Giustizia & Impunità

Processo a “numero chiuso” per Filippo Turetta, solo 40 persone tra cui 20 giornalisti. E ammessa solo la Rai per le riprese

Accesso limitato a 40 persone, di cui 20 giornalisti, al Tribunale di Venezia dove il 23 settembre inizierà il processo a Filippo Turetta per il femminicidio di Giulia Cecchettin. Lo studente, rinviato a giudizio, sarà giudicato dalla Corte d’assise per omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione, crudeltà, efferatezza, sequestro di persona, occultamento di cadavere e stalking. L’imputato ha rinunciato all’udienza preliminare davanti al gup e per questo è stato rinviato direttamente a giudizio. Rischia l’ergastolo. Le udienze si terranno nella cittadella della giustizia di piazzale Roma, e solo la Rai potrà filmare il processo, in quanto servizio pubblico. C

In vista dell’udienza del 23 settembre, il tribunale ha ricevuto molte richieste da parte dei media per poter riprendere il processo, ma l’accesso sarà strettamente regolato: “Come da provvedimento adottato l’11 settembre 2024 dal presidente della Corte d’assise, verrà garantito il numero massimo di venti posti a sedere per giornalisti ed operatori audiovisivi Rai”. Una decisione, riportata dal Corriere della Sera, che ha sollevato critiche, soprattutto da parte dell’Ordine dei giornalisti, che ritiene che l’importanza del processo giustifichi un’ampia copertura mediatica. Come avvenuto per altri processi dal forte richiamo mediatico il segnale potrebbe essere poi girato alle altre testate.

Il presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Bartoli, ha espresso la sua preoccupazione motivata dal fatto che “per l’opinione pubblica il rilievo del processo Turetta è sicuramente superiore a quello rivestito da molti altri casi”. Bartoli ha proposto l’uso di un collegamento remoto per permettere a più persone di seguire il processo e ha suggerito di utilizzare aule più capienti per le udienze successive, come l’aula bunker di Mestre. Per le udienze per cui si discuteva la revisione del processo per la strage di Erba la Corte d’appello di Brescia ha allestito più aule per permettere ai giornalisti – che non erano in aula – di poter lavorare.