Cinque anni di condanna per il segretario generale della Cisal Francesco Cavallaro, quattro anni e mezzo per il patron della Salernitana Danilo Iervolino, quattro anni per Mario Rosario Miele, e assoluzione per l’avvocato Francesco Fimmanò (gli ultimi due collaboratori di Iervolino), per il quale si ipotizza una derubricazione in traffico di influenze illecite, e una pena di quattro mesi. Sono queste le richieste di condanna e di proscioglimento pronunciate dal pm di Napoli Henry John Woodcock al termine della requisitoria del processo sulle accuse di corruzione al ministero del Lavoro per i quattro imputati che hanno chiesto il rito abbreviato. Il giudice per l’udienza preliminare deciderà a fine ottobre.
La vicenda al centro del processo è quella esplosa sui giornali nell’ottobre nell’anno scorso, quando venne resa pubblica una richiesta di rinvio a giudizio e si scoprì dell’esistenza di due richieste di arresto, entrambe rigettate. Fatti non freschissimi, risalenti al 2019, che ruotano intorno al contratto di assunzione in Unipegaso – all’epoca appartenente all’impero imprenditoriale di Iervolino – di Antonio Rossi, il figlio del segretario generale del ministero del Lavoro Concetta Ferrari, altri due indagati di questo fascicolo.
Quel contratto risale al marzo di quell’anno. Il docente avrebbe lavorato lì per circa tre anni, percependo circa 68.000 euro. La somma è stata sequestrata dalla Guardia di Finanza. L’assunzione è coincisa nel periodo in cui Cavallaro chiese e ottenne il parere favorevole, già negato dal ministero l’anno prima, alla divisione del patronato Encal-Inpal in Encal-Cisal e Inpal conservandone però i vantaggi economici e patrimoniali. Una scissione “parziale” dei due patronati che avrebbe consentito ad entrambi di a ricevere sovvenzioni pubbliche, mantenendo i locali e i patrimoni. Benefici “persi” nel caso la scissione” fosse stata “totale”, secondo le ipotesi degli inquirenti.
Nel fascicolo si elencano numerosi favori elargiti da Cavallaro, da solo o attraverso i suoi agganci in Unipegaso, per raggiungere i propri desiderata. L’inchiesta è stata ancorata a Napoli perché lì fu presa la firma dell’assunzione di Rossi in Unipegaso, ma sul processo pesa l’inutilizzabilità delle intercettazioni provenienti da Catanzaro (procuratore dell’epoca Nicola Gratteri, oggi capo dell’ufficio di Napoli), da un’altra inchiesta che toccò il segretario Cisal e che riguardava vicende di criminalità organizzata calabrese. Inutilizzabilità sancita da una decisione della Cassazione a sezioni unite, che ha tenuto fermo il processo per un po’.
PRECISAZIONE –
Nell’articolo apparso oggi sulla vostra testata “Chiesta la condanna a 4 anni e mezzo per il patron della Salernitana Danilo Iervolino per concorso in corruzione”, si legge “l’inchiesta è stata ancorata a Napoli perché lì fu presa la firma dell’assunzione di Rossi in Unipegaso, ma sul processo pesa l’inutilizzabilità delle intercettazioni provenienti da Catanzaro (procuratore dell’epoca Nicola Gratteri, oggi capo dell’ufficio di Napoli), da un’altra inchiesta che toccò il segretario Cisal e che riguardava vicende di criminalità organizzata calabrese.”, mentre, si precisa che al contrario, la procura di Catanzaro, dopo quasi cinque anni di intercettazioni, nulla ha trovato a mio carico al riguardo.
Francesco Cavallaro
Risponde l’autore –
Prendiamo atto della precisazione del sig. Cavallaro, ma evidenziamo che nell’articolo non è scritto che Cavallaro avesse rapporti con la criminalità organizzata calabrese. Nel passaggio in questione, abbiamo solo spiegato, tecnicamente, il perché dell’esistenza di sue intercettazioni disposte dalla Dda di Catanzaro nell’ambito del procedimento penale numero 3237/17, modello 21, e poi trasferite a Napoli, per competenza territoriale e relative ad altre ipotesi di reato della pubblica amministrazione.
V.I.