“Immagino che la prossima volta che verrà al campo da golf attorno al perimetro ci saranno un po’ più di persone“, ha detto domenica in conferenza stampa Ric Bradshaw. Poche ore prima, per la seconda volta in due mesi Donald Trump era finito nel mirino di un fucile. “Ma il Secret Service ha fatto esattamente ciò che avrebbe dovuto fare – ha aggiunto lo sceriffo della contea di Palm Beach -. Ha fornito il livello di protezione che era previsto“.
La passione per il golf dell’ex presidente è da sempre causa di preoccupazione per chi deve garantire la sua sicurezza. Ad esempio, al Trump International Golf Club di West Palm Beach, teatro della sparatoria di domenica, Trump era solito intrattenersi nella sala da pranzo insieme ai clienti, senza che questi fossero stati sottoposti ad alcun controllo. “Siamo rimasti scioccati dal fatto di poter semplicemente entrare nel bar e sederci accanto a lui“, ha raccontato al Washington Post un golfista che ha giocato lì nel 2023. “Abbiamo finito il nostro giro e siamo andati a sederci accanto a lui nella club house, dove abbiamo pranzato. Potevi andare al suo tavolo senza nessun problema”. Una situazione che durante la presidenza aveva portato l’ex capo dello staff John F. Kelly a far sì che che un membro senior sedesse sempre vicino a lui per controllare chiunque gli si avvicinasse.
La difficoltà di proteggere un ex presidente che vive in un resort e gira di continuo l’America per campi da golf e comizi elettorali hanno provocato numerosi attriti negli ultimi anni tra i consiglieri di Trump e i funzionari del Secret Service, l’agenzia federale controllata dal Dipartimento della Sicurezza Interna incaricata nella protezione del presidente e della sua famiglia. Secondo 8 fonti consultate dal Washington Post, gli assistenti del tycoon hanno espresso una frustrazione crescente perché l’agenzia ha respinto molte delle loro richieste di migliorare i dispositivi di sicurezza. Un esempio. Nel 2021, finito il mandato, volendo proteggere meglio il club di Mar-a-Lago dove Trump trascorre la maggior parte dell’anno, la sua security privata stilò un “Piano di rilevamento delle intrusioni” per rafforzare le difese del club, dove venivano conservati documenti classificati, i cui membri potevano introdurre sconosciuti e dove il tycoon spesso si aggira parlando in libertà con gli ospiti. Ma quando i suoi uomini chiesero al Service i fondi necessari ottennero solo il 10% della cifra richiesta. “Negli anni abbiamo investito costantemente in miglioramenti della sicurezza nelle residenze dell’ex presidente, tra cui quelle di Mar-a-Lago, Trump Tower e Bedminster, New Jersey”, ha fatto sapere l’agenzia. A inizio agosto, il direttore ad interim Ronald Rowe ha dichiarato di aver speso circa 4 milioni di dollari per proteggere Mar-a-Lago negli anni successivi alla fine dell’incarico alla Casa Bianca.
Una situazione che sembra aver avuto un’evoluzione solo questa estate. Il 9 luglio, poco prima di un un comizio a Doral (dove possiede un altro campo da golf), sempre in Florida, i servizi avevano avvertito lo staff: il candidato repubblicano e i suoi consiglieri sarebbero stati oggetto di misure di sicurezza aggiuntive perché il governo aveva informazioni attendibili circa minacce nei suoi confronti. Alcuni giorni dopo, un cittadino pakistano era stato arrestato dall’FBI con l’accusa di aver preso parte a un presunto complotto ordito dall’Iran per uccidere un politico o un funzionario del governo sul suolo americano. Il Secret Service era in stato di massima allerta, eppure solo pochi giorni dopo, il 13 luglio, Trump è stato colpito all’orecchio da un proiettile durante un comizio in Pennsylvania da un uomo che ha sparato da un tetto a 150 metri di distanza. Dopo gli spari di Butler Park, l’agenzia ha deciso di intervenire su Mar-a-Lago, dotando la residenza dell’ex presidente di cecchini sui tetti e attrezzature per neutralizzare i droni, mentre nelle aree limitrofe si sono fatti più frequenti pattugliamenti, blocchi stradali e controlli sulle auto.
Il problema, però, non riguarda soltanto la Florida. Dopo l’attentato del 13 luglio John Bolton, ex consigliere per la sicurezza nazionale, ha raccontato che quando durante il mandato Trump andava a passare qualche giorno nei suoi golf club all’estero, i campi erano regolarmente aperti ai soci e ai loro ospiti come se l’uomo più potente della Terra non fosse stato lì. “Quando eravamo a Doonbeg (in Irlanda, ndr) e Turnberry (in Scozia, ndr), i club erano totalmente aperti al pubblico“, aggiungeva Bolton. Il suo staff era preoccupato per la possibilità che un cecchino potesse colpire Trump mentre giocava a golf, specialmente nelle visite che quasi ogni fine settimana faceva al suo club in Virginia: “Se i fotografi erano in grado di scattare foto a lungo raggio di Trump sul campo, un uomo armato avrebbe avuto la stessa capacità di metterlo nel mirino“.
Domenica un consigliere di Trump ha definito un successo il lavoro volto a impedire che Ryan Wesley Routh facesse del male all’ex presidente, ma ha aggiunto che il Secret Service è rimasto “con risorse insufficienti” a garantire la sua sicurezza. Una denuncia che pare suffragata dai dati. Nel 2021 la National Academy of Public Administration, un think tank apartitico formato da esperti incaricati dal Congresso di studiare le agenzie federali, ha pubblicato un rapporto dal titolo “Costruire per il futuro: coinvolgimento dei dipendenti nei servizi segreti degli Stati Uniti“. Dal report emerge che “ai dipendenti dei servizi viene chiesto di fare più che mai con risorse limitate” e che “le minacce contro il presidente e altri individuo sotto protezione sono cresciute in intensità e portata con l’emergere di nuove tecnologie e l’aumento del livello di violenza nel paese”. Oggi Joe Biden ha ordinato ai collaboratori di garantire che l’agenzia abbia “ogni risorsa, capacità e misura protettiva necessaria per garantire la continua sicurezza dell’ex presidente”. L’agenzia, ha detto il presidente uscente, “ha bisogno di più aiuti“.