L’ex ministro della cultura, Gennaro Sangiuliano, ha lasciato a tutti noi una pesante eredità: il prestito di un’opera d’arte di inestimabile valore all’Expo di Osaka, in Giappone, nel 2025. Si tratta dell’Atlante della collezione Farnese, solitamente visibile nel Salone della Meridiana del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, una scultura alta quasi due metri, di fattura romana (risalente al II secolo dopo Cristo) derivata e rielaborata da modelli figurativi di età tardo ellenistica, quindi greca.
La scultura riproduce il Titano Atlante curvo e inginocchiato, mentre sembra soccombere sotto il peso del globo che lo sovrasta e che, con non poche difficoltà, tenta di sorreggere sulle sue spalle, aiutandosi con entrambe le mani. Nella scheda dell’opera, rintracciabile tra i sussidi del museo partenopeo, si legge che “la mancanza di repliche esatte, ma anche di un modello originale (si ipotizza un’esemplare bronzeo di età ellenistica – II sec. a.C.), rende più complesso valutare l’opera, che in tal modo si connota, sotto diversi aspetti, come un unicum“. Insomma l’Atlante Farnese è una di quelle opere che attira l’attenzione, che genera subito stupore e ammirazione, ti strappa una foto con lo smartphone e poi ti resta nella mente. Una di quelle opere che, se sei un visitatore minimamente preparato, la vai a cercare una volta varcata la soglia del Museo Archeologico, e che invece l’anno prossimo sarà portata a 10mila chilometri di distanza da aprile a ottobre 2025, un po’ come accaduto l’anno scorso con la trasferta a Shanghai di un altro “pezzo da 90” del museo archeologico partenopeo: la Venere callipigia. Partita alla volta della Cina a dicembre 2022, doveva tornare ad aprile 2023, ma ad agosto dell’anno scorso ancora non era rientrata a Napoli.
Quello dei prestiti dei capolavori – o comunque degli unicum – delle collezioni museali italiane è un vecchio problema e infatti nel 2007, in seguito alla generale indignazione per la trasferta dell’Annunciazione di Leonardo da Vinci in Giappone (sempre lì!), fu creata a livello ministeriale una commissione prestiti (con solo valore consultivo) e si vennero via via a creare le liste dei capolavori imprestabili di ogni museo. Uno strumento che ha sempre funzionato poco tant’è, per esempio, che nel 2019 l’allora ministro Dario Franceschini avallò il prestito in Francia dell’Uomo vitruviano, il famoso e delicatissimo disegno di Leonardo. Ecco perché la politica può essere altamente tossica per il patrimonio culturale italiano.
Comunque sia, due anni fa circa il ministero della Cultura emanò una circolare in cui i responsabili delle collezioni erano chiamati a vigilare più sullo stato di conservazione delle opere, che sulla loro unicità. E siccome al Museo Archeologico di Napoli sono considerati inamovibili solo il gruppo scultoreo del Toro e l’Ercole, sempre della collezione Farnese, l’Atlante può andare tranquillamente “in missione” a Osaka, anche perché la scultura è in ottime condizioni e poi – diciamola tutta – per oltre la metà dell’opera si tratta di una integrazione cinquecentesca, cosa che in effetti pochi sanno. Quindi, dov’è il problema?
La questione semmai è un’altra (ma chi avrà voglia di affrontarla seriamente?). Buon senso e serietà scientifica vorrebbero che a ogni prestito di opere così importanti corrispondessero arricchimenti reciproci in termini di confronto, di ricerca, di contesto culturale e un necessario progetto scientifico. A parte qualche raro caso (come i Bronzi di Riace che nel 2009 dovevano esser trasportati alla Maddalena per il G8, oppure i Corridori di Ercolano lo scorso anno alla Milano Fashion Week) l’archeologia non era quasi mai stata asservita a un evento, ma diventava fonte di potenziamento e originalità dell’evento stesso.
Ora, nel caso dell’Expo di Osaka, si tratterà di vedere se esiste un legame concettuale tra l’Atlante e il resto. Di certo la politica quando “scopre” un unicum con le caratteristiche di un’icona, si ingegna per sfruttarla a dovere. D’altronde nelle prime righe della lettera di commiato da ministro, Sangiuliano ha scritto: “Sono fiero dei risultati raggiunti sulle politiche culturali in questi quasi due anni di governo. A partire dall’aver […] incrementato in appena un anno il numero dei visitatori dei musei (più 22 per cento) e gli incassi degli stessi (più 33 per cento)”. Ecco, alla politica importa principalmente questo, aumentare i visitatori nei musei e incrementare gli incassi. Il resto, evidentemente, può attendere.