Dal ghiacciaio della Mer Del Glace, sul Monte Bianco, che in 174 anni ha perso 300 metri di spessore all’altezza della stazione Montenvers, al ghiacciaio di Flua, sul Monte Rosa, estinto dal 2017. E pensare che nell’800 era grande quanto 112 campi di calcio, mentre oggi è solo un mare di rocce e detriti. A tracciare un bilancio sullo stato dei ghiacciai alpini in Italia e all’estero è la quinta edizione di Carovana dei ghiacciai, la campagna internazionale di Legambiente in collaborazione con Cipria Italia e con la partnership scientifica del Comitato Glaciologico Italiano. Dodici i ghiacciai osservati speciali, 10 in Italia e 2 all’estero. D’altronde entro il 2100, secondo alcuni studi scientifici, con un riscaldamento globale di 2,7°C, l’Europa centrale rischia di perdere il 100% della copertura glaciale. Il primo grido d’allarme arriva proprio dai ghiacciai dell’arco alpino, ormai già da tempo in agonia. Anche i ghiacciai vicini al Flua non se la passano bene. Dagli anni ‘80 il ghiacciaio delle Piode e il Sesia-Vigna (sul ramo orientale) sono arretrati di oltre 600 metri lineari, con una risalita della quota minima frontale di oltre 100 metri. In sofferenza anche quelli della Valpelline, in Valle D’Aosta, che arretrano sempre di più, feriti anche dagli eventi meteo estremi. Dal 1850 la fronte dell’antico ghiacciaio, che comprendeva gli attuali ghiacciai minori, è arretrata di sette chilometri. “Con la quinta edizione di Carovana dei ghiacciai – dichiara Vanda Bonardo, responsabile nazionali Alpi di Legambiente e presidente di Cipra Italia – abbiamo raccontato la fragilità e la sofferenza di montagne e ghiacciai minacciate dalla crisi climatica, ma anche dalle attività antropiche, come l’overtourism, i rifiuti abbandonati in quota o i vecchi impianti chiusi e da smantellare come quello a Pian Dei Fiacconi, sulla Marmolada”.

Lo stato dei ghiacciai – In particolare, preoccupa l’accelerazione che si è registrata dagli anni 2000, con il ghiacciaio delle Grand Murrailes che ha perso 1,3 chilometri di lunghezza dal 2005 e la sua fronte oggi si trova a circa 2900 metri, ben 500 più in alto. Il ghiacciaio di Tza de Tzan ha perso 1,2 chilometri di lunghezza dal 2002 e la sua fronte è ‘risalita’ di 400 metri, attestandosi alla stessa quota del ghiacciaio delle Grand Murrailes. “Impressiona la velocità del ritiro del ghiacciaio di Fellaria” racconta il report. Il terzo ghiacciaio lombardo per estensione ha perso il 46 per cento della sua superficie dal 1850 ad oggi. Questo ha portato alla creazione di un grande lago proglaciale, iniziato a formarsi dopo il 2003 e che ha raggiunto un’estensione di 222mila metri quadri (pari a 30 campi da calcio). E poi ci sono i ghiacciai sotto i 3500 metri “in coma irreversibilecome il ghiacciaio della Marmolada, che registra picchi di perdita di spessore a breve termine di 7 centimetri al giorno. Se 136 anni fa si estendeva per circa 500 ettari ed era grande come 700 campi da calcio, dal 1888 ha registrato una perdita areale superiore all’80% e una perdita volumetrica superiore al 94%. La Marmolada, insieme al ghiacciaio dell’Adamello e dei Forni e ai ghiacciai sotto i 3500 metri, è destinato a scomparire entro il 2040. Il bilancio dà conto anche dei ghiacciai morenti delle Alpi Giulie: i Ghiacciai del Canin (in Friuli Venezia Giulia) e del Triglav (in Slovenia) che si sono ridotti a residui sparsi di neve e ghiaccio. Il primo è passato da una superficie da 9,5 ettari negli anni 50 agli 1,4 ettari di oggi, mentre il secondo da 40 ettari, ossia grande quanto 56 campi da calcio (nel 1946) a circa 0,2 ettari nel 2022, meno di un campo da calcio. Resiste il Ghiacciaio del Montasio che nell’inverno 2023-2024 ha accumulato 8 metri di neve, mentre in Lombardia, il ghiacciaio dei Forni dalla seconda settimana di luglio a inizio agosto, con l’arrivo dell’anticiclone africano, è stato in fusione giorno e notte con un elevato tasso di fusione e con una perdita totale di spessore che nelle aree frontali si avvicina ai due metri.

Gli effetti degli eventi estremi – Crisi climatica, eventi meteo estremi, overtourism, rifiuti abbandonati, ma anche impianti dismessi sono tra le minacce principali per montagna e ghiacciai. In particolare preoccupa l’aumento degli eventi meteo estremi: ben 101 quelli registrati nelle regioni alpine da inizio anno a luglio 2024 dall’Osservatorio Città Clima di Legambiente e che hanno lasciato ferite profonde, ad esempio, sul Monte Rosa (versante piemontese) e la Valpelline, in Valle D’Aosta, colpite a fine giugno da piogge intense. In particolare sulla Valpelline, le piogge intense hanno spaccato in due il sentiero, alterato la morfologia di questa zona portando a valle i detriti della morena e altro materiale lungo la valle, in quantità pari al volume trasportabile da circa 300mila camion movimento terra. “L’aumento delle temperature, il campanello d’allarme dello zero termico in quota, gli eventi meteo estremi in aumento anche nelle regioni alpine, sono segnali che non possono essere trascurati” commenta Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente.

Le altre minacce: dai rifiuti all’overtourism – Tra le altre minacce, preoccupa l’abbandono dei rifiuti in quota. Alcuni dei 400 rifiuti trovati dal team di Carovana dei ghiacciai risalgono alla prima guerra mondiale. Montagne ferite anche da vecchi impianti chiusi e mai smantellati come quello presente sulla Marmolada a Pian dei fiacconi, travolto dalla valanga del 2020. Secondo l’ultimo report Nevediversa, in Italia aumentano il numero delle strutture dismesse che raggiungono quota 260 (erano 249 nel report precedente) di cui 176 sulle Alpi e 84 sulla dorsale appenninica. La montagna sta cambiando volto e profilo, nuovi ecosistemi prendono vita, mentre nevica sempre di meno. E la neve tardiva di questa primavera non è bastata per aiutare i ghiacciai in agonia. Di fronte a questo bilancio, Carovana dei ghiacciai di Legambiente, anche in vista dell’anno internazionale dei ghiacciai, torna a ribadire l’urgenza di una governance europea e internazionale dei ghiacciai e l’applicazione di interventi e politiche urgenti che Legambiente ha riassunto anche nel Manifesto per una governance dei Ghiacciai e delle risorse connesse. In particolare l’associazione lancia cinque proposte, tra cui l’attuazione del piano di adattamento nazionale e di piani a scala locale, un turismo ad alta quota più sostenibile e la definizione di un piano nazionale per lo smantellamento degli impianti ad alta quota chiusi e abbandonati.

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