In questa carrozzeria della periferia di Genova, da qualche tempo, non si parla d’altro. Delle attenzioni di poliziotti e finanzieri per Fortunato Verduci, carrozziere di 65 anni, che dice di temere un arresto imminente. Delle regole e della vita del carcere, realtà che uno dei colleghi mostra di conoscere molto bene. In alcune conversazioni, Verduci e i colleghi sembrano sapere già che su di lui si indaga per “omicidio”. Tanto che a un certo punto un collega gli fa la domanda a bruciapelo: “Ma perché l’hai uccisa?”.

L’uomo oggetto delle intercettazioni della Procura di Genova è sospettato di essere l’autore del caso conosciuto come “delitto del trapano”, l’omicidio irrisolto di Luigia “Antonella” Borrelli, avvenuto il 6 settembre del 1995 nel centro storico genovese. Sono passati 29 anni, eppure, secondo gli investigatori, è singolare che nella carrozzeria in cui lavora Verduci di indagini per omicidio e vita carceraria si parli come se fosse una cosa attuale, un argomento di discussione quotidiana tra persone che frequentano uno stesso luogo di lavoro. Fatto sta che a quella domanda così diretta – “perché l’hai uccisa” – Verduci risponde con una battuta: “Ah, per passatempo, come un altro (ride)”. “Ah, per passatempo? O era una questione di sgarbi?”, domanda l’altro. “Di sgarbi”. “Di Sgarbi il politico” (ridono).

Potrebbe sembrare un dialogo senza né capo né coda, se non fosse che i magistrati stanno dando la caccia a quello che ritengono essere l’autore di un omicidio cruento riuscito a sfuggire alla giustizia per quasi tre decenni e mai sfiorato prima dalle lunghe indagini sul caso. La nuova inchiesta è stata riaperta con un dato clamoroso: gli inquirenti hanno in mano una corrispondenza tra il Dna di Verduci, carrozziere di 65 anni, e una serie di tracce lasciate sul luogo del crimine. Da qualche tempo hanno cominciato a convocare, spesso con dei pretesti, le persone intorno a lui: “Secondo me, te lo dico io… la sigaretta. Loro lì stanno facendo già la prova del Dna, perché pare che sulla scena dell’omicidio abbiano trovato delle sigarette”, prosegue il collega. “Diana blu lunghe”, risponde Verduci. “È tanto, eh….”, dice qualcuno in sottofondo.

Le Diana Blu sono proprio le sigarette fumate da Verduci, le stesse trovate sul luogo dell’omicidio. Luigia Borrelli, prima di essere uccisa, fuma insieme al suo assassino, che lascia nel posacenere tre mozziconi. Su quei mozziconi la polizia trova il Dna di Ignoto 1 e lo ritiene senza margine di errore completamente compatibile con quello di Verduci. La polizia qualche tempo prima ha anche convocato in questura la compagna del carrozziere, circostanza commentata così dal collega: “Lei non può raccontare, a meno che non l’abbiano fatto apposta per vedere se questo qua (Fortunato) si agita”.

In queste telefonate non c’è mai un cenno diretto a Luigia Borrelli. Ma spesso le conversazioni, piene di sottintesi. vanno a finire sulla possibilità di finire in carcere. Un altro collega c’è già stato, e racconta spaccati della vita di un detenuto: “Non devi dire parolacce, fatti i fatti tuoi, devi portare rispetto, non andare in giro senza maglietta… Leggi?”. E ancora: “Puoi studiare”. Verduci fa domande: “C’è la tv in carcere? Si può usare il telefonino”. “Ti facciamo entrare sigarette e capocollo”.

C’è un’altra conversazione, allegata agli atti di indagini, che fa venire i brividi: “Con due omicidi, cosa fanno?”. Non è chiaro, ancora una volta, come vadano prese davvero queste parole e se quell’allusione si riferisca a un secondo delitto o se sia solo una provocazione. L’amico, in ogni caso, risponde così: “Che sia uno o che siano quattro è lo stesso”.

Il gip Alberto Lippini ha respinto la richiesta di arresto nei confronti di Verduci, formulata dalla Procura, riconoscendo i grandi indizi a carico dell’indagato ma sostenendo che, dopo così tanti anni, non è provata l’attualità delle esigenze cautelari di pericolo di fuga e reiterazione del reato. I pm hanno perquisito alcuni giorni fa Verduci e ora hanno impugnato il rigetto al tribunale del Riesame, che dovrà decidere tra una decina di giorni.

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