Sorride a metà l’Italia calcistica all’esordio della nuova Champions League 2024/25, dove si presenta con un contingente versione maxi. La prima giornata porta buone indicazioni alla giovane Juventus di Thiago Motta, e lascia tanti punti interrogativi al Milan di Fonseca, sebbene dopo due gare con coefficienti di difficoltà opposti.

Juventus-Psv: i bianconeri corrono
Notizie tutte ottime per i bianconeri: la cura Motta funziona, e bene, dopo i due bigi zero a zero contro Empoli e Roma che avevano generato inevitabili perplessità, vincendo nettamente contro il Psv nella prima gara della competizione. Yldiz regala una lacrimuccia ai più stagionati quando dopo un inizio difficile regala una perla che per zolla, traiettoria e numero di maglia rimanda indietro il calendario di 29 anni e qualche giorno (leggasi Alex Del Piero). Funziona Nico Gonzalez, che offre a McKennie (che ogni anno deve andar via e invece è sempre là) la palla del due a zero con un’ottima giocata e segnando poi il tre a zero sfruttando l’assist di Vlahovic. L’altra ottima notizia è la prestazione di Koopmeiners, che si prende il centrocampo della Juve e, cosa più importante, i palloni degli avversari, con piglio da comandante della truppa di Motta: d’altronde i 60 milioni servivano a quello, assicurare una guida a una squadra che non l’aveva.

Certo, il Psv ci mette parecchio del suo con una difesa a volte imbarazzante e tanto chiasso ma poca incisività in attacco, però il modello provinciale della Juve di Motta piace. Una Juve che corre, perché Thiago Motta ha fatto capire che o corri o non ha alcun problema a far giocare un ragazzino di 18 anni pure se ha un valore di mille volte inferiore su Transfermarkt, che ha pochi fronzoli ma che pure non pretende di far gol semplicemente esistendo come avvenuto spesso nelle ultime stagioni. E a proposito di gol, volendo trovare un neo all’ottima serata bianconera, mancano ancora quelli di Vlahovic: non che abbia giocato male, vedi l’assist al bacio per Nico Gonzalez, ma spesso sbaglia scelte, come quando l’argentino tenta di restituirgli il favore e lui si inventa un improbabile stop e tiro al volo di sinistro da trenta metri invece di cercare la profondità, o spara addosso al portiere o altissimo da posizione invitante. Un peccato da poco la disattenzione finale che costa il gol della bandiera di Saibari e soprattutto il mancato clean sheet a uno dei tanti esordienti della serata, Michele Di Gregorio, impeccabile fino al 93esimo.

Milan-Livepool: rossoneri smarriti (e svogliati)
E in tema di lacrime e amarcord, ben meno piacevole è la rimonta del Liverpool contro il Milan. Rossoneri in vantaggio subito con Pulisic e anche convincenti in avvio, ma poi i Reds mettono in scena un monologo. Salah è irresistibile e prende due traverse, ma i gol arrivano con i difensori centrali che saltano in testa a Maignan e ai difensori troppo fermi del Milan, prima con Konatè e poi con van Djik. E non è neanche fortunato il Milan, con Maignan, già dolorante, che prende botte manco fosse un mediano dagli avversari e pure dai compagni e al cinquantesimo è costretto a uscire lasciando il posto al giovanissimo Torriani. Il Milan torna a farsi vedere intorno al quarto d’ora della ripresa ma è il Liverpool a chiudere la partita con una ripartenza capitalizzata da Szoboszlai.

Certo, si parlasse di tuffi ci sarebbe una grossa differenza tra il coefficiente di difficoltà di Juve e Milan, ma a prescindere i rossoneri fanno troppo poco. Troppo poco sia per quel che attiene al contributo degli uomini decisivi, Leao su tutti che però non è nuovo a venir meno nelle gare decisive (al di fuori del palo nel finale, a risultato ormai compromesso), ma soprattutto nel collettivo: c’è di fronte il Liverpool e va bene, ma sono già nove in cinque partite disputate i gol subiti, tra spazi enormi e errori in marcatura. Difficoltà che si abbattono su un Milan che restituisce un’idea di fragilità, che al di là dei valori differenti fatica a trovare la rabbia per reagire. Nonostante tanti uomini di personalità, da Morata a Theo a Maignan, il Milan pare smarrito, addirittura a tratti svogliato. E infatti i rossoneri escono tra i fischi e i cori di contestazione: l’impronta di Ibra, che ha plasmato la squadra, non c’è ancora, quella di Fonseca che la allena men che meno. E per il portoghese il derby pare già decisivo.

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