Prima regola del Villaggio Olimpico: non si parla (male) del Villaggio Olimpico. O almeno questa era la speranza dell’organizzazione parigina. Durante le due settimane olimpiche, invece, le lamentele hanno preso il sopravvento. L’ultima critica arriva da Novak Djokovic: “Volevo andare alla mensa e in palestra ai Giochi Olimpici, c’erano tanti atleti lì, ma è arrivato il momento in cui ho dovuto voltarmi e andarmene”, così il tennista serbo a RTS nella trasmissione The way of the Champions.
“Me ne sono andato”
Il segreto della medaglia d’oro? Sta (anche) nella decisione drastica – ma necessaria – di abbandonare il Villaggio: “A Pechino sono rimasto tutto il tempo nel villaggio, mentre questa volta ho deciso di stare fuori per potermi concentrare sulle sfide future. Tuttavia, ho visitato il villaggio diverse volte e volevo andare alla mensa e in palestra. Mi è sembrato fantastico condividere esperienze con altri concorrenti, ma c’era una saturazione eccessiva“. Insomma, Djokovic aveva bisogno di pace e silenzio.
Il villaggio delle lamentele
A conti fatti, la scelta di Djokovic si è rivelata astuta e vincente, in tutti sensi (considerato l’oro olimpico vinto in finale contro Carlos Alcaraz). Il tennista serbo, però, non è stato il solo (e unico) a criticare l’organizzazione di Saint-Denis, centro del Villaggio Olimpico. C’è chi ha preferito dormire sull’erba all’aria aperta – come Thomas Ceccon – piuttosto che sullo scomodissimo letto di cartone, preso di mira sui social da diversi atleti. E non è finita qui: le lamentele della nazionale britannica per la scarsa qualità del cibo si sono aggiunte alle proteste dei greci per l’assenza di aria condizionata nelle stanze. Il caos e la confusione “denunciata” dal campione serbo, si aggiunge dunque a una lunga lista di cose da non replicare in vista di Los Angeles 2028.