Non si chiamava Said Malkoun e non era algerino. Il vero nome dell’uomo che è stato schiacciato contro una vetrina da un Suv Mercedes guidato da Cinzia Dal Pino, un’impreditrice di Viareggio, era Nourdine Naziki, aveva 52 anni ed era marocchino (lo riporta il Tirreno). Domani (sabato 14 settembre alle 17) ci sarà una camminata che partirà dal Comune di Viareggio e arriverà al marciapiede di via Coppino dove sarà deposto un fiore. Scrivono le organizzatrici della camminata Forum per la Versilia che vogliono esprimere “umana solidarietà per Said e un doveroso cordoglio alle sorelle, ai parenti e agli amici” e aggiungono che “è doveroso che tutta la nostra comunità rifletta e si assuma la responsabilità per la non accoglienza di Said e dei tanti Said, di chi vive ai margini e in assoluta povertà”.
Nourdine Naziki era – scrivono i quotidiani – senza fissa dimora, alcuni raccontano che aveva dormito vicino alla chiesa di San Paolino a Viareggio, in mezzo ad altri uomini e donne senza fissa dimora, senza un futuro e senza un presente. Nourdine detto Said, sopravviveva da 24 anni in Italia, ed era riuscito a farlo fino alla notte tra l’8 e il 9 settembre quando, per disperazione, fame o rabbia, ha violato la legge e ha rapinato Cinzia Dal Pino sottraendole la borsa dal sedile del Suv Mercedes dopo averla minacciata.
Cinzia Dal Pino avrà avuto paura, è comprensibile, ma ha fatto una scelta e aveva delle alternative. Si è armata col suo costoso e potente Suv e ha investito intenzionalmente Nourdine per una, due, tre, quattro volte, in una sequenza di fredda determinazione. E’ salita su quel marciapiede anche quando l’uomo era carponi e incapace di sottrarsi all’aggressione. Lo hanno trovato dei passanti agonizzante a terra dopo che l’imprenditrice era andata via, non prima di recuperare la borsa, forse una di quelle borse griffate, segno di una condizione privilegiata. Subito dopo è risalita in auto come se nulla fosse accaduto.
L’imprenditrice, ora agli arresti domiciliari – il giudice non ha ritenuto che ci fosse pericolo di fuga, inquinamento delle prove o reiterazione del reato – ha raccontato agli inquirenti di aver avuto paura che lui entrasse in casa perché la borsa conteneva documenti e le chiavi. Cinzia Dal Pino avrebbe potuto chiedere aiuto, rivolgersi alla polizia, cambiare la serratura di casa. Era l’unica scelta che avrebbe potuto e dovuto fare. Ha commesso un crimine efferato ed è importante capire se le sue azioni siano state guidate da odio, razzismo e classismo. Ci vuole un lungo processo di deumanizzazione dell’altro per arrivare a schiacciarlo su un marciapiede senza provare l’orrore delle proprie azioni.
Chiara Volpato nel saggio Deumanizzazione – Come si legittima la violenza scrive: “La deumanizzazione sottrae agli esseri umani le due qualità che li definiscono come tali: l’identità e la comunità“. Cita gli studi di Albert Bandura psicologo canadese scomparso nel 2021, che individuò nella deumanizzazione un processo di disinnesco delle sanzioni morali. “Quando percepiamo nell’altro un essere umano, proviamo nei suoi conftonti reazioni empatiche, che rendono diffcile fargli del male senza provare angoscia, stress, senso di colpa. Se gli attribuiamo invece dei tratti inumani, tali sentimenti sono ridotti o inibiti. Coloro che vengono deumanizzati non sono più persone, ma oggetti subumani, stupidi selvaggi, sporchi indigeni, demoni ed altri esseri spregevoli, degenerati, maiali, vermi”. E i vermi si schiacciano. Non è così?
Da decenni, siamo avvelenati da una propaganda politica che continua a creare allarme per il fenomeno dell’immigrazione, e alimenta ad arte la paura perché terrorizzare le persone, quando non si è capaci di realizzare progetti politici che affrontino i problemi in un mondo che percepiamo ostile e insicuro, è l’unico modo di incassare voti. E’ facile costruire consenso seminando distruttività e rabbia contro esseri umani, costantemente sottoposti ad un processo di deumanizzazione.
Sui social intanto, fioccano le richieste di indulgenza nei confronti di Cinzia Dal Pino (accusata di omicidio volontario) e lodata da alcuni, come un’eroina che si è fatta giustizia da sé “perché lo Stato non protegge i cittadini”. Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture con ambizioni da sceriffo mai sepolte, sempre pronto a pompare odio come un fertilizzante con cui coltivare il suo elettorato spaventato, ha pubblicato un vergognoso tweet: “Se non fosse stato un delinquente non sarebbe finita così”, legittimando indirettamente un omicidio a sangue freddo. Il tweet è stato concluso con il solito sondaggino: “Voi che ne pensate?”. Nourdine Naziki, la condanna a morte per aver rubato una borsa, se la sarebbe cercata, perché la sua vita di non umano valeva meno di zero.
Ho conosciuto tempo fa uno dei tanti Said che emigrano e hanno la tenacia di non finire tra le fila dei senza fissa dimora. Sono andata a casa sua per accompagnare l’anziana madre vittima di violenza. Lui aveva accettato di ospitarla in sessanta metri quadri dove già vivevano in quattro, in uno stabile che probabilmente non aveva nemmeno l’ abitabilità ma era l’unico tetto che si poteva permettere. Mi aveva mostrato con orgoglio gli elettrodomestici nuovi di zecca in cucina, una delle due sole stanze della casa, poi la camera da letto dove dormivano, tutti assieme, la moglie e i due figli piccoli, e infine un bagnetto con un lavandino, un water e una doccia rudumentale. L’anziana madre, in fuga da un marito anziano e affetto da schizofrenia, avrebbe dormito in una stanzetta nel sottoscala.
Il reddito che garantiva la sopravvivenza della famiglia derivava dalla vendita di dolcetti e noccioline alle fiere di paese che quell’uomo raggiungeva, attraversando l’Italia, a bordo di un furgoncino scassato. Era inverno e la moglie portava ai piedi delle infradito di plastica bianca. Quel giorno tornai a casa con una stretta al cuore e un senso di scoramento determinato dal pensiero che quel Said che avevo conosciuto, era orgoglioso della sua casa e dei suoi elettrodomestici. Ce l’aveva fatta a non finire sui marciapiede e si stava guadagnando quel “bengodi a spese dello Stato italiano” di cui sono convinti i rancorosi che lasciano invettive sui social e che sono misurate dalla Piramide dell’Odio.
Domani deponiamo un fiore per Nourdine Naziki, detto Said. Restiamo umani finché siamo in tempo, ne va della salvezza di ognuno di noi.
@nadiesdaa