I fan di Trump non hanno perso un secondo per sbandierare l’ennesima teoria della cospirazione, il tentativo n. 2 di assassinare l’ex presidente sarebbe l’ultima conferma che il famigerato Deep State sta cercando in tutti i modi di far fuori il loro uomo. Ora, senza dare alcun credito ai complottisti dell’altra fazione – convinti che sia lui stesso a orchestrare i tentati auto-omicidi come quest’ultimo in Florida o il precedente del 13 luglio in Pennsylvania per apparire l’eroe incrollabile che ogni volta risorge – diciamo la verità: se davvero esistesse un oscuro Deep State, una Spectre vera e non mitizzata dai social, se i veri potenti lo volessero veramente morto, Trump sarebbe già morto.
Può essere anche che accada, nei 50 giorni che ci separano alle elezioni, forse con più classe rispetto ai “lupi solitari” visti all’opera nel 2024, nella più incredibile campagna elettorale degli ultimi decenni. Dovremmo allora rivalutare le ricostruzioni di maniera, i molti casi di assassinio politico della storia americana, da Lincoln, 16° presidente degli Stati Uniti ucciso nel 1865, fino a Kennedy, 35°, nel 1963, corredati of course dai mille discorsi sulla violenza nella società e nella politica americane (con l’armamentario di AK47 nei tinelli di milioni ‘invisibili’ arrabbiati con il governo).
Se Trump fosse assassinato, potrebbero davvero verificarsi le scene magistralmente girate nel film Civil War di Alex Garland, dal cinema distopico e anticipatore si passerebbe alla cronaca, per le strade ci sarebbero qualche milione di trumpiani (armati) in cerca di rappresaglie, anche nelle assemblee legislative statali, per vendicare il loro eroe. Perfino il compassato Economist cita un sondaggio secondo cui il 20% degli adulti americani è favorevole all’uso della violenza a fini politici. In un paese di 345 milioni di persone, corrisponde a un esercito enorme, il più forte del mondo.
La lettura più cinica è un’altra. Chi vuole uccidere Trump – e lui incendia e mesta nel torbido dicendo che “odia Taylor Swift” dopo il suo endorsement a Kamala Harris (ovvio: la cantante ha 284 milioni di followers) – chi vuole uccidere Trump in realtà non otterrebbe nulla eliminandolo, perché verrebbe sostituito da un clone, probabilmente il giovane J.D. Vance, candidato vicepresidente, omologo ideologicamente, solo molto più colto e intelligente del suo boss. I “poteri forti” (mettiamoci anche Elon Musk, che da super leader dell’innovazione si è venduto alla politica più faziosa) per ora hanno troppi vantaggi dall’avere un Trump candidato alla Casa Bianca quasi alla pari nei sondaggi con Kamala Harris. Ma se non sarà lui, sarà un altro.
I fan pensano che Trump sia anti-establishment, quando in realtà ha fatto di più per promuovere gli interessi della fascia dei ‘protetti e ben connessi’ di quanto abbia mai fatto un singolo democratico. Dice che appena eletto risolverà in pochi giorni la guerra in Ucraina tra Russia e Nato – e nella sinistra in Italia ci credono! – mentre la verità è che quando lui era presidente diede il via ad un formidabile potenziamento della poderosa macchina da guerra statunitense. Un guerrafondaio con poche idee ma con la maschera da pacifista. E chi ha iniziato a parlare di guerra commerciale contro la Cina, ben sapendo che la supremazia militare è la logica conseguenza di tale ostilità?
Per via di Trump, anche il Partito Democratico, con un Biden in preda all’Alzheimer alla Casa Bianca, ha impresso una svolta senza precedenti favorendo l’avido e incontenibile ‘complesso militare-industriale’ di cui per primo parlò Eisenhower (generale, e 34° presidente degli Stati Uniti), pur continuando a presentarsi come l’alternativa “moderata”. Sostituire Biden in corsa è stata una buona mossa, ma se sarà eletta Harris poco o nulla cambierà, nella postura imperiale americana nel globo.
Per colpa di Trump, mai la politica statunitense è stata spinta così a destra, con il Partito Repubblicano trumpizzato e sottomesso alle istanze degli influencer più estremisti, come la nuova arrivata Laura Loomer. Grazie ai social, l’attenzione si sposta in modo nevrotico su temi gestibili solo dall’emotività più vacua, è stata Loomer a inventare la fake news degli haitiani in Ohio mangiatori di cani e gatti, diventata meme universale. Insomma con Trump, il discorso pubblico, il dibattito politico, gira a vuoto e abbassa il QI generale. Si parla di immigrati che mangiano animali domestici e non del genocidio di 41mila palestinesi a Gaza massacrati dagli israeliani, né del debito pubblico federale Usa a 35 trilioni di dollari, né degli $850 miliardi di budget 2024 del Pentagono, pronto a tutte le guerre.
A causa di Trump (ma in Italia non è lo stesso, con il governo Meloni?) non si parla di assistenza sanitaria universale e di salario minimo, sane riforme politiche a favore dei cittadini oggi cancellate in toto e sostituite da ciò che non scalfigge di una virgola il potere delle Big Tech e Big Pharma, cioè discorsi sulla minaccia del fascismo e sulla morte della democrazia americana. Potete scommettere che le grandi aziende e i grandi miliardari avranno sconti sulle tasse e agevolazioni fiscali a gogò.
Tutto questo non sarebbe stato possibile senza Donald Trump. Un sociopatico mentitore seriale – per cinque anni sostenne che Barack Obama non era americano – gran conoscitore però della psicologia dell’americano medio, colui che ha trasformato con successo la politica statunitense in una lotta tra due partiti repubblicani quasi omologhi, mettendo a tacere ogni voce a favore della gente comune e delle necessità umane fondamentali.
Trump quindi è troppo utile ai veri potenti d’America perché si possa dar credito a grossolane teorie della cospirazione. Resta un problema vero, però, l’abbassamento del livello generale di intelligenza e qualità della politica. Un discorso da fare senza spocchia, non c’è alcuna supremazia dell’altra parte ma il pericolo di Trump è dovuto alla sua inadeguatezza mentale (altro che Biden). L’incapacità di contenerlo si spiega con quello che la psichiatra Bandy X. Lee ha definito in un libro Contagio Trump. Una contaminazione del modo di essere e pensare che ha effettivamente portato all’irrazionalità, all’illegalità e alla violenza che vediamo oggi nella politica americana. I media – internet, social, e per i non giovani la tv – che Trump è stato in grado di “ipnotizzare”, non sono stati ‘impotenti’ contro di lui. Molto peggio, sono serviti a fare da cassa di risonanza ai suoi sintomi e patologie mentali, anche demonizzandolo.
Oggi l’America è come Donald Trump, così come l’Italia era come Berlusconi. E ciò non promette affatto bene per il resto del mondo. Compresi noi piccoli vassalli alla periferia dell’impero.