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Gabon, non tutti i golpe vengono per nuocere

Il mio golpe è differente.

Sono appena tornato dal Gabon. E’ grande più o meno come il Nord Italia e con circa due milioni di abitanti (meno di Roma). Per il 90% è coperto da foreste, più di metà del Pil è frutto dell’estrazione del petrolio, seguono manganese e legnami pregiati e altri minerali preziosi. Insomma ha un sacco di risorse ed è considerato un paese africano ricco.

Qui nell’agosto del 2023, dopo anni di governo della famiglia Bongo (una specie di monarchia che ha tenuto in scacco il paese fin dai primi anni Sessanta, sinonimo di frodi elettorali e nepotismo), c’è stato un colpo di stato che ha rovesciato la famiglia Bongo.

Brice Oligui Nguema, 48 anni, ex capo della Guardia Repubblicana e cugino di Ali Bongo (quindi non certo un simbolo dell’opposizione, anzi!) è il generale al comando del “Comitato per la transizione e il ripristino delle istituzioni” e si trova di fronte a una sfida delicata: realizzare il cambiamento che la popolazione si aspetta con un esperimento di “dispotismo illuminato”. A novembre infatti verrà sottoposta a referendum popolare una nuova costituzione e ad agosto 2025 ci saranno libere elezioni. Ma non era un golpe? Già, ma non tutti i golpe vengono per nuocere.

La mattina dopo il putsch, apriti cielo: ecco vedi, dietro ci sono i russi! Ma no, questa è opera dei cinesi! Macché, sono stati i militari francesi! Mai una volta che noi europei si pensi che forse gli africani decidano (nel bene e nel male) da soli.

Ora che è passato un anno sappiamo che l’operazione nella notte del 30 agosto 2023 era stata dettagliatamente orchestrata solo dai protagonisti politici e militari del paese. Dopo il colpo di stato, il Gabon ha drasticamente ridotto i suoi legami con Russia e Cina. Le autorità gabonesi hanno interrotto ogni dialogo con Mosca e sospeso un progetto di apertura di una base cinese a Libreville, precedentemente discusso tra Ali Bongo e Xi Jinping. Oggi il “governo di transizione” è visto dai più come un segnale di una nuova era per l’Africa, con un Gabon che alla fine non ha mai mostrato sentimenti anti-occidentali significativi, a differenza di altri paesi della regione. I prossimi mesi saranno ovviamente cruciali.

Ah, dimenticavo: le “elezioni democratiche” che avrebbero visto eletto Ali Bongo – e che se non ci fosse stato il putsch sarebbero state certificate una volta di più da tutta la comunità internazionale – si erano svolte con Internet staccato, un coprifuoco, i confini chiusi e, come da copione, con l’arresto di decine di osservatori elettorali locali.