Era stata portata d’urgenza al pronto soccorso per un dolore al basso ventre e così una bambina di 8 anni è stata ricoverata all’Ospedale Vito Fazzi, nel leccese. Durante la visita, però, i medici hanno scoperto che il malessere della piccola non fosse causato da una caduta in casa, come riportato dal padre, ma da una pratica tribale vietata in Italia: l’infibulazione. La Procura per i minori di Lecce ha subito aperto un fascicolo e ha iscritto nella lista degli indagati il padre e la madre della bambina, originari del Mali e genitori di altri due minori. Nelle prossime ore saranno interrogati dagli inquirenti. In attesa dell’esito delle indagini, la piccola resterà in ospedale e sarà assistita dal personale sanitario.
Secondo una prima ricostruzione, la bambina ha accusato un’emorragia interna dopo essere stata sottoposta alla pratica della mutilazione genitale. Il caso emerso nelle scorse ore a seguito del miglioramento delle condizioni della piccola, è stato riportato da Quotidiano Pugliese. Il ricovero infatti è avvenuto diversi giorni fa – scrive il quotidiano – ma i dolori lamentati dalla bambina, uniti agli accertamenti clinici effettuati al “Fazzi” hanno fatto insospettire i medici dell’ospedale che hanno subito allertato i carabinieri del comando provinciale di Lecce.
La pratica – L’infibulazione ha origini tribali molto antiche: è una pratica che, seppur vietata in Europa, ancora oggi è diffusa in gran parte del continente africano e in diversi paesi asiatici. La ragione principale ad essa legata, riguarda la preservazione della verginità della donna fino al matrimonio. Va sottolineato che l’infibulazione è un tipo specifico di circoncisione femminile che coinvolge la rimozione del prepuzio clitorideo seguita dalla sutura dell’apertura vaginale. I rapporti sessuali vengono così resi impossibili fino alla defibulazione (cioè all’apertura della vulva), che in alcune culture viene eseguita dallo sposo stesso prima del consumo del matrimonio.
I datiL’Organizzazione mondiale della Sanità stima che sono più di 200 milioni le donne che hanno subito mutilazioni genitali nei paesi in cui si concentra la pratica, e sono a rischio di mutilazione circa 3 milioni di ragazze ogni anno, la maggior parte delle quali prima dei 15 anni. Secondo quanto riportato sul sito del Ministero della Salute, in base alla Legge 9 gennaio 2006, n. 7 – Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazioni genitali femminile, in Italia chiunque pratichi l’infibulazione è punito con la reclusione da 4 a 12 anni, pena aumentata di 1/3 se la mutilazione viene compiuta su una minorenne, nonché in tutti i casi in cui viene eseguita per fini di lucro. Il Ministero ha inoltre evidenziato un abbassamento dell’età delle bambine sia per occultare con più facilità la pratica, sia per vincere eventuali resistenze delle vittime.
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La Redazione
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