La lingua madre si impara ascoltando chi la sa, poi si imitano i suoni, e si comprendono le parole. Poi si formulano frasi brevi, si esprimono concetti e non solo desideri, e si associano tra loro. I genitori si sorprendono che i figli “capiscano tutto”, e agiscano di conseguenza.
Nel parlare, se esposti agli stimoli giusti, si usano i vocaboli e li si associa tra loro seguendo le regole grammaticali e sintattiche. Poi si capisce che quei suoni, e le parole che danno loro significato, possono essere scritti. Si impara a leggere e scrivere ancor prima di andare a scuola. L’apprendimento è quindi totalmente induttivo: prima si fa la pratica e poi si imparano le regole.
All’opposto c’è l’apprendimento deduttivo: prima si imparano le regole, e poi si applicano. Se si insegnasse a parlare iniziando da grammatica e sintassi, rimandando il parlare a dopo l’apprendimento delle regole, si otterrebbero buoni risultati? Penso che nessuno ci abbia mai neppure provato, tanto è insensata la proposta.
A scuola avviene esattamente il contrario (per fortuna i bambini arrivano avendo già imparato a parlare): l’insegnamento è tipicamente deduttivo. Gli scolari, o studenti, vengono esposti a norme per lo più astratte, per poi scodellarle a richiesta, per avere un incentivo dall’insegnante. Se si mette in dubbio l’utilità della procedura arriva la frase fatidica: studia, poi vedrai che ti servirà.
L’esercizio di imparare nozioni astratte (dai teoremi alle poesie) viene proposto come un valido allenamento della mente. Mettiamo le cose in chiaro: non sto dicendo che ciò che viene insegnato a scuola non serva, dico che è il modo in cui viene proposto che non è efficace. Alle medie ho studiato latino, e anche al liceo (scientifico). L’inizio è stato con le declinazioni. Rosa, rosae. E poi avanti così, con la consecutio temporum e i verbi: fero fers tuli latum ferre. Non mi hanno mai fatto parlare latino. Tu studia tutte queste regole, vedrai che ti serviranno. A me piaceva Cesare: frasi brevi, concise, con un capo e una coda. Ma le versioni di Cesare erano rare. Cicerone, con il periodo ciceroniano, un intrico di relative in cui si perdeva facilmente il filo: così si scrive! Il fatto che Manzoni deridesse l’uso del latinorum per impressionare l’uditorio non veniva collegato, nell’ora di italiano, con il latinorum che ci veniva inflitto nell’ora di latino. Eppure era lo stesso professore a farlo.
Adesso uso lo scientifichese, per impressionare chi di scienza capisce poco: l’ontogenesi della conoscenza ne deve ricapitolare la filogenesi. Non è una supercazzola senza senso, se si conosce il significato delle parole. L’ontogenesi è lo sviluppo di qualcosa (il termine fu inventato da Ernst Haeckel per descrivere lo sviluppo di un organismo dall’uovo fecondato all’adulto riproduttivo: l’ontogenesi della conoscenza è lo sviluppo della conoscenza in ogni individuo. La filogenesi è la storia evolutiva che, da specie progenitrici, ha portato ad una data specie). La filogenesi della conoscenza è il modo con cui la conoscenza è stata acquisita dalla nostra specie, nel corso della sua storia.
Haeckel ha inventato entrambi i termini e li ha utilizzati per formulare la legge biogenetica: l’ontogenesi ricapitola la filogenesi. Haeckel pensò di riconoscere, nei diversi stadi di sviluppo di individui di una specie, le fasi evolutive che hanno portato a quella specie. Durante il nostro sviluppo embrionale riconobbe uno stadio di pesce, e poi di anfibio, di rettile, e così via. Idea affascinante ma balzana, confutata da von Baer.
Ma non voglio parlare di embriologia, qui. La legge di Haeckel si può applicare al sistema formativo, anche perché riguarda fasi di sviluppo all’interno della stessa specie, senza considerare i suoi progenitori. La nostra cultura inizia con le pitture rupestri dei cosiddetti cavernicoli. Raffiguravano animali. Eravamo cacciatori-raccoglitori e dovevamo conoscere la biodiversità, dalla quale dipendevamo. Non è un caso che i giovani umani abbiano una naturale propensione verso la natura: la biofilia. Sono ansiosi di conoscere animali e piante, anche perché li incontrano nelle passeggiate, li vedono nei documentari e nei musei di storia naturale.
Dopo la fase di osservazione della natura, la nostra specie ha iniziato a produrre astrazioni, dalla matematica alle poesie e alla filosofia. Mi fa sorridere… la filosofia. Il primo moderno concetto di evoluzione biologica fu proposto da Lamarck con il suo Trattato di Filosofia Zoologica, pubblicato nell’anno di nascita di Darwin (1809) che, con i suoi capolavori sull’origine delle specie e dell’uomo, ha cambiato radicalmente la nostra visione del mondo e di noi stessi.
Nessuno mai me li propose nel mio corso di studi pre-universitario.
Non posso riformare il sistema scolastico in un post, ma penso che l’attuale impostazione che adotta il metodo deduttivo debba passare al metodo induttivo, visto che è il modo “naturale” con cui impariamo le cose: prima la pratica e poi la teoria. Osservare la natura dovrebbe essere l’inizio e asseconderebbe l’innata biofilia di tutti i bambini (e bambine). Da una base naturale, poi, si possono costruire tutte le astrazioni di questo mondo. Ora come ora, invece, il sistema scolastico non fornisce le basi.
Una frase che spesso mi dicevano i miei docenti: ti mancano le basi. Invece mancavano a loro, e ho dovuto impararle da solo. Divertendomi.