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Due anni dopo la rivolta “Donna Vita Libertà”, in Iran l’impunità regna sovrana

In occasione del secondo anniversario dell’inizio delle proteste in cui persone di ogni parte dell’Iran scesero in piazza per sfidare decenni di oppressione e di discriminazione di genere, Amnesty International ha denunciato che la popolazione iraniana continua a subire le devastanti conseguenze della brutale repressione della rivolta “Donna Vita Libertà”, in un contesto di sistematica impunità per i crimini di diritto internazionale.

Le forze di sicurezza usarono fucili d’assalto, fucili da caccia caricati con pallini di metallo, candelotti lacrimogeni e manganelli contro persone che stavano prendendo parte alle manifestazioni o semplicemente vi stavano assistendo, uccidendo centinaia di esse – tra cui decine di minorenni – e ferendone in modo permanente un numero ancora maggiore.

Le autorità hanno cercato di ridurre al silenzio le famiglie che chiedevano verità e giustizia per l’uccisione dei loro cari mediante arresti arbitrari, procedimenti giudiziari ingiusti, minacce di morte e altre intimidazioni.

A due anni di distanza, le autorità iraniane stanno ulteriormente dando l’assalto ai diritti umani in quella che è una vera e propria “guerra contro le donne”, inasprendo la repressione contro coloro che sfidano le spietate leggi sull’obbligo del velo e aumentando il ricorso alla pena di morte per zittire il dissenso.

Nel contesto del loro incessante tentativo di stroncare il potente movimento per i diritti delle donne contro l’obbligo del velo e la rivolta “Donna Vita Libertà” sorto dopo la morte in custodia di Mahsa Jina Amini, nell’aprile 2024 le autorità iraniane hanno lanciato il “piano Noor”, una nuova campagna nazionale che ha prodotto il visibile aumento dei pattugliamenti dello spazio pubblico per far rispettare l’obbligo di indossare il velo.

Ne sono derivati pericolosi inseguimenti per fermare le donne che guidavano senza velo, confische di massa di autoveicoli, arresti, frustate e altre pene che costituiscono tortura e trattamenti crudeli, inumani e degradanti.

Questi assalti a tutto campo per far rispettare le degradanti e discriminatorie leggi sull’obbligo del velo contro le donne e le ragazze che rivendicano i loro diritti alla libertà di espressione, protesta pacifica, religione, pensiero e autonomia, sono portati avanti da vari organi dello stato: la polizia per la sicurezza morale, la polizia municipale, gli uffici della procura, i tribunali, il ministero dell’Intelligence, i guardiani della rivoluzione – comprese le forze basiji – e agenti in borghese.

Nel frattempo, il Parlamento sta per approvare la “Legge a sostegno della cultura della castità e dell’hijab” che intende legalizzare gli attacchi contro le donne e le ragazze che sfidano l’obbligo del velo. Dal dicembre 2022 sono stati messi a morte dieci uomini in relazione alle proteste, tra i quali Reza (Gholamreza) Rasaei, impiccato in segreto il 6 agosto 2024.

È in aumento anche l’uso della pena di morte contro le donne per reati politici. La difensora dei diritti umani Sharifeh Mohammadi e l’attivista della società civile curda Pakshan Azizi sono state recentemente condannate a morte da due tribunali rivoluzionari per “ribellione armata contro lo stato” solo a causa delle loro attività pacifiche.

Durante la rivolta, le forze di sicurezza e dell’intelligence iraniane hanno compiuto maltrattamenti e torture di massa ai danni delle persone detenute. Nel dicembre 2023 Amnesty International ha descritto dettagliatamente l’atroce uso dello stupro, degli stupri di massa e di altre forme di violenza sessuale con cui le autorità iraniane hanno cercato di stroncare le proteste e punire e terrorizzare chi vi aveva preso parte, comprese persone di 12 anni.

I funzionari dello Stato iraniano sospettati di responsabilità penale per crimini di diritto internazionale e altre violazioni dei diritti umani continuano a evadere la giustizia. Nell’aprile 2024 il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha esteso il mandato della Missione di accertamento dei fatti sull’Iran ma le autorità iraniane continuano a rifiutare di cooperare con questo organismo indipendente e negano l’ingresso nel paese alle persone che ne fanno parte.

Amnesty International sostiene le raccomandazioni rivolte a tutti gli Stati dalla Missione di accertamento dei fatti in Iran affinché siano avviate indagini basate sul principio della giurisdizione universale sui funzionari iraniani ragionevolmente sospettati di crimini di diritto internazionale.