di Alessio Andreoli
Continuando a vedere l’assoluta mancanza di manutenzione di strade e ponti, ciclabili e pedonali, mi chiedo perché si continui a voler fare nuove infrastrutture quando quelle esistenti sono praticamente abbandonate. Ci sono ponti in riparazione da anni e non si sa quando saranno riaperti. Le strade piene di buchi, i cigli dei fossi con l’erba talmente alta che in curva non si vede chi proviene in senso contrario col rischio di fare un incidente o investire un ciclista o un pedone che si trova a transitare sul ciglio stesso.
Molte pedonabili e ciclabili sono infestate dalle erbacce o con la pavimentazione sconnessa. Sarà che ho una cultura tecnica e mi chiedo: ma quando si fa un progetto di un’opera ci si chiede, oltre al costo di realizzazione, quali saranno le spese della corrente e indispensabile manutenzione? Ci si domanda se il bilancio dell’ente che prenderà in carico l’opera ha le entrate per queste spese che nel tempo spesso superano il costo dell’opera stessa? E’ come se comprassi una lavastoviglie di grosse dimensioni, di quelle industriali, e poi scopro che non ho le entrate per comprare il detersivo e la faccio andare con solo acqua: è ovvio che prima o dopo si intaserà tutto e andrà in malora.
Questo degrado delle infrastrutture è, a mio parere, più evidente all’incirca da una quindicina di anni o forse qualcosa di più e nel tempo non è che peggiorato. Penso che sarebbe ora che i nostri ministeri, gli enti regionali, provinciali e comunali smettessero di inaugurare nuove opere o comunque anche solo proporle (vedi ponte sullo stretto di Messina) e incominciassero a fare serie misurazioni e valutazioni sullo stato di degrado e sulla capacità di manutenere e tenere efficienti e/o sicure le strutture di cui sono responsabili.
Da questa fotografia dello stato di fatto, utilizzare le poche risorse (perché sono davvero poche) per i problemi più urgenti. Il tutto deve avvenire nella massima trasparenza e gli studi devono essere pubblici e pubblicati, così come devono essere resi pubblici i criteri utilizzati per stabilire le priorità. Dall’altra parte noi cittadini dovremmo avere la maturità di accettare quanto viene fatto. Se stiamo subendo dei disagi, nel caso in cui quanto ci riguarda non fosse considerato prioritario, avere la pazienza di aspettare il nostro turno; perché se questo modo di gestire la cosa pubblica avesse continuità tra una amministrazione e quella successiva (ad esempio dopo una elezione) gradualmente potremmo tornare ad una normalità degna di un paese civile e moderno.
Tutta la nostra classe politica dovrebbe fare un profondo esame di coscienza e ispirarsi allo spirito dei padri fondatori della Costituzione, che nonostante le contrapposizioni hanno creato un testo che ha saputo soddisfare le esigenze di anime politiche così diverse. Cosa ha permesso questo? L’intelligenza, l’onestà intellettuale dei protagonisti che hanno saputo superare le ideologie politiche per un bene superiore: il bene del popolo italiano. Mi guardo attorno e cosa vedo?
Un ministro che è orgoglioso di difendere i confini da una manciata di poveri emigranti, come se questi fossero un agguerrito esercito, un altro che alleva api fallendo anche in questo e ferma i treni, un’altra che sembra abbia truffato lo Stato e nonostante questo è ancora lì a voler mandare gli elicotteri in giro per l’Italia per favorire il turismo nei suoi luoghi del cuore, un altro che abbandona perché sommerso dagli scandali, la leader dell’opposizione che gioca a pallone, altri leader sempre dell’opposizione che votano decreti vergognosi e poi vanno anche loro a giocare a pallone e, ciliegina sulla torta, la Presidente del Consiglio che attacca i giudici.
Cari Padri costituenti mi rivolgo a Voi, da lassù calate un po’ della vostra saggezza sul parlamento italiano, ma fate attenzione che ci siano tutti i parlamentari, perché anche questo potrebbe essere un problema; molti purtroppo hanno l’abitudine di marinare l’Aula e, non stupitevi, li paghiamo lo stesso!