Sei anni di reclusione più pene accessorie: è questa la richiesta di condanna per il vicepremier Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio per avere trattenuto a bordo della nave Open Arms 147 migranti nell’estate del 2019. La procura di Palermo, rappresentata oggi dalla procuratrice aggiunta Marzia Sabella e dai pm Calogero Ferrara e Giorgia Righi, ha chiesto la condanna del ministro perché aveva “l’obbligo di rilasciare il pos (Place of Safety, ovvero dell’indicazione del porto sicuro, ndr), senza indugio, non un’ora dopo rispetto al momento della richiesta”, ha sottolineato Sabella. Salvini, secondo la procura, ha agito “nell’intenzionale e consapevole spregio delle regole”, negando l’indicazione del porto sicuro: “Diniego consapevole e volontario che ha leso la libertà di persone per nessuna ragione apprezzabile”. Sabella ha poi concluso sottolineando che la richiesta di condanna che “ci accingiamo a chiedere è a nome di ognuna delle persone a bordo di Open Arms e per difendere i confini del diritto”.

Una conclusione di forte impatto dopo più di sette ore di requisitoria. La procura di Palermo ha formalizzato le accuse nei confronti del vice premier e ministro delle Infrastrutture ripercorrendo punto per punto i fatti, il diritto internazionale e tutti i momenti chiave del dibattimento. Un’udienza fiume che non ha lasciato fuori nessun elemento dibattuto nei tre lunghi anni di processo ma anche nelle fasi preliminari di giudizio che hanno preceduto il processo arrivato adesso, dopo tre anni, alle battute finali. Nel giorno dell’accusa, era attesa la protesta dei deputati della Lega in favore del leader del Carroccio: nessuno si è invece presentato e anche Salvini ha disertato l’udienza, una delle pochissime alle quali non è stato presente, rendendolo noto in una nota il pomeriggio del giorno precedente.

“Non è un processo politico, sono contestati fatti amministrativi ovvero non avere concesso lo sbarco, sospendendo illegittimamente così le libertà personali dei migranti, diritti prioritari secondo il diritto internazionale. Il principio chiave e fondamentale prima di ogni altro è il principio che nel momento in cui c’è una persona in pericolo in mare richiede un obbligo di soccorso”, è questo il cuore dell’intervento del pm Geri Ferrara.

Iniziato nel settembre del 2021, al processo si sono alternati sul banco dei testimoni ex ministri come Enzo Moavero Milanesi, Luciana Lamorgese, Elisabetta Trenta, Danilo Toninelli, l’ex presidente del consiglio Giuseppe Conte, l’attuale ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e lo stesso Salvini che ha reso dichiarazioni spontanee.

I fatti, ripercorsi con rigore dalla pm Righi nella requisitoria, riguardano il salvataggio dei migranti in mare da parte della nave Open Arms nell’estate del 2019. Dopo tre salvataggi la nave battente bandiera spagnola aveva a bordo 147 migranti. Il leader del Carroccio, all’epoca dei fatti ministro dell’Interno (Piantedosi era capogabinetto) firmò un decreto di divieto di ingresso in acque italiane alla nave spagnola che restò al largo di Lampedusa per venti giorni dall’1 al 20 agosto: il vice premier non concesse il Pos anche dopo la sentenza del 14 agosto del Tar del Lazio che aveva annullato il decreto di divieto d’ingresso in acque italiane. La situazione fu sbloccata dall’allora capo della procura di Agrigento, Luigi Patronaggio, che dopo essere salito a bordo della nave (ci salì anche Richard Gere) ordinò il sequestro dell’imbarcazione, di fatto permettendo l’ingresso nelle acque italiane.

“Era una linea condivisa da tutto il governo”, ha detto Salvini durante il suo intervento al processo, affermazioni non condivise dai rappresentanti del primo governo Conte chiamati a testimoniare: “Non ho mai detto né sostenuto, internamente o pubblicamente che senza la redistribuzione dei migranti non si potesse concedere il Pos, che era una responsabilità amministrativa del ministero degli Interni”, ha detto invece Conte durante la sua deposizione. Nei tre anni di dibattimento è stato dato spazio anche al racconto delle condizioni dei migranti a bordo. Rosalba Buglio, tutrice di un ragazzo che era sulla nave, e lo psicologo dell’Asp Sebastiano Vinci, entrambi sentiti come testi, hanno raccontato di bastonate sui piedi e alla schiena con pali di ferro e di legno, elettrodi attaccati al corpo per le scariche elettriche, unghie strappate via.

Nella requisitoria della procura, il pm Ferrara ha passato in rassegna tutta la normativa internazionale che riguarda il salvataggio in mare, affrontando punto per punto tutte le argomentazioni della linea difensiva di Bongiorno: “La linea politica, più volta richiamata in questo dibattimento, secondo la quale il primo governo Conte puntava alla sensibilizzazione degli stati europei per una maggiore ridistribuzione dei migranti sbarcata in Italia non può legittimare la sospensione dei diritti fondamentali dell’uomo come la libertà personale. Quei diritti prevalgono su tutto”.

Secondo il diritto internazionale, per come ripercorso da Ferrara, perfino “in presenza di un evento di soccorso in mare anche i criminali o i terroristi, presunti o reali, non possono essere lasciati in mare. Anche loro devono essere salvati”. Mentre né la Libia, né la Tunisia possono essere considerati porti sicuri: “Né si può considerare lo Stato di bandiera come quello deputato allo sbarco, oppure dobbiamo pensare che se fosse stata di bandiera neozelandese avrebbe dovuto navigare fino all’Oceano Pacifico”. Il soccorso in mare “termina con lo sbarco sulla terraferma: l’unico posto sicuro”, ha continuato il pm.

“Salvare i confini dai clandestini non è reato”, ha detto il vice premier, assente in udienza. “Avevate informazioni specifiche di terroristi a bordo della Open Arms?”, aveva però chiesto la procuratrice Sabella durante il processo: “No” era stata la risposta secca del ministro. E anche il presidente del tribunale Roberto Murgia, durante il dibattimento aveva chiesto al vice premier leghista: “Vi erano motivi di dubitare che i migranti fossero stati soccorsi in mare perché in condizioni di difficolta?”. “No” è stata la risposta del vice premier anche in questo caso.

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