Cinema

Enter the clones of Bruce, il divertente e saettante documentario di David Gregory al festival I Mille Occhi di Trieste

di Davide Turrini

Bruce Li, Bruce Le, Bruce Lei, Dragon Lee. Eccoli alcuni dei cloni somiglianti, dei sostituti affrettati, degli attori patacca che si improvvisarono Bruce Lee in decine e decine di film successivi alla morte dell’attore statunitense, figlio di genitori cinesi, avvenuta nel 1973 ad Hong Kong all’apice del successo a soli 32 anni per edema cerebrale. Questo proliferare di tizi che somigliano a Bruce Lee e di produzioni cinematografiche a rullo, di arti marziali en plein air e di urla che terrorizzano l’Occidente, ce lo racconta David Gregory in un divertente e saettante documentario intitolato “Enter the clones of Bruce” che potrete vedere a Trieste al festival I Mille Occhi venerdì 20 settembre.

Intanto il documentario di Gregory affastella rapido un caravanserraglio di testimonianze di attori e registi hongkonghesi che farà andare in solluchero il team web de I 400 Calci, nonché i tanti, nascosti, mai domi, fan di quel ragazzo americano con gli occhi a mandorla che rivoluzionò una bella fetta di cinema d’azione. Certo le tracce di Bruce vengono ripercorse subito: le mosse primigenie nella serie tv Green Hornet, le prime apparizioni da bambino nei film di Hong Kong, il gran rifiuto dei mogul della Shaw Brothers e Il furore della Cina colpisce ancora che nel 1971 esce con la Golden Harvest facendo il botto in tutta l’Asia. Ma è sullo spassoso crinale della moltiplicazione esponenziale del mito che Gregory si gioca il suo documentario. Questa sorta di fame bulimica di Bruce e di arti marziali improvvisamente marchiata dallo sguardo ferino trasversale, dall’urlo inconfondibile, da quel ditino che sfiora il nasino prima della tempesta di colpi che non sembra finire più.

Lee muore ma la macchina produttiva hongkonghese – e non solo lei – ha bisogno di battere il ferro finché è caldo. Eccoli allora i Li, i Le i Lei, alcuni di loro oggi ancora pimpantelli ottantenni, alla ricerca delle traiettorie del mito. Valevano un’unghia di Bruce? Chissà. Semmai Enter the clones of Bruce mostra come i sacerdoti liberisti dell’Intelligenza Artificiale odierna fossero dei ridicoli principianti. A suon di luoghi comuni da Occidente verso Oriente, ecco un finto Bruce Lee più muscolosetto ma che ci somiglia, uno con le sopracciglia più marcate che ci somiglia pure lui. Tanto i cinesi sono tutti uguali. E lo spettatore rivisse all’epoca, e rivive il mito oggi – tutti imitavano le mosse e i movimenti di Lee – consapevole che non sarà l’originale. I Mille Occhi dura fino a domenica 22 settembre e nella sua altrettanto bulimica cinefilia vintage mostra ghezziane “cose mai viste” dal documentario Henry Fonda for president all’avanguardia triveneta sugli effetti del cinema di Sirio Luginbühl fino al monumentale cinema diaristico (più di tredici ore) del critico e blogger Erik Negro, Non c’è Nessuna Dark Side (atto uno, parte due).

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