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Il rugby italiano va bene ma la Federazione cambia vertice: cosa c’è dietro l’elezione di Duodo, uomo forte della Benetton Treviso

La prima sorpresa della stagione elettorale nello sport è servita: il rugby italiano cambia guida e manda a casa dopo soli quattro anni il presidente uscente, Marzio Innocenti. Al suo posto è stato eletto Andrea Duodo, ex giocatore della nazionale e revisore dei conti della Federazione, uomo della Benetton Treviso (e forse anche di Giovanni Malagò). Se fin qui tutte le principali discipline (tennis, nuoto, atletica) avevano visto riconferme a maggioranza bulgara dei padri-padroni in carica, nella palla ovale c’è stato un autentico ribaltone: Duodo, che pure si era candidato solo a luglio e ha condotto una campagna elettorale brevissima, ha vinto già al primo turno con maggioranza ampia del 55%, lasciando appena il 41% a Innocenti che essendo al primo mandato non avrebbe avuto bisogno nemmeno del quorum dei due terzi.

Clamoroso, ancor più se si pensa che il rugby italiano vive, almeno dal punto di vista sportivo, uno dei suoi migliori momenti recenti: la nazionale finalmente è tornata a vincere nel Sei Nazioni, l’Under 20 è ormai competitiva ad alti livelli e lo stesso vale per il femminile. Risultati che sono eredità di un sistema di formazione del passato ma che sono stati raccolti sotto la gestione Innocenti, che ha apportato il suo contributo con scelte indovinate come ad esempio la nomina del nuovo ct Gonzalo Quesada. Evidentemente però il movimento covava un forte malessere che si è manifestato in tutta la sua potenza nelle urne.

Innocenti si era presentato come l’uomo nuovo del rugby italiano nel 2021, spezzando il sistema di potere che l’ex presidente Dondi aveva passato nelle mani del suo delfino Gavazzi. Arrivato in Federazione da incendiario, ha finito un po’ il suo mandato da pompiere, annacquando le rivoluzioni promesse, nelle facce (sempre le stesse) e nei temi. Un po’ perché il sistema delle accademie intanto aveva cominciato a dare dei frutti, un po’ perché ormai la Fir è un’azienda dal fatturato di quasi 40 milioni, inserita in un contesto internazionale da cui dipende, e che prevede meccanismi difficili da toccare. Ed è proprio questo che la base non gli ha perdonato.

Il voto dimostra che il campionato domestico politicamente sposta ancora più dell’alto livello, dando voce alla recriminazione storica di quei club e quei tornei che hanno visto peggiorare drasticamente la propria situazione dall’avvento delle franchigie, di cui invece pure la nazionale ha tanto beneficiato. Duodo infatti è stato eletto coi voti dell’Elite, piazze importanti come Petrarca, Rovigo, Calvisano, che si sono portate dietro tanti club e società affiliate. Ma Duodo – che nello scorso quadriennio era stato il presidente dei revisori della Federazione: si è dimesso per candidarsi contro la sua stessa gestione a testimonianza del movimento di forze che c’è stato – è anche e soprattutto l’uomo della Benetton: commercialista di Treviso, già sindaco in ben cinque società del gruppo, è l’affermazione del Veneto e della società più importante del rugby italiano, che con lui torna ad esprimere anche il suo presidente.

Da sottolineare che in Consiglio federale, da recordman di preferenze, entra Paolo Vaccari, motore della candidatura Duodo, molto vicino a Malagò che nel 2017 lo aveva nominato in quota Coni nel Cda del Credito Sportivo presieduto dal ministro Andrea Abodi. Le priorità della nuova FedeRugby comunque saranno le solite di sempre: mettere mano una volta per tutte alle Zebre, la seconda franchigia mai decollata che continua ad essere un buco nero di risorse e risultati; rilancio dei tornei nazionali sacrificati sull’altare della Celtic League (ora United Championship); attenzione al Meridione negletto. In bocca al lupo.

X: @lVendemiale