Stigma e linguaggio violento e denigratorio, obbligo di ascoltare il “battito del feto”, antidolorifici negati. E ancora, “settimana di riflessione” e obiettori di coscienza ovunque. In Italia circa 63mila donne ogni anno scelgono di abortire, ma per molte di loro è un percorso a dir poco complesso, un diritto negato. Questo quanto emerge dal report di Medici del Mondo, “Aborto a ostacoli. Come le politiche di deterrenza minacciano l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza”, che indaga le politiche antiabortiste promosse a livello regionale e nazionale, denunciando un vero e proprio attacco sistematico all’accesso all’aborto stesso.

Tra proposte di legge per il riconoscimento delle capacità giuridica del feto, lo stanziamento di fondi pubblici a favore di gruppi antiabortisti, sempre più presenti anche nei luoghi della sanità pubblica, o la normalizzazione di pratiche come i cimiteri dei feti, si registra un violento attacco al diritto ad abortire, che può avere conseguenze, anche gravi, sulla salute mentale delle donne. Per questo motivo Medici del Mondo – un’organizzazione medico-umanitaria internazionale che lotta per la difesa di un sistema sanitario equo e universale – ha installato nel centro di Roma, a poche centinaia di metri dai palazzi della politica, una speciale struttura all’interno della quale è stato possibile vivere un’esperienza sonora immersiva e ascoltare le storie di violenze subite da diverse donne.

“Secondo la cultura dominante, l’aborto viene rappresentato sempre come un’esperienza dolorosa, ma nei fatti il trauma non è legato all’aborto in sé ma alla sua negazione all’interno di quei presidi pubblici e laici che dovrebbero garantire il benessere, ma che per tante donne si trasformano in strumenti di colpevolizzazione, terrorismo e prassi mediche negate”, spiega la psicoterapeuta e attivista Federica Di Martino.

“La legge 194 ha al suo interno zone grigie che da subito sono state sfruttate da chi combatte l’aborto: l’obiezione di coscienza che in Italia ha tassi altissimi, oltre il 60% tra ginecologi e ginecologhe, la ‘settimana di riflessione’ che è contraria alle linee guida dell’Organizzazione mondiale della Sanità, la possibilità di avere gruppi del terzo settore che nella pratica sono gruppi antiabortisti nelle strutture sanitarie. Questo è permesso da una legge frutto di un compromesso storico, ma che andrebbe aggiornata e adeguata alle linee guida dell’Oms, che è l’organo più importante. Ovvero, rivedere il limite del periodo gestazionale, eliminare la settimana di riflessione e per noi anche l’obiezione di coscienza, perché l’interruzione volontaria di gravidanza è un atto medico, sanitario, laico e tale deve restare”, ha aggiunto Elisa Visconti, direttrice di Medici del Mondo Italia.

Presenti all’iniziativa di Medici del Mondo alcune donne che hanno raccontato le violenze subite, così come alcuni esponenti di Pd e M5s. “In un Paese che aggrava di giorno in giorno la possibilità di accesso alla libertà di scelta delle donne e in cui negli ospedali pubblici si aprono le cosiddette “stanze d’ascolto” dovremmo istituire un luogo all’interno del Parlamento in cui donne e uomini antiabortisti possano ascoltare le storie di queste donne”, hanno spiegato i dem Chiara Gribaudo e Marco Furfaro. Mentre la deputata del M5s Gilda Sportiello ha ricordato come per abortire spesso sia necessario “superare ostacoli su ostacoli, anche cambiare regione, siamo di fronte ad una situazione troppo grave che non garantisce né il diritto all’autodeterminazione, né il diritto alla salute”. E ancora: “Molte regioni vengono meno anche a quelle che sono le linee guida per l’aborto farmacologico: tutto ciò è inaccettabile. Quante risorse pubbliche sono elargite alle associazioni antiabortiste? Quando l’ho chiesto alla Camera, il governo non ha saputo darmi una risposta. Sono convinta che inserire l’aborto nella Costituzione come è stato fatto in Francia è un atto doveroso. Se davvero un campo progressista vuole tutelare questo diritto deve andare avanti con determinazione”

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