A Parigi il raduno è fissato alle 14 in place de la République. Domani, su appello delle associazioni femministe, tra cui La Fondation des Femmes e il collettivo #Noustoutes, si svolgeranno in tutta la Francia delle manifestazioni di sostegno a Gisèle Pélicot, la donna che per quasi dieci anni è stata drogata a sua insaputa dal marito e stuprata centinaia di volte da decine di uomini nella sua casa di Mazan (sud), mentre era incosciente e suo marito filmava. Le associazioni ricordano che “il 91% degli stupri avviene in famiglia. Le vittime sono le vostre amiche, mogli, sorelle, madri, nonne. Gli autori sono i vostri amici, mariti, fratelli, padri e nonni”.

Il caso di Gisèle Pélicot sta sollevando un grande slancio di solidarietà. Da quando è iniziato il processo contro il suo (ormai) ex marito, Dominique Pélicot, 72 anni, decine di donne si riuniscono tutti i giorni davanti al tribunale di Avignone. Una colletta online aveva raccolto 30 mila euro per aiutare la donna, che oggi ha 71 anni, a rifarsi una vita dopo il processo e affrontare le spese legali, ma lei li ha rifiutati e la colletta è stata chiusa. Sul banco degli imputati, oltre all’ex marito (che non si è presentato alle ultime udienze perché ricoverato all’ospedale da martedì), compaiono altri 51 uomini, tra i 26 e i 73 anni, che hanno abusato di Gisèle, alcuni più volte, ma negano si trattasse di stupri. In tribunale Gisèle Pélicot ha rilasciato una testimonianza agghiacciante e coraggiosa: “Mi hanno trattata come una bambola di pezza”. Davanti ai giudici ha raccontato la sua vita con l’uomo che è stato suo marito per cinquant’anni: “Avevamo tutto per essere felici”. Ha raccontato di come ha scoperto gli stupri, nel 2020, in commissariato, quando un agente le ha mostrato una foto in cui lei era stesa sul letto, inerte, con uno sconosciuto che le stava addosso: “Avevo solo voglia di sparire”. Esistono 20 mila video che il marito ha girato e conservato nel suo computer. Preparando il processo, lei ha avuto il coraggio di visionare tutto: “Sono stata sacrificata sull’altare del vizio”. Gisèle Pélicot ha raccontato anche di non non aver ha mai sospettato degli stupri. Soffriva di vuoti di memoria e pensava che fosse un inizio di Alzheimer: “Una telefonata avrebbe potuto salvarmi la vita. Nessuno lo ha fatto”. Gisèle Pélicot è stata vittima di “sottomissione chimica”: “È importante parlare di questo flagello. Lo faccio a nome di tutte le donne che lo subiscono”, ha detto davanti ai giudici. Avrebbe potuto avere un processo a porte chiuse, perché la legge francese lo prevede nei casi di violenza sessuale. Invece ha voluto un processo pubblico per incoraggiare le altre donne vittime a denunciare le violenze subite.

In Francia si è parlato di “sottomissione chimica” lo scorso novembre, quando la deputata centrista Sandrine Josso (del Modem) ha denunciato in Parlamento e in tv di essere stata drogata a sua insaputa da un senatore, collega e amico da diversi anni, che le ha versato di nascosto dell’ecstasy nel bicchiere dello champagne per poter abusare di lei. Dopo aver bevuto, la deputata aveva cominciato a non sentirsi bene e presa dal panico se n’era andata. Il giorno dopo le analisi rivelarono che era positiva all’ecstasy. In ospedale i medici le raccontarono che assistevano a decine di casi come il suo ogni anno. L’aggressore, Joël Guerriau (del movimento Horizons), era stato arrestato e indagato. Lo scorso marzo, l’ex premier Gabriel Attal ha affidato a Sandrine Josso una missione d’inchiesta parlamentare per far luce sul problema. Diverse testimonianze di vittime e medici sono state raccolte. Ma con l’inaspettata dissoluzione dell’Assemblea nazionale, ad aprile, i lavori sono stati sospesi, nell’attesa della formazione di un nuovo governo.

Anche la figlia di Gisèle, Caroline Darian, 45 anni, ha testimoniato in tribunale, rendendo omaggio al “coraggio” e alla “dignità” di sua madre. Ha definito suo padre (che, si è saputo ieri, è stato indagato anche per un altro stupro nel 1991, a Parigi, e un tentativo di stupro nel 1999 a Nanterre): “Uno dei principali criminali sessuali degli ultimi 20 anni”. Nel 2022 Caroline Darian aveva pubblicato un libro raccontando il trauma vissuto in famiglia: Et j’ai cessé de t’appeler papa (editore Lattès) e ha fondato l’associazione M’endors pas.

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