“Lei ha chiesto alla Francia di ritirare il mio nome, per ragioni personali che in nessun caso lei ha discusso con me direttamente” e “alla luce degli ultimi sviluppi, che attestano ulteriormente una governance carente, sono arrivato alla conclusione di non poter più svolgere il mio lavoro nel collegio”. Le dimissioni del commissario Ue al Mercato interno, Thierry Breton – indicato dal presidente francese Emmanuel Macron per un secondo mandato – diventano un vero e proprio atto di accusa contro Ursula von der Leyen.
????Breaking news:
My official portrait for the next European Commission term ⤵️ pic.twitter.com/BolWcdYiPU
— Thierry Breton (@ThierryBreton) September 16, 2024
La lettera pubblicata su X con il riferimento ai contrasti con la presidente della Commissione europea, è solo l’ultimo passaggio di uno scontro tra i due nato già nei mesi scorsi. I primi giorni di marzo – immediatamente dopo la sua ricandidatura ufficiale di Ursula von der Leyen come Spitzenkandidat (candidato di punta) del Partito Popolare Europeo per un secondo mandato a capo della Commissione – il macroniano Breton aveva usato parole “poco gentili” nei confronti della sua stessa presidente dell’esecutivo Ue: “Nonostante le sue qualità, Ursula von der Leyen è stata messa in minoranza dal suo stesso partito. La vera domanda ora è se è possibile (ri)affidare la gestione dell’Europa al Ppe per altri 5 anni, o 25 anni consecutivi. Lo stesso Ppe non sembra credere nella sua candidata”, postava su X il commissario al Mercato interno. Breton commentava i risultati del congresso del Partito popolare europeo di Bucarest, dai quali emergeva la spaccatura interna sulla figura della presidente della Commissione: a esprimere una preferenza erano stati solo 499 delegati sugli 801 presenti, dei quali 489 validi. Di questi 400 sono stati i voti favorevoli a von der Leyen e 89 i contrari.
Malgré ses qualités, Ursula von der Leyen mise en minorité par son propre parti.
La vraie question désormais:
“Est-il possible de (re)confier la gestion de l’Europe au PPE pour 5 ans de plus, soit 25 ans d’affilée?”
Le PPE lui-même ne semble pas croire en sa candidate. https://t.co/fmlqOqm7j0
— Thierry Breton (@ThierryBreton) March 7, 2024
Lo scontro diventa ancora più evidente un mese dopo quando esplode il Piepergate, ovvero la nomina a inviato speciale per le piccole e medie imprese di Markus Pieper, esponente di peso della Cdu tedesca e membro dello stesso partito di Ursula Von der Leyen, avvenuta poco prima che l’Unione Cristiano-Democratica la appoggiasse come Spitzenkandidatin. Thierry Breton si era messo così al comando di una rivolta interna alla Commissione e – insieme ai colleghi Borrell, Gentiloni e Schmit – aveva firmato una lettera di accuse alla presidente della Commissione Ue sottolineando la scarsa trasparenza della procedura, appoggiando la tesi che gli altri due candidati in lizza avessero requisiti più idonei per ricoprire il ruolo per cui è stato scelto l’eurodeputato tedesco. Un attacco alla leadership della presidente per la violazione della regola della collegialità. Breton, commissario responsabile, aveva espresso parere contrario alla nomina di Pieper. Pochi giorni dopo anche il Parlamento europeo ha chiesto, a larga maggioranza, la revoca di quella nomina. Polemiche che hanno portato Markus Pieper a rinunciare all’incarico puntando il dito contro il boicottaggio di Breton criticato per avere “abusato della sua carica per motivi politici”.