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“Soffro di autismo ad alto funzionamento. Sono uno di quelli che quando apre il menù del ristorante ha una crisi di panico”: la confessione di Benjamin Mascolo

Il cantante ha voluto condividere un aspetto intimo della sua vita

Nemmeno il tempo di festeggiare il sold out all’Unipol Forum di Assago (Milano) del 16 novembre con il ritrovato amico e collega Federico Rossi, che Benjamin Mascolo ha voluto condividere con i suoi follower un aspetto molto intimo della sua vita personale. Con un foto che lo ritrae da piccolino e un lungo post, il cantante spiega cosa ha fatto questa estate e perché è stato un po’ assente. “Non voglio che il mondo mi veda, perché non penso che capirebbero. Questo è il ritornello della mia canzone preferita, Iris. È tutta la vita che mi chiedo se sono se sono danneggiato dentro, se sono speciale, o se sono come tutti gli altri e mi faccio solo qualche domanda di troppo”, è l’incipit del post.

E ancora: “In questi anni ho seguito un percorso di terapia, io che non mi sono mai fidato fino in fondo degli adulti, io che non ho mai creduto fino in fondo nelle istituzioni e nei loro rappresentanti, che fossero professori, poliziotti o dottori. Ci sono arrivato per sfinimento, perché mi ero fatto così tanto male che non aveva più senso provare ad automedicarsi da solo, che fosse con sostanze stupefacenti o con maratone e diete salutari. E così ho deciso di fidarmi, fare ore di macchina ad Agosto con mia moglie (santa donna) al posto di andare in vacanza, per raggiungere un ospedale dall’altra parte d’Italia, fare test su test, far intervistare i miei genitori sulla mia infanzia da un grandissimo psichiatra. Autismo ad alto funzionamento. Questa è la diagnosi, la risposta della scienza moderna nel 2024″.

Poi è entrato nel dettaglio: “Non sono un autistico super intelligente che guarda New York da un elicottero in volo e riesce a disegnarla a memoria. Sono uno di quelli che quando apre il menù del ristorante ha una crisi di panico esistenziale perché c’è troppo scelta, uno di quelli che tutti i suoi vestiti devono essere dello stesso brand, tutti dello stesso colore, tutti stesso modello, impacchettati in buste di plastica rigida trasparente e impilati in un armadio. E va bene così. Il dottor Rosso dice che nella diagnosi c’è già un piccolo effetto curativo, e io ci credo. Sono sempre io, con una consapevolezza in più: non sono più solo”.