“Mio figlio ha seri problemi di salute mentale e da quattro mesi è detenuto in Belgio senza assistenza, è un caso di abbandono terapeutico e ho paura che possa finire male”. Così Marco dà voce alle difficoltà che sta riscontrando da metà maggio per garantire cure adeguate al figlio Andrea. In cura presso i servizi di assistenza socio-sanitaria dal 2017, Andrea ha 26 anni e vive a Genova, da qualche anno soffre gravi problemi psichiatrici e di tossicodipendenza. È stato arrestato il 16 maggio in Belgio e oggi si trova recluso nel carcere di Hasselt, accusato del furto di alcune collanine durante un concerto. Addirittura in Italia, per reati di lieve entità come questi, i tempi della giustizia sono più brevi.
“A maggio avevano parlato di un mese, poi hanno rinviato e alla fine l’udienza è stata il 7 agosto. La nostra avvocata locale è molto distaccata su questo punto – si sfoga Marco – dice che questi sono i tempi della giustizia belga”. La prima udienza com’è andata? “Il nostro avvocato dice che il castello accusatorio è traballante, queste collanine non le hanno neppure ritrovate, c’erano le telecamere ma i video non li hanno scaricati”.
Eppure per il padre la questione non è difendere strenuamente l’ipotesi di innocenza del figlio: “Il messaggio che deve passare è che mio figlio stia male e non può restare così a lungo senza adeguata presa in carico dal punto di vista psichiatrico e farmacologico”. La lettura della sentenza, inizialmente prevista per l’11 settembre, è attesa per lunedì prossimo. Andrea rischia fino a 30 mesi di reclusione, nel carcere dove si trova le sue condizioni psicofisiche sono in continuo peggioramento: “Dopo molta insistenza, sono stato contattato dallo psichiatra della struttura – spiega il padre – ma anziché darmi aggiornamenti sul suo stato di salute, ha chiesto a me quale medicine dargli. È assurdo, i suoi farmaci vanno aggiornati ogni 14 giorni, dopo visite in presenza”.
Alle ripetute denunce del padre si sono unite le firme con le quali 24 eurodeputati hanno sottoscritto una lettera aperta indirizzata alle autorità belghe e italiane e al belga Koen Lenaerts, commissario europeo per la Giustizia, i diritti fondamentali e la cittadinanza. Nella lettera, firmata tra gli altri da Mimmo Lucano, Ilaria Salis, Benedetta Scuderi, Cecilia Strada, Brando Benifei, Marco Tarquinio, Sandro Ruotolo e Pasquale Tridico, viene ribadita l’urgenza di garantire il rispetto dei diritti umani sanciti dalle convenzioni europee e internazionali: “Andrea ha il diritto di essere sottoposto alle visite e alle cure necessarie ad un malato psichiatrico, l’interruzione delle cure da mesi ha portato Andrea in una condizione di grave peggioramento, in uno stato depressivo che non gli consente di provvedere adeguatamente a sé stesso nello stato di detenuto in cui si trova in attesa di giudizio”.
Nei mesi scorsi, la richiesta di uscita su cauzione è stata rifiutata e Andrea non viene seguito adeguatamente dal personale medico-psichiatrico, i parlamentari denunciano come “l’assenza di una strategia terapeutica per la cura di un detenuto affetto da disturbi mentali possa costituire un abbandono terapeutico, contrario all’articolo 3 della Convenzione Europea sui diritti umani”. In tal senso si era già pronunciata la Cedu sul caso di un detenuto quasi sovrapponibile a quello del giovane genovese.
La detenzione, che doveva essere temporanea, si è protratta oltre ogni aspettativa: “Avevamo trovato una persona disponibile per ospitarlo per i domiciliari, ma non gli hanno concesso neppure quelli”. A parziale giustificazione della sorprendente lentezza del sistema giudiziario belga, Marco aveva ipotizzato ci potesse essere qualche altro capo di accusa sul quale stessero ancora indagando: “Ma niente, sostengono si tratti di una tempistica standard”. Nel carcere di Hasselt si condivide la cella con un altro detenuto; sia dal punto di vista del sovraffollamento e che da quello della presa in carico non è affatto detto che in Italia gli vada meglio: “Certo sono consapevole che in caso di condanna non finirebbe in hotel di lusso, ma almeno qui possiamo vederlo e soprattutto può proseguire il suo piano terapeutico con i dottori che lo conoscono”.
L’assenza di una strategia terapeutica in carcere ha già mostrato gravi conseguenze: “Ho paura possa compiere atti di autolesionismo, durante una drammatica telefonata dal carcere ha minacciato più volte il suicidio, urlando. Dopo quell’episodio sono andati a trovarlo due funzionari dell’ambasciata, mi hanno riferito di aver trovato un ragazzo educato e tranquillo. Ma cosa c’entra? Molti hanno ancora l’idea che i malati psichiatrici debbano avere la bava alla bocca e lo sguardo pietrificato nel vuoto”.
Se sarà condannato, il padre di Andrea spiega che non farà appello, in modo che una volta scontato un terzo della pena (come prevede la legge Belga) possa essere liberato con la condizionale. “Il punto non è se mio figlio sia colpevole o innocente, ma chiarire che persone nella sua condizione non possano stare in carcere senza essere adeguatamente seguiti”, ribadisce Marco, sperando che le autorità comprendano l’urgenza di garantire ad Andrea il diritto alla salute come previsto dai trattati internazionali e possa essere rimpatriato in Italia per proseguire le cure di cui necessita.