Nei giorni scorsi, alla Camera, c’è stata una prova concreta di ‘campo largo’, contro il governo Meloni. Sulle droghe leggere. Riccardo Magi, segretario di +Europa, con Matteo Mauri (PD) e Andrea Quartini (M5S), hanno attaccato in Aula l’attuale legge sulla cannabis light, definendola “ciecamente ideologica”. Gli antiproibizionisti abbinano il sì all’uso personale dell’erba, alle preoccupazioni per l’impatto negativo sulle aziende produttrici di canapa e la perdita di posti di lavoro. Sponsorizzati dalle associazioni di categoria dei produttori e da Confagricoltura, puntano ad eliminare la norma del ddl sicurezza del governo che impone restrizioni a produzione e vendita della canapa.

Magi ha descritto l’azione di Palazzo Chigi come effetto di una strategia di cui è regista il sottosegretario Alfredo Mantovano, uomo forte di Giorgia Meloni, accusato di condurre una “guerra santa” contro l’industria della cannabis light (il potente Segretario del Consiglio dei ministri, autorità per la sicurezza della Repubblica, oltre alla delega alla cybersicurezza ha anche quella delle politiche antidroga). Mentre altri paesi come Spagna e Germania hanno allentato le restrizioni su produzione e consumo di cannabis per combattere la criminalità e ampliare le libertà personali, l’Italia della destra meloniana usa il pugno duro, in coerenza con la volontà di negare diritti e libertà.

A dar man forte al partito pro droghe leggere, quindi contro Mantovano e Meloni, ci hanno pensato i giudici amministrativi. Il Tar del Lazio ha sospeso il decreto del ministero della Salute dello scorso giugno che ha inserito le composizioni orali contenenti ‘cannabidiolo’ (Cbd) nella tabella delle sostanze stupefacenti o psicotrope. Con una sentenza appena pubblicata, i magistrati del Tar laziale hanno accolto il ricorso dell’Ici (Imprenditori Canapa Italia) fissando un’udienza di merito il prossimo 16 dicembre. Il ddl del Ministro Schillaci della Salute ha in sostanza vietato la vendita di cannabis nei negozi, erboristerie e tabaccai, consentendo la commercializzazione solo nelle farmacie con ricetta medica non ripetibile. Cosa significa? Semplice: tasso di caoticità altissimo. Numerose le dispute legali. E anche le sentenze, soprattutto la decisione della Corte di Cassazione che ha chiarito come non sia possibile promuovere l’uso ricreativo (il Tar del Lazio dice l’esatto opposto).

In una tipica situazione all’italiana di confusione legislativa e giudiziaria (come e peggio delle licenze balneari) i negozi che vendono cannabis lo fanno grazie a un’interpretazione ‘estensiva’ della legge 242 del 2016, la coltivazione per fini industriali. Si autorizza cioè l’uso della canapa industriale (con un contenuto di THC inferiore allo 0,2%) per la produzione di tessuti, alimenti, cosmetici, resine, olii, cristalli e altri prodotti, ma non si menziona l’uso personale o ricreativo delle droghe leggere. In pratica, da quel momento il mercato è esploso.

I negozi specializzati nella vendita di gadget mascherati da derivati dalla canapa a basso contenuto di THC sono oltre 2.000. Il settore coinvolge circa 11.000 persone, distribuite tra coltivatori, trasformatori e venditori. Dal punto di vista economico, il fatturato totale si aggira intorno al mezzo miliardo di euro, secondo stime conservative. Numeri che riflettono un notevole aumento rispetto agli anni precedenti, con 800 imprese agricole impegnate nella coltivazione e 1.500 aziende che operano nella trasformazione, vendita e marketing (molto attivo l’online, dove il contenuto di THC è di molto superiore).

Antonio Bolognese, per quattro decenni chirurgo oncologo, professore emerito alla Sapienza e responsabile scientifico di una Commissione sugli stupefacenti dell’Ordine dei Medici di Roma, con Alessandro Vento, psichiatra e presidente dell’Associazione Ets Osservatorio sulle Dipendenze (finanziato dalla Fondazione Roma) sono in prima linea per sostenere la pericolosità delle droghe, a cominciare dalla cannabis. Secondo i dati più recenti diffusi dal Ministero della Salute – spiegano Bolognese e Vento – in Italia quasi 130mila persone fanno uso di sostanze. Fa impressione che in questo segmento della popolazione oltre il 70% dei minorenni finiscono per essere assistiti nei SerD (Servizi delle ASL per le dipendenze) proprio per l’assunzione di droghe. Il che grava su un sistema sanitario già al collasso.

Impegnati come medici, Bolognese e Vento condividono al 100% l’azione antidroga del Sottosegretario Mantovano. Per loro però, non è una ‘crociata ideologica’ (l’accusa dei radicali di +Europa). La Commissione sugli stupefacenti dell’Ordine dei Medici di Roma lavora pensando alla salute mentale delle future generazioni, non al business, né alla politica. Nella lunga lista delle negatività stilata dalla Commissione, che sta già allargando la sua azione agli Ordini dei Medici di altre Regioni, i punti principali sono:

1) chi ha usato cannabis durante l’adolescenza può perdere fino a 8 punti di quoziente intellettivo (QI) in età avanzata (38 anni) rispetto a chi non l’ha usata.

2) provoca un aumento del rischio di fare il passo successivo verso l’uso di eroina e cocaina: oltre il 90% dei tossicodipendenti da eroina ha cominciato con la cannabis.

3) la grande maggioranza di incidenti stradali mortali, dovuti a guida sotto l’effetto di sostanze, è dovuta proprio alla cannabis, oltre che all’alcol.

Bolognese non è proibizionista, ma spiega: “Ho la certezza che la prevenzione primaria precoce realizzata nelle scuole e centri sportivi rappresenti l’unica possibilità reale per evitare che i giovani comincino a fare uso di sostanze stupefacenti, divenendo spesso soggetti psicotici con le conseguenze che ne derivano per loro, le loro famiglie e il tessuto sociale che li circonda”.

Un bel dilemma, quindi: libertà personali, salvaguardia della salute mentale delle future generazioni e l’esigenza di non distruggere posti di lavoro. La domanda è: i danni alla salute valgono meno dei danni economici? Uno studio sui costi diretti e indiretti, per lo Stato e la società, oggi non esiste. Nel frattempo, ha ben altri dossier che scottano sulla sua scrivania a Palazzo Chigi, Giorgia Meloni, ma come farà a conciliare le giuste esigenze di una prevenzione precoce affinché ai ragazzi non vada in pappa il cervello, con la tutela di migliaia di persone che rischiano di perdere soldi e lavoro?

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