Politica

Sergio Castellitto e le spese al Centro sperimentale, cosa non torna nella sua difesa

Come annunciato, ho depositato un’interrogazione in merito alle scelte economiche e gestionali del Centro Sperimentale di Cinematografia, presieduto da Sergio Castellitto. È la quarta, dall’inizio di questa vicenda. L’ho fatto non certo per una qualche forma di astio personale o politico nei suoi confronti, ma semplicemente perché ho trovato fosse necessario fare chiarezza sulla corretta gestione di una Fondazione che beneficia di ingenti fondi pubblici.

Non mi sono recato alla Procura della Repubblica né alla Corte dei Conti, ma di fronte a una Presidenza che ha sostenuto non ci fossero le risorse per il rinnovo di 17 contratti, ho creduto fosse lecito verificare. Nessuna ferocia quindi, ma certamente un’insistenza dovuta al fatto che, da mesi, con precedenti interrogazioni, chiediamo risposte ufficiali su quanto avvenuto attorno ai contratti non rinnovati e all’incendio delle pellicole. Risposte che non abbiamo ottenuto, ricevendo unicamente note stampa piccate.

Castellitto è un grande attore e certamente un ottimo formatore, ne ammiro il talento e la carriera da protagonista del cinema italiano. Sono tuttavia convinto che i consulenti che ha scelto – Tumminelli in primis – abbiano messo in atto comportamenti inadeguati, che oggettivamente danneggiano lui e il CSC. Al produttore si deve infatti quella gestione muscolare che ha portato alla fine dei contratti e al licenziamento di chi ha difeso i contrattisti.

Castellitto sottolinea che non ha mai licenziato nessuno, che i 17 contratti erano in scadenza a luglio, il che è certamente vero, ma il punto era proprio il rinnovo di questi contratti, alla luce dell’eccellente lavoro svolto e dell’arricchimento che ancora potevano offrire. Mentre è un fatto il licenziamento del dirigente della Cineteca Nazionale Stefano Iachetti, il quale non ha, come si sostiene, inviato con un’iniziativa autonoma il contratto di assunzione ai diciassette dipendenti, bensì unicamente avviato una raccolta dati via mail per il dossier da presentare al CdA in vista di un eventuale rinnovo, come previsto dalle procedure interne in vigore dal 2016.

Insomma, ha svolto il suo lavoro di dirigente, senza assumere alcun impegno economico per l’ente e senza provocare danni erariali. Non si capisce dunque come avrebbe potuto venire meno il rapporto fiduciario con il CSC, mentre sorge il sospetto che il ruolo di dirigente della Cineteca Nazionale possa suscitare appetiti e ambizioni (oltretutto, contraddicendo il Presidente Castellitto, il prof. Andrea Minuz, consigliere d’amministrazione, in una lettera al Foglio nega qualunque rapporto tra il licenziamento di Iachetti e i contratti da rinnovare).

Chiaramente, queste vicende di “alleggerimento” del personale appaiono particolarmente gravi alla luce delle spese ingenti sostenute, la cui necessità è francamente opinabile. La più lampante: oltre 400mila euro erogati a tre studi legali, sebbene il Centro possa godere del patrocinio gratuito dell’avvocatura dello Stato. Castellitto scrive che tutti i presidenti che lo hanno preceduto hanno assunto consulenti e avvocati di loro fiducia e che i nuovi contratti avrebbero semplicemente sostituito quelli in scadenza, il fatto è che la gestione Castellitto ha dato il via a una sorta di “frenesia da consulenti” in ogni direzione.

Oltre al plenipotenziario Tumminelli, che si attribuisce anche il compito di impartire disposizioni al personale, indebito per un consulente, scavalcando nei fatti la direttrice generale del CSC Monica Cipriani; oltre a quattro studi legali, si assiste addirittura a una sovrapposizione di competenze tra il comunicatore Mario Sesti e il curatore editoriale Don Dario Viganò: il primo dichiara sui giornali di curare i cataloghi della Cineteca, dunque non si capisce a che cosa servano i 25.000 euro elargiti al nuovo Direttore Editoriale Viganò. Peraltro, come risulta dall’elenco delle pubblicazioni consultabile sul sito, sono in forza al CSC redattori perfettamente in grado di curare volumi senza oneri aggiuntivi.

Castellitto rimarca poi di aver portato a casa 25 milioni di fondi Pnrr. Peccato che, prima dell’attuale rimodulazione, ci fossero 7 milioni in più (il piano precedente è ancora disponibile sul sito del MiC) e ora si sia assegnata una consulenza di 110.000 euro a KPMG, mentre prima avevano operato efficacemente gli uffici interni del CSC.

Quanto alla villa affittata per 24.000 euro per la permanenza al Lido del Presidente durante il Festival di Venezia, Castellitto precisa che per soggiornare con la propria famiglia ha rinunciato alla camera a sua disposizione all’Hotel Excelsior, la quale era però ovviamente offerta gratuitamente, come in ogni edizione, dal Festival. È infine evidente che Margaret Mazzantini, nota scrittrice, può ben figurare in un convegno al fianco di David Grossman. È tuttavia possibile che quattro studi legali, un “factotum”, un comunicatore e un certo uso di mondo, di cui un celebre attore dovrebbe essere dotato, non bastino a spiegare al presidente di un ente pubblico la non opportunità di stipendiare, fosse pure di un euro, la propria consorte?

Per non dire dello stipendio al Sig. Amedeo Ricotta, “autista e assistente personale” di Castellitto (secondo il curriculum allegato alla delibera consultabile sul sito) a spese del CSC che, a marzo, è costato 3.000 euro.

Certo, l’incarico di Presidente del Centro Sperimentale non dovrebbe essere gratuito per nessuno. Ma anche in questo caso, non si tratta di una congiura ai danni di Castellitto, ma del combinato disposto tra le leggi Tremonti e Madia, che vietano di pagare amministratori già detentori di pensione. Anche Laudadio fu presidente del CSC a titolo gratuito. In ogni caso il compenso di un presidente al CSC è di 100.000, inferiore ai 105.000 di Tumminelli.

Resta infine la questione dei nitrati. Ed è lodevole che Castellitto si sia dato da fare per trovare un nuovo deposito. Resta tuttavia incomprensibile l’aver tolto dal Pnrr i fondi allocati dalla precedente presidenza di Marta Donzelli per i nitrati: 2 milioni e 200.000 euro che ora il CSC non saprebbe dove procurarsi per i necessari lavori di messa in opera.

Insomma, nessuna volontà di mettere alla gogna o gettare discredito su un uomo. Si tratta sempre, solo, di chiedere trasparenza e un corretto uso delle risorse di tutti e tutte, soprattutto quando in ballo ci sono posti di lavoro e un grande patrimonio artistico e culturale.