Continua a crescere il numero delle vittime dell’esplosione simultanea, martedì, di migliaia di cercapersone in Libano. L’operazione, che il governo del Paese mediorientale attribuisce a Israele, secondo il Times of Israel ha ucciso 12 persone, tra cui due bambini e una donna, e ne ha ferite oltre 4mila. Ma l’ultimo dato fornito dalla tv Al-Hadath dice che circa 500 membri di Hezbollah, il partito sciita obiettivo dell’attacco di Tel Aviv, hanno perso la vista. Tra questi, scrive invece il New York Times, c’è però anche l’ambasciatore iraniano a Beirut, Mojtaba Amani, che ha perso un occhio nell’esplosione del proprio dispositivo.

Resta da capire se ci sarà e quale sarà la reazione di Hezbollah e, forse, dello stesso Iran a quella che appare come solo l’ultima operazione di Israele per colpire i suoi principali nemici nell’area. Dubbi che verranno forse chiariti dal discorso che il leader del partito armato libanese, Hassan Nasrallah, terrà giovedì alle 17 locali, le 16 in Italia. Intanto un portavoce del Partito di Dio ha ammesso al quotidiano Al Akhbar che l’operazione è stata un duro colpo per il gruppo: “Nel giro di un minuto, il nemico è riuscito a infliggere uno dei suoi peggiori colpi a Hezbollah dall’inizio del conflitto. Il nemico ha spinto la resistenza fuori dai confini delle tradizionali regole di ingaggio. Stiamo affrontando una nuova situazione”.

Dall’Iran arriva una nuova promessa di ritorsione nei confronti di Israele, con il rappresentante della Repubblica islamica all’Onu, Saeed Iravani, che ha definito l’operazione un “cyberattacco terroristico” durante una sessione speciale dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, aggiungendo che “il regime di Israele deve essere ritenuto responsabile di tale aggressione e di tale crimine efferato”. Il portavoce del ministero degli Esteri, Nasser Kanani, ha duramente condannato l’esplosione coordinata affermando che “l’azione terrorista di Israele” merita un procedimento penale, un processo e una punizione a livello internazionale.

Sui media internazionali iniziano già a circolare le prime ricostruzioni su come si è svolta l’operazione. Secondo tre funzionari statunitensi citati da Axios, Israele ha deciso di mettere in atto il piano “nel timore che il complotto stesse per essere scoperto”: “Era una situazione in cui si rischiava di perdere le capacità non utilizzate”, ha dichiarato un funzionario statunitense. Un ex funzionario israeliano ha invece spiegato che Israele aveva pianificato di ricorrere all’uso dei cercapersone esplosivi in apertura di un’eventuale guerra totale con il gruppo, ma negli ultimi giorni il rischio che l’operazione venisse smascherata era cresciuto. Prima di colpire, scrive invece Associated Press, Tel Aviv ha comunque informato preventivamente gli Stati Uniti del complotto in atto nei confronti di Hezbollah.

Ma l’operazione d’Israele si è svolta in gran parte non all’interno del Libano, bensì fuori dai suoi confini. Almeno stando a quanto riporta il New York Times, secondo cui i dispositivi dell’azienda taiwanese Gold Apollo sono stati manomessi prima di superare i confini. L’azienda ha però smentito di averli prodotti direttamente.

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