino con Xi Jinping, il presidente della Cina, Paese che molto spesso è stato indicato tra i possibili mediatori del conflitto. Insomma per quanto “fuori agenda” o “non concordato” e per quanto non abbia avuto grandi risultati il tour di Orbàn era stato organizzato per cercare di dare un impulso diplomatico che fino a ora i vertici dell’Unione europea (volenti o nolenti) non sono riusciti a dare.

Ad ogni modo a Budapest oltre al padrone di casa, Mihály Varga, ci sono solo i colleghi di Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Lussemburgo, Malta e Slovenia. A loro si aggiungerà a breve il ministro slovacco Ladislav Kamenickì, che, fa sapere il governo di Bratislava, “non ha potuto partecipare alla riunione di apertura a causa di impegni di lavoro urgenti”. Assenti invece i rappresentanti di importanti Stati-membri come Francia, Germania e Spagna, nonché i due commissari europei Paolo Gentiloni (Economia) e Valdis Dombrovskis (vicepresidente con delega economica): la Commissione è rappresentata dal direttore generale Maarten Verwey. Presente invece la numero uno della Banca centrale europea Christine Lagarde.

Anche all’Eurogruppo, la riunione dei ministri dei Paesi dell’area euro che ha preceduto l’Ecofin, erano rappresentati solo un terzo degli Stati aderenti alla moneta unica, sette su venti: oltre al presidente, l’irlandese Pascal Donohoe, c’erano Giorgetti e i colleghi di Slovenia (Klemen Bostjancic), Malta (Clyde Caruana), Lussemburgo (Gilles Roth), Cipro (Makis Keravnos), Belgio (Vincent van Peteghem) e Croazia (Marko Primorac). Gli altri governi hanno invece deciso di partecipare a un livello inferiore, con viceministri, sottosegretari o alti funzionari. “Non sono deluso, ogni Paese ha il diritto di decidere sulla propria rappresentanza”, ha detto il ministro ungherese Varga prima della riunione, affermando che comunque “ci sono le condizioni per un incontro di successo“. Una fonte ha riferito che la Croazia ha sollevato “la questione degli extraprofitti bancari” e il tema ha trovato “terreno fertile” tra i presenti, con “3-4 ministri” particolarmente interessati. Giorgetti non è intervenuto sull’argomento anche se dal Mef fanno sapere che è “favorevole ad aprire le discussioni”. In Italia, come è noto, il tentativo di tassarli è finito in un imbarazzante flop.

Nonostante i forfait annunciati, Donohoe ha scelto di convocare comunque l’Eurogruppo a Budapest: scelta diversa da quella fatta ad agosto dall’Alto rappresentante per la politica estera Josep Borrell, che invece, ad agosto, aveva “accentrato” a Bruxelles i Consigli Esteri e Difesa, di fatto impedendo alla presidenza ungherese di ospitarli. A chi gli ha chiesto conto della scelta, il ministro irlandese ha sottolineato che “l’Eurogruppo è un’istituzione politica diversa” rispetto al Consiglio Ue, “un’istituzione informale in cui i ministri si riuniscono a intervalli molto regolari” con un “importante lavoro condiviso” che “deve continuare”. “Ci occupiamo di problemi che riguardano le persone che serviamo, il loro tenore di vita, il loro lavoro, le loro prospettive future e quel lavoro si svolge ora per ora, giorno per giorno ed è per questo che è molto importante che questa riunione oggi abbia luogo”, ha aggiunto.

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