Il governo “continua a portare avanti una politica fiscale prudente e responsabile, proponendo un percorso di rientro dal disavanzo eccessivo realisticamente più ambizioso di quello prefigurato dalla Commissione europea attraverso la traiettoria tecnica, impegnandosi a scendere sotto la soglia del 3% del rapporto deficit/pil già nel 2026″. Il ministero dell’Economia guidato da Giancarlo Giorgetti rivendica, dopo il consiglio dei ministri che ha esaminato lo schema del Piano strutturale di bilancio di medio termine previsto dalle nuove regole di bilancio Ue, di aver scelto una linea “più realista del re” programmando una stretta superiore a quella chiesta dalle istituzioni europee e a quella prefigurata nel Def di aprile. Obiettivo, “garantire la stabilità del debito pubblico italiano e permettere alla finanza pubblica di affrontare con maggiore efficacia le sfide future”. Il piano comunque è ancora un cantiere aperto: nonostante la scadenza prevista per la presentazione a Bruxelles fosse fissata al 20 settembre, il testo dovrà tornare in cdm dopo il 23, quando arriveranno le revisioni Istat dei conti nazionali degli anni passati. Dal rialzo del pil 2021 è atteso un impatto positivo sui saldi di finanza pubblica. Solo allora verranno inserite le stime programmatiche – quelle che contano per capire l’aggiustamento dei conti e le risorse a disposizione per la manovra. Slitta, di conseguenza, anche la presentazione al Parlamento.
Il deficit dei prossimi due anni è per solo un piccolo tassello. Sulla base della riforma del Patto di stabilità, il nuovo indicatore univoco a cui guarderà la Commissione è il tasso di crescita della spesa netta, cioè quella non finanziata da nuove entrate o risorse europee senza contare gli interessi passivi sul debito e gli effetti ciclici (per esempio i sussidi di disoccupazione, legati all’andamento dell’economia). L’Italia dovrà garantire un andamento della spesa tale da raggiungere, alla fine del piano, un saldo primario che consenta di garantire che il debito/pil imbocchi un sentiero discendente e il deficit venga portato sotto il 3%. La traiettoria di spesa netta inserita nel Piano è “in linea con le aspettative delle autorità europee”, scrive il Mef: il tasso di crescita della spesa netta, cioè quella non finanziata da nuove entrate o risorse europee senza contare gli interessi passivi sul debito e gli effetti ciclici (per esempio i sussidi di disoccupazione, legati all’andamento dell’economia), si attesterà su un valore medio “prossimo all’1,5 per cento“. La traiettoria “è coerente con l’andamento dei principali saldi di finanza pubblica già previsto dal Programma di Stabilità dello scorso aprile”.
Il Piano definisce “le linee strategiche relative alle riforme e agli investimenti che il Governo ritiene di realizzare nell’orizzonte di riferimento, in particolare quelle funzionali all’estensione da 4 a 7 anni del periodo di aggiustamento“, aggiunge via XX Settembre, che come è noto vuole appunto ottenere l’allungamento per spalmare su più anni i tagli o aumenti di tasse. Il Piano “include riforme ed investimenti che proseguono il percorso intrapreso con il Pnrr e lo aggiornano per agire con maggiore incisività su sfide quali la PA, giustizia, miglioramento dell’ambiente imprenditoriale, compliance fiscale“.