VENEZIA – Sono trascorsi undici anni da quando venne scoperto il colossale inquinamento della falda del Veneto causato dallo sversamento di sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) utilizzate nello stabilimento Miteni di Trissino, in provincia di Vicenza. La bonifica dei terreni e delle acque è però ancora di là da venire e costerà almeno 180 milioni di euro. L’annuncio è stato dato dal procuratore della Repubblica di Vicenza, Lino Giorgio Bruno, durante un’audizione davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su altri illeciti ambientali e agroalimentari.

Il magistrato ha compiuto una ricostruzione delle inchieste penali e delle attività di messa in sicurezza operativa dell’impianto industriale. È stato archiviato (tra le proteste dei sindacati) il filone che riguarda i danni causati dai Pfas ai lavoratori della Miteni, su richiesta della Procura, per l’impossibilità di provare una correlazione tra le malattie e utilizzo delle sostanze chimiche. È invece ancora in corso il processo in Corte d’Assise per disastro ambientale a carico di una dozzina di manager che si sono succeduti, sotto diverse proprietà, nella gestione dell’azienda. La conclusione è prevista nella primavera 2025.

Il procuratore ha spiegato che il calcolo dei danni e dei costi per le bonifiche (“con ampio beneficio d’inventario”) è stato predisposto dalla Provincia di Vicenza, che ha già individuato (a prescindere dall’esito del processo) le responsabilità di quattro gruppi, chiamandoli in causa per l’avvio delle operazioni di ripristino ambientale. Si tratta di Manifatture Lane Gaetano Marzotto (proprietaria di Rimar, l’azienda da cui poi nacque Miteni), Mitsubishi Corporation, Eni Rewind e la multinazionale Icig (che acquistò lo stabilimento dai giapponesi nel 2009). Contro i provvedimenti il Tar del Veneto ha già dato ragione alla Provincia – ha ricordato il procuratore – per quanto riguarda Icig e Mitsubishi (che hanno presentato ricorso in Consiglio di Stato), mentre mancano le decisioni che riguardano Eni e Marzotto.

Le bonifiche ancora non sono state avviate. “Siamo nella fase preliminare di messa in sicurezza operativa – ha spiegato Bruno – che consiste nell’installazione di barriere di marginamento delle acque sotterranee, la depurazione dell’acqua riversata nel torrente Poscola e la creazione di una barriera fisica, che sarà completata nel primo semestre del 2025”. I Pfas sono finiti nel terreno, nei corsi d’acqua e nella falda, in un arco di alcuni decenni. Per questo l’inquinamento è così vasto (ha interessato un territorio abitato da 350mila persone anche nelle province di Verona e Padova) e si vuole impedire che i residui continuino a contaminare le acque. La barriera fisica (ultimata solo al 50%), ad esempio, è costituita da palancole piantate a una profondità variabile tra i 7 e i 21 metri, per una lunghezza di 578 metri.

Siamo soltanto in una fase preliminare di messa in sicurezza, che ha consentito lo smontaggio e la demolizione degli impianti, venduti dopo il fallimento dell’ultimo proprietario di Miteni e finiti in India. Il percorso sarà lungo ed è stato discusso in alcuni incontri a cui hanno partecipato solo in parte i rappresentanti delle società chiamate in causa. “Le indagini ambientali e i primi interventi precedono la vera e propria bonifica dell’area – ha aggiunto il procuratore – Entro settembre dovrebbe essere completata l’analisi del rischio, che sarà poi esaminata dalla Conferenza dei servizi. Entro sei mesi dall’approvazione dell’analisi dovrà essere redatto il progetto di bonifica”.

In questa partita, coordinata dalla Prefettura di Vicenza, avevano accettato di essere coinvolti Icig ed Eni. Ora sembrano intenzionati a farlo anche Mitsubishi e il Gruppo Marzotto (quest’ultimo non ha imputati nel processo per disastro ambientale). “È una novità importante – ha concluso il procuratore Bruno – finora avevano rifiutato di partecipare. È stato aperto un tavolo tecnico per definire le modalità e le percentuali di partecipazione alle bonifiche”. L’audizione in Parlamento ha avuto come protagonista anche Loris Toniato, direttore generale di Arpav, l’agenzia della Regione Veneto per l’ambiente, che ha illustrato gli interventi in corso per la messa in sicurezza operativa.

L’entità del costo di bonifica annunciato ha suscitato le reazioni di esponenti dell’opposizione in consiglio regionale. “La cifra fa tremare i polsi. In attesa della precisa quantificazione, parliamo di una spesa di dimensioni pesanti, con una preoccupazione inevitabile: davvero saranno i diretti responsabili delle contaminazioni da Pfas a pagare?”, hanno dichiarato i consiglieri regionali del Pd, Anna Maria Bigon, Chiara Luisetto e Andrea Zanoni. Che hanno tirato in ballo la Regione Veneto. “C’è da chiedersi se si stia ponendo il problema di una bonifica che, dati i costi oppure con i diretti responsabili latitanti, potrebbe rimanere in sospeso. L’irresponsabile disinteresse della stessa Regione, che aveva conoscenza di quanto stava accadendo, ha prodotto a cascata questa situazione, a forte rischio di boomerang, non solo già dal punto di vista sanitario, ma anche finanziario”.

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